Una filosofa al mese. Un percorso di riscoperta e riappropriazione in dieci tappe più tre.

Sabato 28 giugno si terrà il decimo incontro del ciclo “Una filosofa al mese”, un’iniziativa che ha visto collaborare il gruppo Germinal – FAI di Carrara con il prof. Marco Matteoli, docente di storia della filosofia moderna e politica all’Università di Pisa e membro di In.for.male, collettivo carrarese dedito a studi e pratiche sulla costruzione (e decostruzione) del maschile e della mascolinità. Ogni incontro del ciclo prevede un intervento dal taglio divulgativo sulla filosofa del mese, o meglio, sul pensiero filosofico del mese: ogni relatore o relatrice, infatti, seleziona i temi a lui o lei più cari e presenta l’autrice in modo personale e originale. A rendere ancor più stimolante la relazione ci sono letture significative e vivaci dibattiti; a renderla più suggestiva, invece, ci pensa l’intervento di Riccardo Solari, che in apertura o in chiusura dell’incontro recita una o più poesie composte per l’occasione, illuminando con le sue parole gli snodi più significativi del pensiero della filosofa del mese – pensiero in cui Riccardo di volta in volta si immerge per poi risalire in superficie con un’opera d’arte in versi. In questi primi nove incontri dietro il tavolo dei relatori e delle relatrici si sono alternate una pluralità di voci, a partire da quella del nostro filosofo-ideatore Matteoli per arrivare a una polifonia che ha visto il contributo di Natalia Caprili, Chiara Bottici, Serena Arrighi, Alessandra Canapa ed Emma Virgilio. La cena sociale a conclusione di ogni incontro ha finora visto nascere amicizie, progetti e scambi d’idee tra compagne, compagni e simpatizzanti – il tutto tra una risata e un boccone offerti da Beppe Caleo, il nostro cuoco di fiducia docente di scienze ed esperto in etologia, fotografia e golosità.

Quando e come nasce “Una filosofa al mese”? Il percorso è stato delineato e intrapreso dopo la felice esperienza “Un filosofo al mese”, mini-ciclo di quattro incontri fiorito durante la primavera del 2024: a marzo il prof. Matteoli ci aveva fatto conoscere Giordano Bruno, ad aprile Michel de Montaigne, a maggio Baruch Spinoza e a giugno, attraverso una lettura di John Toland, la geniale e indomita Ipazia. Matematica, astronoma e filosofa vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il quarto e il quinto secolo dopo Cristo, Ipazia è stata la prima filosofa “del mese” che abbiamo incontrato come gruppo Germinal. Ma perché questo ostinato femminile filosofa? Il canone artistico, filosofico e letterario è ancora fortemente connotato a livello di genere: “fare filosofia”, fin dalla scuola, significa spesso conoscere la storia del pensiero filosofico degli uomini attraverso un elenco di autori uomini – e per quanto qualcunə si sforzi di presentarci ancora il maschile come neutro, la sovraestensione e l’universalizzazione coatta di pensieri, linguaggi e pratiche conducono al silenziamento e alla sovradeterminazione delle donne e di tutti i secondi sessi. In questo senso, “Una filosofa al mese” è stato un percorso di scoperta e riscoperta del pensiero filosofico femminile – talvolta femminista o protofemminista – tenuto per secoli ai margini della Storia e fuori dal Canone. Che poi, a ben vedere, il nostro “filosofa” non abbraccia solo la filosofia…

In effetti, il nostro percorso non è neppure iniziato con una filosofa: a settembre, con la calura estiva che si allontanava stanca, Matteoli ci ha parlato dell’autrice quattrocentesca Christine de Pizan, prima scrittrice di professione del continente europeo, dedita a opere in prosa e in versi. Nel suo La città delle dame (o delle donne) de Pizan propone una contro-narrazione rispetto ai miti, agli stereotipi e alle idee misogine imperanti, e lo fa intrecciando le voci delle tre dame Ragione, Giustizia e Virtù alle molte storie di donne che si sono distinte per la loro intelligenza, sagacia e tenacia.

Ottobre ha visto dialogare Matteoli con la prima relatrice del ciclo, Natalia Caprili, artista che fin dai suoi studi universitari ha messo in dialogo filosofia e storia dell’arte, con proficui approfondimenti sul ruolo delle donne nella Rivoluzione francese. Caprili ci ha parlato di Olympe de Gouges, drammaturga, scrittrice e attivista francese con posizioni abolizioniste e protofemministe: nel pieno del fermento rivoluzionario pubblicò la sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, in cui rivendicava l’uguaglianza sociale e politica tra uomo e donna e demistificava coraggiosamente la celeberrima Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che, nonostante le velleità universalistiche, ancora escludeva e discriminava le donne. I connazionali di de Gouges erano ben lungi dal togliersi di dosso gli occhiali azzurri del genere, quelli che fanno coincidere l’essere umano con l’uomo-maschio, e de Gouges pagò questa e altre rivendicazioni con la ghigliottina.

Poi novembre ci ha condottə a un’altra Rivendicazione dei diritti della donna, quella pubblicata dalla protofemminista britannica Mary Wollstonecraft nel 1792, ancora una volta in risposta a opere sui diritti civili che ignoravano le donne, mantenendole nella teoria e nella pratica in uno stato di inferiorità troppo pervasivo (e comodo!) per essere messo in discussione dai più. Di Wollstonecraft ci ha parlato Matteoli, insistendo – a ragione – su un aspetto particolarmente interessante del suo pensiero: lucidissima e solida nella sua argomentazione, Wollstonecraft riconosce la centralità dell’educazione e della cultura nella formazione individuale, un’educazione così differenziata a livello di genere da rendere inconsistente l’assunto misogino dell’inferiorità femminile come dato di natura. Come sintetizzerà brillantemente Virginia Woolf quasi un secolo e mezzo più tardi, “se vuole scrivere romanzi una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé. La qual cosa […] lascia irrisolti il grande problema della vera natura della donna e quello della vera natura del romanzo“ (da Una stanza tutta per sé, 1929). Mary Wollstonecraft inoltre, ben due secoli prima di Simone de Beauvoir, già tentava di smascherare quel prepotente mito dell’eterno femminino che per secoli ha relegato masse di donne alle frivolezze e all’autodisciplina, assoggettandole a uno sguardo maschile interiorizzato e quindi massimamente pervasivo. Di Simone de Beauvoir vi ha parlato a marzo chi scrive, Serena Arrighi, docente di scuola secondaria e sorella di Non Una di Meno MS: a partire dall’analisi dell’articolo La femminilità, una trappola ho toccato alcuni snodi cruciali del pensiero di De Beauvoir, ponendola in dialogo – tra le altre – con Elena Gianini Belotti, Naomi Wolf e, soprattutto, la Virginia Woolf di Una stanza tutta per sé.

Nel nostro ciclo di incontri, de Beauvoir è stata preceduta da Louise Michel, della quale ci hanno parlato Marco Matteoli e Alessandra Canapa a febbraio, e seguita da Simone Weil, presentata dalla stessa coppia ad aprile, con Canapa che si è dimostrata ancora una volta relatrice chiara ed eloquente nel restituirci il ritratto appassionato di quella che è stata – citando dalla pagina “Una filosofa al mese” – “una mistica, una filosofa, un’operaia, un’insegnante, una miliziana, una partigiana… ed anche una rugbista.” Aver introdotto la figura di Simone Weil, combattente nella colonna anarchica durante le prime fasi della Guerra civile spagnola, ci consente a questo punto di menzionare le due filosofe che abbiamo conosciuto a dicembre e gennaio, entrambe grazie a Chiara Bottici, filosofa carrarina attualmente docente alla New School di New York, studiosa transfemminista e teorica dell’anarcafemminismo. Attraverso le sue presentazioni, infatti, abbiamo esplorato e approfondito il pensiero anarchico di Emma Goldman e He-Yin Zhen: vissuta tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, Goldman fu decisiva nella diffusione in Europa e Nord America dell’anarchismo, del quale fu un’esponente di spicco e una teorica brillante e originale; la sua contemporanea Yin Zhen, invece, con i saggi raccolti ne Il tuono dell’anarchia ci ha lasciato una preziosa testimonianza di un pensiero ampio e dirompente che potremmo definire già anarcafemminista prima dell’anarcafemminismo.

L’incontro del mese di maggio, infine, ha avuto come protagonista Hannah Arendt e mi ha vista dialogare con Emma Virgilio, studentessa universitaria attualmente iscritta al corso di laurea triennale in psicologia e magistrale in filosofia. Di Arendt abbiamo affrontato la teoria politica fondata sui concetti di autorità, democrazia e totalitarismo per poi arrivare alla libertà come partecipazione del suo Vita activa, che abbiamo insieme definito “la cura” dopo essere riemerse dagli abissi della banalità del male.

A inaugurare invece una nuova prospettiva – di e anzi oltre il genere – ci sarà l’incontro su Liana Borghi, attivista, anglista, docente universitaria e teorica femminista-lesbica-queer morta nel 2021: studiosa di fama mondiale con uno stretto legame con la nostra Carrara, ha dato contributi di grande spessore e rilievo internazionale alla teoria e alla pratica femminista, lesbica e queer. Per presentare Borghi a Carrara avremo il piacere di ospitare due persone che hanno collaborato e vissuto a stretto contatto con lei: Giuliana Misserville, scrittrice e critica letteraria in ambito femminista, e Marco Pustianaz, docente di letteratura inglese e studi di genere e queer all’Università del Piemonte Orientale. A introdurre l’incontro saremo noi di Non Una di Meno Massa-Carrara, attraverso la mia voce e quella delle sorelle Chiara Mazzi e Virginia Sanesi.

E il ciclo di incontri proseguirà con tre appuntamenti proposti proprio dal nostro nodo di Massa-Carrara: di fronte alla possibilità di una pausa estiva gli entusiasmi facevano sentire i loro fremiti e così, grazie alla disponibilità e alla collaborazione dei compagni e delle compagne del Germinal, abbiamo pensato di aggiungere, intanto, un primo incontro su Carla Lonzi, attivista e critica d’arte legata ai temi della sessualità e della corporeità, alla pratica dell’autocoscienza e al femminismo radicale di Rivolta femminile. Successivamente proporremo un incontro dedicato allo sfruttamento del corpo, dell’immagine e della dignità femminile nell’intrattenimento di ieri e di oggi e, infine, un ultimo appuntamento, questa volta con la filosofia di María Galindo, attivista, conduttrice radiofonica e psicologa boliviana autrice di Femminismo Bastardo. L’incontro su Liana Borghi ci introdurrà alla teoria queer, mentre questi tre incontri ci permetteranno di attraversare l’estate senza interrompere l’entusiasmante percorso di riscoperta della nostra tradizione femminile e femminista: da settembre inizierà un nuovo ciclo, quello di “Unə filosofə al mese”, per il quale inviteremo filosofə da ogni dove per sentirlə parlare anche in prima persona.

Se vogliamo un mondo libero e libertario dobbiamo ripensare la Storia e riappropriarci della Tradizione – per risignificare il nostro senso di comunità e abitare il presente in modo nuovo.

Serena Arrighi

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