Nuove dal Kurdistan. Resistere tra armi chimiche, attacchi continui e repressione.
«Dappertutto urla e lamenti di chi ritrova i corpi dei suoi cari. Bambini che erano riusciti a sfuggire dai cortili ed erano morti sui gradini di casa. La schiena di un uomo e il viso di un neonato sotto il braccio. Sono tutti morti, dice il mio vicino. Vuole farmi vedere la sua famiglia. Ci sono giornalisti che scattano fotografie , e uomini che derubano i cadaveri. Il cielo è limpido. Tutto è morto ora, non può più essere ucciso». (Halabja: 16 marzo 1988, Choman Hardi, poetessa curda) Trentaquattro anni. Tanto è il tempo trascorso da quando il regime Ba’athista...
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