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Verso lo sciopero generale: no Putin, no Nato, no armi, no guerra!

Verso lo sciopero generale: no Putin, no Nato, no armi, no guerra!

Nell’ultimo anno il sindacalismo di base ha individuato nell’opposizione al riarmo, alla guerra, all’economia di guerra e alla crisi che essa impone uno dei punti fondamentali della propria azione. Con l’apertura del conflitto determinata dall’invasione russa dell’Ucraina la questione è divenuta tanto urgente, per le ripercussioni sulle condizioni di vita e di lavoro, da determinare in modo preciso le piattaforme dello sciopero generale dello scorso 20 maggio e quella del prossimo sciopero generale del 2 dicembre, a cui si sta lavorando in modo unitario.

La questione della guerra in Ucraina pone alcuni nodi importanti, che è utile richiamare per meglio comprendere gli scenari e cercare di situare correttamente l’agire sindacale oltre che quello politico.

L’Unicobas è un sindacato libertario, non siamo mai stati fan dell’Unione Sovietica, tantomeno lo siamo di Putin, residuo di un capitalismo di stato approdato alle privatizzazioni ed al neo-liberismo, dove chi gestiva ad esempio il gas è diventato padrone della Gazprom. Putin è un autocrate e la sub-cultura della guerra, nonché l’invasione dell’Ucraina in sé sono inaccettabili.

Ma tutto ciò non vuol dire mettere la sinistra a servizio della Nato, corresponsabile di colpi di stato e guerre d’aggressione guidate dagli Usa in tutto il mondo.

Oggi assistiamo a nuove stragi, violenze, torture. La guerra è sempre così, si scarica su chi non l’ha decisa e fa arricchire chi la scatena e l’industria degli armamenti: un prodotto di vecchi e nuovi nazionalismi contro i popoli del mondo. Per questo il movimento dei lavoratori, quando non è stato corrotto e deviato, è sempre stato internazionalista ed ostile a tutte le guerre.

Se gli orrori di Putin sono noti e oggettivamente riscontrabili, più in ombra, nella propaganda bellicista di un’Italia cobelligerante a pieno titolo nello schieramento NATO, sono le azioni repressive del governo ucraino, prima e dopo il 24 febbraio 2022.

Immediatamente, all’inizio dell’invasione dell’Ucraina sono stati posti fuori legge da Zelensky altri 11 partiti (due li aveva già eliminati). Costui sarebbe il baluardo della democrazia? Se Putin è un oligarca sanguinario, Zelensky è un cinico faccendiere apprendista stregone, con le sue ville a Forte dei Marmi ed in California. Teleguidato da Biden che lo usa per fare una guerra per interposto paese, col sangue degli ucraini.

Biden grazie a 50 e più miliardi di dollari prestati terrà per il collo l’Ucraina e le sue risorse per i prossimi 40 anni. Tutto ciò è solo tragedia, ancor più di fronte al rischio di una guerra nucleare. Lo abbiamo sostenuto con forza in tante piazze: è indispensabile la solidarietà internazionalista e non la partigianeria con questo o quell’imperialismo; sono plausibili aiuti umanitari, ma non la fornitura di strumenti di morte, il riarmo e la cobelligeranza. Per questo motivo il 65% degli italiani (più di un terzo dei quali si è astenuto alle elezioni politiche) è contrario alle sanzioni-boomerang ed alla politica interventista del governo Draghi, che la Meloni copia per rassicurare Washington. Per la precisione il 55% è contrario all’invio di armi, perché non si può lavorare per la pace se non si ha una posizione terza ed autonoma.

Intanto che ci somministrano sciocchezze sul livello di condizionatori e termosifoni, i banchieri di Amsterdam speculano sul prezzo del gas da prima dell’invasione dell’Ucraina, e Biden ce lo farà pagare il triplo dei russi. Fare cassa per gli americani: questo è il destino imposto ai lavoratori, a quel 40% di giovani che è disoccupato o precario a vita, alle famiglie che, se prima non arrivavano a fine mese, ora fanno fatica a passare la prima settimana. Le bollette sono già sestuplicate, ma raddoppieranno entro fine anno. Gli impianti della ceramica hanno chiuso, la crisi ed il caro-vita galoppano anche sugli alimenti di prima necessità, e nel mondo milioni di esseri umani sono a rischio di morte per fame.

Dove sono gli ambientalisti? Perché, se non l’hanno capito, la seconda emergenza (dopo la pandemia) è la scusa afferrata al volo dai padroni delle energie fossili, non rinnovabili ed inquinanti, come il nucleare, il cui maggior propagandista oggi è Macron.

Dov’è la democrazia della Nato? La esercita forse Erdogan? Dittatore e criminale, ma interno all’alleanza, ha preso la guerra al balzo per ricominciare a bombardare il popolo curdo che è stato in piazza con noi il 20 maggio per ricordare a tutti che di guerra non ce n’è una sola. Hanno fermato Daesh? Bene, questo è il ringraziamento dell’Occidente. Le guerre sporche sono almeno 36. E, non dimentichiamolo, oltre 40 sono le missioni militari italiane all’estero.

Dove sono i verdi? Governano in Germania insieme ai socialdemocratici ed hanno deciso di sperperare 100 miliardi in 5 anni per riarmarsi: un colpo mortale al più alto welfare della Ue. Che farà l’Italia con licenziamenti, stipendi (i più regrediti della Ue), ammortizzatori sociali, servizi, scuola e sanità? Per rimanere in sella la Meloni passerà presto da 15 a 40 miliardi l’anno di spese militari (secondo una legge di indirizzo già votata con Draghi) e se l’80% dell’edilizia scolastica non è a norma, via anche quegli 800 milioni stanziati, contro i 13 miliardi che secondo la protezione civile erano necessari già 10 anni fa. Non mancheranno invece le spartizioni, né gli aiuti a banche e speculatori.

Oggi è il sindacalismo di base a rappresentare la coscienza del Paese, perché al contrario dei sindacati di partito pronta-firma, non ha interessi da garantirsi, non gode di distacchi pagati dallo stato, non è interno al teatrino della politica. È un’enorme responsabilità che insieme potremo onorare se sapremo concentrare sullo sciopero generale del 2 dicembre, senza infingimenti, giochini e partitini di riferimento, uno sforzo capace di riaprire lo spazio del dissenso con una grande manifestazione nazionale e se porteremo avanti il lavoro avviato con il Forum del sindacalismo alternativo e libertario europeo, fino a “contagiare” con una lotta comune altri paesi della Ue.

Stefano d’Errico (Segretario Nazionale dell’Unicobas)

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