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L’autonomia proletaria: un’utopia molto concreta.

L’autonomia proletaria: un’utopia molto concreta.

È uscito, freschissimo di stampa, il libro “L’utopia concreta. Azione libertaria e Proletari Autonomi. Milano 1969/1973”, curato da Franco Schirone, edizioni Zero in condotta e Ass. culturale Pietro Gori, Milano, 2023, euro 25,00.

In 384 pagine ricchissime di documenti (170 pagine) e testimonianze l’opera ripercorre i primi anni di formazione dell’area di “Collegamenti”, una compagine, che si definirà dell’”autonomia proletaria”, nata dall’incontro tra elementi libertari e marxisti consiliaristi, influenzata dalle elaborazioni “della sinistra radicale antiburocratica” (‘Socialisme ou Barbarie’, ‘Information Corrispondences Ouvrieres’ , ‘Lutte de Classe’”)  e caratterizzata da  “un operaismo, o se si preferisce un classismo radicale, come tale critico di tutte le forme di organizzazione percepite come esterne alla classe, sia sul piano politico che su quello sindacale. Tutta la partita si gioca sulle lotte autonome che in quegli anni si sviluppano contro la disciplina di fabbrica e contro lo stesso controllo sindacale […]

Non a caso le radici di quest’ipotesi vengono individuate nelle vicende degli IWW, come espressione più avanzata proprio perché collocata nel cuore del dominio del capitale, del sindacalismo di azione diretta, nell’esperienza dei consigli operai nel corso del biennio rosso e in esperienze consimili.” (Gato Soriano, Cosimo Scarinzi, p. 199-200).

Nel 1973 quest’area inizierà a pubblicare “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe”, inizialmente  un bollettino milanese di coordinamento tra collettivi di fabbrica e territoriali, che nel 1976, dopo che la rete si era estesa a livello nazionale, si trasformerà in una rivista che, attraverso numerose trasformazioni, si pubblica tuttora (il n. 5 della serie attuale uscirà a breve).

L’opera giunge a colmare un vuoto storiografico, visto che negli ultimi anni è stato stampato molto  relativamente ad aree dell’autonomia operaia come quelle di “Rosso” e di “Senza tregua” mentre pochissimo si è scritto sulla consistente area di gruppi operai autonomi di ispirazione libertaria.

Agli inizi della nostra storia (Milano, inverno 1969-70) abbiamo un gruppo anarchico a composizione prevalentemente operaia “Azione libertaria” che assorbe il collettivo “Kronstadt”, un gruppo studentesco alla ricerca di una ridefinizione teorica dell’anarchismo e interessato alle tematiche consiliari. Quest’area incrocia le proprie vicende con quelle dell’ex Hotel Commercio occupato, con le compagne del Pensionato Universitario Femminile autogestito, con i CUB prima e le Assemblee Autonome di fabbrica poi e opera attivamente nelle lotte operaie e nell’occupazione di case, senza trascurare la controinformazione sulla Strage di Stato ( “Azione libertaria” sarà tra i promotori della manifestazione milanese del 12 dicembre 1970, duramente repressa dalla polizia con l’uccisione del compagno internazionalista Saverio Saltarelli, p. 127-128, 185).

Nel 1972 “Azione libertaria”, che rifiuta il ruolo avanguardistico di direzione politica delle lotte, compie la scelta radicale di sciogliersi nel movimento  “Si percepiva nel raggruppamento di Azione Libertaria l’aspetto in embrione del gruppo esterno, anche se ridotto ai minimi termini. Pertanto si decise il passaggio dalla forma gruppo Azione libertaria a rapporti più diretti fra le varie situazioni, con la denominazione “Proletari Autonomi”. Questo perché ritenevamo più corretto gestire i rapporti con gli organismi autonomi delle fabbriche e con quelli cresciuti nel frattempo con nuove esperienze aggiunte di aree conflittuali di diverse fabbriche , grandi e piccole (Fiat OM, Motta e Alemagna, Radaelli, Sip ecc.), attraverso la militanza di compagni anarchici e libertari con cui fu costituito un coordinamento autonomo allargato” (Enrico Moroni, p. 140) “un gruppo di discussione teorica” che  si poneva quindi “solo come sede di dibattito” (p. 215).

I Proletari Autonomi sono quindi un’aggregazione che funziona proprio a partire dalle lotte e che vede la presenza di molti compagni che nelle aziende e nei quartieri si avvicinano a partire dal loro essere  prima “avanguardie di lotta”  (secondo la terminologia dell’epoca) che militanti politici in senso stretto. Proprio queste caratteristiche porteranno all’allontanamento da ProlAut di alcuni gruppi come i “comunisti radicali” (Francesco Santini p. 184-186) e i “marxisti” (Antonio Pagliarone p. 189-197) che trovavano insoddisfacente l’attivismo di ProlAut e sentivano l’esigenza di un’elaborazione teorica e, ancora di più, di un’omogeneità politica maggiori.

Successivamente (ma di questo si occuperà un volume successivo) l’area si svilupperà a livello nazionale mettendosi in relazione con altre espressioni della autonomia proletaria libertaria sorte in diverse località.

I documenti e gli interventi di Mara Redeghieri, Roberto Brioschi, Cosimo Scarinzi, Franco Schirone, Giulio Legnani, Enrico Moroni, Marinella Vignolo, Francesco ‘Kukki’ Santini, Antonio Pagliarone, Giovanni Giovannelli, Gato Soriano,  documentano la ricchezza di un percorso apparentemente “eretico” rispetto “alla componente maggioritaria dello stesso movimento anarchico” (p. 15)  ma che in definitiva non fa altro che riallacciarsi ai contenuti della Prima Internazionale: “L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi”.

Un’opera che costituisce un importante tassello nella ricostruzione dei movimenti di quel “decennio rivoluzionario” che ha lasciato un segno indelebile nella storia del paese in cui viviamo (nonostante i continui tentativi di cancellarne la memoria). “Anni che videro il tentativo cogente della abolizione del cosiddetto ordine capitalista a favore della creazione di un mondo intero di eguali e solidali, di una vita comunarda fatta di bisogni e desideri: dove il personale è politico e la politica è la  pratica sociale, di classe degli sfruttati, che sovverte lo stato dello cose.” (Roberto Brioschi, p. 16).

Mauro De Agostini

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