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Musicanti del Vento

Musicanti del Vento

Quando e come siete nati?
L’anagrafe ufficiale dice 2008, ma in realtà i MdV è dal 2007 che iniziano a muovere i primi piccoli passi. In quel periodo, un po’ tutta l’Italia meridionale, si lasciava abbracciare dalla grande onda del ritorno alla musica etnica, quella musica delle radici che riusciva a stimolare senso di appartenenza e goliardico divertimento di centinaia e centinaia di ragazzi figli del Sud. Ecco, proprio sulla scia di questo fenomeno 5 ragazzi, e cioè Paolo Presta, Daniele Nicoletti, Diego Soda, Gianfranco Esposito e Fabio Nicoletti (che sarei io) iniziarono ad incontrarsi più e più volte tra vecchi garage e scantinati inebriati dai mistici odori dei tipici prodotti “made in Calabria”, e da una partenza segnata fortemente dalla riproposizione di brani tradizionali del meridione, non sappiamo precisamente come e perché, ci ritroviamo oggi immersi fino al collo a sguazzare nel nuovo cantautorato italiano tra il pop e il popolare!

  
Quali le vostre esperienze (formative, collaborazioni) ?
Dopo qualche tempo dai primi incontri, con i ragazzi, decidemmo di provare a prendere la cosa sul serio … oltre ad intraprendere tutti un percorso formativo musicale, ci siamo ben presto circondati di nuovi musicisti, collaboratori già formati provenienti da percorsi vari e differenti. Questo flusso continuo e il conseguente arricchimento culturale, hanno man mano delineato un sound sempre più distinguibile e riconoscibile; inoltre la consapevolezza di una maturità quanto meno accettabile, ci ha spinto a cercare continui confronti anche al di la dei confini calabri. Esperienze utilissime sono state a proposito, le assidue partecipazioni alle kermesse tra le più importanti del panorama musicale nazionale. Essere giunti alle fasi finali di manifestazioni come il “Musicultura” di Macerata ed  il “premio Fabrizio De Andre”, l’aver ottenuto podio e premio miglior performance al “Lennon festival” di Catania e l’aver vinto il “Gran premio Manente” in Calabria, sono state tutte esperienze che ci hanno arricchito enormemente! Per di più, la vicinanza e la collaborazione anche nei dischi con una band come Il Parto delle nuvole pesanti, nel nostro processo di crescita si è rivelata fondamentale.

Il mondo infinito della musica popolare passa dalle canzoni d’amore a quelle d’interesse sociale, essendo un gruppo del sud nei vostri testi le cose non sono affatto separate…..
Possiamo affermare senza dubbio che la nostra inclinazione ci dirotta inequivocabilmente sulle delicate strade della canzone impegnata. In questo senso, anche all’orecchio di chi approccia per la prima volta alla nostra musica, salta fuori chiaro l’amore per il sociale.D’altronde se i tuoi ascolti continui sono De Andrè, Guccini, Gaber e via dicendo, non puoi di certo svegliarti una mattina e d’improvviso riscoprirti importante esponente del movimento neomelodico italiano … o ritrovarti tra le fila degli amici di Maria a cantare sole cuore e amore, mentre lanci sguardi ammalianti  piroettando leggiadro per aria! Chiacchiere a parte, noi non riusciamo a scindere la musica dal suo senso intrinseco di voce di un certo tempo, espressione di un complesso sociale, denuncia di dinamiche perverse.In tutti i dischi e soprattutto durante i live cerchiamo, in modo anche molto spontaneo e naturale, di amplificare le voci delle minoranze sempre più attutite dalle logiche dell’attuale sistema che pare anteporre il profitto alla dignità dell’uomo. Certo se scegli di cantare e comunicare concetti non troppo immediati e che inducono alla riflessione, non puoi pensare di stare in cima alle classifiche e spopolare per le maggiori emittenti; quello che stiamo costruendo, con estrema umiltà, è un percorso fatto di sudore, passione e credo anche un pizzico di follia!

Il vostro ultimo lavoro
“Preferisco la cantina” (prodotto dalla Marasco Comunicazione e distribuito dalla I-Company e dalla CNI)… ecco se questo disco fosse uscito nel periodo del proibizionismo, saremmo stati perseguiti spietatamente dalle autorità come fuorilegge della peggior specie!
In realtà quest’ultima fatica discografica non vuole essere semplicemente un omaggio al dio Bacco ed a quel poetico nettare del quale non neghiamo d’essere abbondantemente infatuati; la cantina di cui narriamo è da intendersi più come una piazza, un luogo ideale per le interazioni sociali reali e non virtuali, attraverso le quali si consolidano quei rapporti umani che stanno alla base di una convivenza civile. Non vogliamo scadere nella facile retorica o peggio nel qualunquismo più banale, ma effettivamente questo mondo parallelo virtuale che ci stanno propinando pare stia distaccando l’uomo dal senso stesso della sua esistenza. Questo è grossomodo il senso dell’album, che viene raccontato questa volta mediante un sound volutamente più leggero, quasi scanzonato, lasciando prevalere l’istinto musicale e comunicativo che invece nei primi tre album è stato mascherato e tenuto a bada da un lavoro d’arrangiamento molto più ponderato.

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