Distruzione dell'esistente e/o prefigurazione di un futuro possibile?
Uno dei luoghi comuni più forti, almeno a mio avviso, nell’ambiente libertario è quello per cui, nel momento in cui ci si propone e si propone sul piano teorico/pratico una critica radicale dell’esistente, è necessario avere una proposta o, se si preferisce, una prefigurazione di una possibile società superiore. Vi è una sorta, quindi, di horror vacui per il quale si può essere “rivoluzionari” eticamente e politicamente corretti solo se si è in grado di proporre o, meglio ancora, prefigurare forme di produzione e di relazioni sociali compiutamente libertarie. Con ogni evidenza, basta pensare alla robusta tradizione del socialismo utopistico...
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