Bakunin 1 – Il diavolo alla console. Note bandite

Il nome di Bakunin, assieme ad altri come Proudhon e Kropotkin, è indelebilmente legato all’anarchia e viceversa.

Di nobili origini, sfidò imperatori e borghesi di mezza Europa, temprando le sue idee rivoluzionarie tra prigioni e insurrezioni. La presenza in Italia di Michail Bakunin nella seconda metà dell’800 favorì la formazione di un’intera generazione di militanti rivoluzionari, tra cui per la levatura morale e intellettuale si possono ricordare Cafiero, Malatesta e Costa.

Filippo Turati in una nota biografica riportata nella prima edizione italiana di “Dio e lo Stato” (1893) – ma risalente a qualche anno prima, quando nel movimento operaio italiano socialismo e anarchismo erano in promiscuità/simbiosi – lo descrive così: “russo cosmopolita, pensatore soldato e idealista assetato d’azione”.

Per quel che riguarda le canzoni, molto spesso tendono a ricordare rivolte, fatti di sangue e martiri, Bresci e Caserio più di altri, meno di frequente vi trovano spazio pensatori e ideologi. Anche per Bakunin vale un po’ la stessa cosa, esistono canzoni a lui dedicate per lo più scritte però dopo molti anni (ben oltre un secolo!) dalla sua morte. Esiste una compilation per i 200 anni dalla sua nascita, curata dal Circolo Carlo Vanza di Bellinzona (Svizzera). È un cd diy totale, avvolto in un digipack di grezza carta riciclata rossa e grigia; nel libretto incollato c’è una citazione di John Cage sulla necessità di una “musica anarchica” in cui “i suoni siano solo suoni e le persone solo persone” per dissolvere davvero “la distinzione tra pubblico e musicisti”. Tra pezzi più o meno punk da tutto il mondo vi sono quelli di Against All Authority e RAdadub esplicitamente per Bakunin. In copertina e sul dorso non c’è scritto niente. Una stringhetta con la firma di Bakunin chiude la copertina – a mo’ di certificazione di qualità – e qualche vergata a pennarello indica il numero della copia, stampati solo 200 esemplari. Una chicca.

In lingua italiana qualcosa esiste per ricordare Bakunin, e cercheremo di canticchiare anche il contesto in cui lui operò e i tentativi rivoluzionari messi in atto proprio in Italia.

1 Rankore – Bakunin

2 Enzo Del Re – Comico

3 Benito Merlino – Lettera al ministro

 

1 Rankore – Bakunin

I Rankore (rigorosamente scritto con la ‘k’) sono un gruppo punk di Torino che fa canzoni politiche con un suono mai duro ma genuino e scatenato che non ha paura di inflessioni ska o folkeggianti. Nel loro repertorio non mancano anche cover di “classici” come “Inno individualista”, “Sante Caserio” o “Il galeone”.

I Rankore hanno dedicato un brano omonimo al principale esponente del movimento anarchico internazionale della sua epoca, sostenitore di spontaneismo, azione diretta e avversione allo Stato, “…come fece Bakunin / continuerò a gridare / che Chiesa e Stato / son da eliminare!”. Il pezzo mantiene quel nesso essenziale tra pensiero e azione che ha caratterizzato la vita dell’anarchico, nel testo affiorano le citazioni delle sue opere più famose “Dio e lo Stato” e “Stato e anarchia”. “Lo Stato è una macchinazione, un complotto, una dittatura, / un presidente, uno zar, un prete: contronatura!”. Per quanto possa essere semplice, il testo accenna alla partecipazione di Bakunin all’Internazionale, che contribuì a fondare quella Antiautoritaria nel 1872 in contrapposizione a quella di Marx ed Engels. Il rivoluzionario di origine russa studiò le classi contadine povere individuandole come “detonatore sociale rivoluzionario”, “…puntando dritto al cuore di banditi e proletari, / sfruttati ed in catene siam da secoli lontani, / non siamo bestie da lavoro / siamo esseri umani!”, anche per questo in Spagna e Italia i bakuninisti saranno maggioritari nel movimento operaio.

 

2 Enzo Del Re – Comico

La vita e l’opera di Enzo Del Re ci mostrano uno spaccato inconsueto della produzione artistica e musicale, militante e di protesta. Dalla sua Mola di Bari ha girato tutta l’Italia, rifiutando mezzi di trasporto privati e cachet che superassero la paga giornaliera di un operaio, vendendo i suoi dischi autoprodotti. Come cantastorie non è ricorso ai suoni suadenti della tradizione popolare, anzi nemmeno a degli strumenti “tradizionali” se è per questo. Suonava percuotendo oggetti comuni: “Io e la mia sedia in giro per il mondo / a cantare, a suonare a concertare”, e oltre alla voce ritmava i suoi canti di lotta schioccando la lingua, diventando un corpofonista. Chissà se il suo stile inconfondibile potrebbe rientrare in quella musica anarchica fatta di rumori di cui parlava John Cage…

Il ricorso alla “sedia acustica” serviva a “riscattare” l’uso che i governanti avevano fatto della sedia elettrica: “Con una sediaccia elettrica / ammazzati in America fulminati / i compagni Sacco e Vanzetti dai governantacci folgorati”.

Enzo Del Re ha collaborato con le sue canzoni a diversi spettacoli teatrali, alcuni di Dario Fo; nel ’77 Radio Alice elegge “Lavorare con lentezza” come propria sigla. “Ridere, / mi piace ridere, / mentre scoppia / la rivoluzione” recita Comico che fa parte del suo primo disco. Nel pezzo possiamo trovare molti temi tipici degli anni ’70, come l’immaginazione al potere e il sostegno alla lotta di liberazione del Vietnam. Col suo tono acido, ironico il testo recita nel ritornello: “Ridere, / si fa per ridere / tutta la strada fino all’altro mondo. / Giap, Giap, Ho Chi Min / in allegria, / Giap, Ho Chi Min / con buon’umore / Ho Chi Min / ventiquattr’ore”. È interessante sottolineare che in una versione “alternativa” dello stesso brano, registrata da Del Re poco prima della sua morte nel 2011, il capo militare del Viet Minh e il Presidente della Repubblica democratica del Vietnam vengono sostituiti da un evergreen libertario. “Ridere, / mi piace mettere al potere / l’immaginazione / Evviva Bakunin / in allegria, / Viva Bakunin / con buon’umore / Bakunìn / ventiquattr’ore”.

 

3 Benito Merlino – Lettera al ministro

Benito Merlino ha scritto, arrangiato e interpretato canzoni in italiano e francese, ma anche negli idiomi delle sue origini, ovvero siciliano ed eoliano. Nelle numerose pubblicazioni, a partire dagli anni ’60, si esprime tra la chanson e il folk. La sua carriera da cantante è iniziata in Francia, e più di recente ha scritto anche romanzi, oltre ad aver tradotto in francese quelli di Elio Vittorini e Pino Cacucci.

Da un’idea di Ugo Ronfani compone “La banda del Matese”, l’album canta dell’esperienza insurrezionale guidata da Malatesta e Cafiero nel 1877 nei comuni montani tra Benevento e Campobasso, editato per il centenario. Il disco ripercorre fatti, aspirazioni e passioni degli internazionalisti che sotto la bandiera rosso-nera proclamarono la Repubblica sociale e abolirono la proprietà privata. Un altro componimento che si collega alla storia dell’anarchismo è Lettera al Ministro incisa in “Lettres d’amour et de haine” del 1976. Il componimento fa riferimento al testo che Andrea Costa scrisse nel 1877, una volta uscito di prigione dopo due anni di detenzione, indirizzandola a Giovanni Nicotera, allora ministro dell’Interno. Andrea Costa che ai tempi doveva ancora diventare deputato socialista e vice-presidente della Camera, venne incarcerato perché accusato di complotto contro lo Stato e per aver partecipato al tentativo insurrezionale del 1874. Nell’agosto di quell’anno a Bologna gli anarchici internazionalisti tentarono una insurrezione che però venne sventata sul nascere grazie a spie infiltrate. Fu in quell’occasione che Costa venne arrestato e ritenuto uno dei principali capi della rivolta. Anche Michail Bakunin, che in “Stato e anarchia” indicava l’Italia come la regione in cui la rivoluzione sociale era più prossima, giunge in incognito nel capoluogo emiliano, ma con la situazione già precipitata deve ripartire subito verso la Svizzera, alcuni dicono travestito da prete. Questi fatti sono alla base del romanzo storico “Il diavolo al Pontelungo” di Riccardo Bacchelli. Andrea Costa, tra l’altro, scriverà la prima biografia italiana di Bakunin, su mandato del congresso emiliano romagnolo dell’Internazionale subito dopo la sua morte il 1° luglio 1876.

Costa nel 1877 usa parole di fuoco contro governo e borghesia, in risposta al Ministro che in Parlamento aveva gravemente accusato l’Internazionale dopo i moti del Matese. “Seguite la vostra strada onorevole ministro / e noi seguiam la nostra: l’internazionalista! / Non è la rivoluzione osso per i vostri denti / con le persecuzioni non arriverete a niente”. Merlino è riuscito a riassumere in tre strofe la lunga stesura di Andrea Costa, parafrasandone l’iconico finale: “E se altre volte abbiamo tentato il dialogare / con voi non si può più: è meglio bastonare. / Vivete pur tranquillo, onorevole barone. / Arrivederci al giorno della rivoluzione”.

En.Ri-ot

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