Rilancio del nucleare: soluzione o trappola? La decarbonizzazione non comincia con l’uso dell’atomo.

Fra le varie giustificazioni che vengono date alla scelta del nucleare – oltre alle bugie pure e semplici secondo cui si tratterebbe di un’energia “pulita, sicura ed a buon mercato”, che ci permetterebbe di assicurare la nostra indipendenza energetica – la più importante riguarda una sua ipotetica decarbonazione, in rapporto a tutte le altre fonti di energia elettrica.

Facendo una piccola ricerca, e paragonando due paesi che questa energia elettrica la producono utilizzando fonti diverse, ci si accorge facilmente che questo argomento non sta in piedi.

Guardiamo dunque più da vicino come l’energia elettrica viene prodotta in Francia ed in Italia e paragoniamo la loro produzione di gas a effetto serra ed in particolare di CO2. Promesse e realtà sono ben distanti tra loro.

Ho constatato in primo luogo che la scelta del nucleare è una questione politica, economica e sociale e, solo di conseguenza, tecnica, nonostante gli sforzi della lobby nucleare per farci credere il contrario.

In Francia è stato fatto di tutto per impedire alla popolazione di pensare alla possibilità di fermarsi: il nucleare è stato imposto senza mai chiedere il parere di chicchessia, la corruzione degli eletti negli enti locali è stata utilizzata su larga scala per dare una parvenza di legittimità e, soprattutto, continuiamo ad essere bombardati da una propaganda tranquillizzante.

Per quanto mi riguarda vorrei mettere in discussione l’idea che non ci sia alternativa possibile al nucleare.

Parlerò del mito secondo cui la Francia sarebbe un Paese virtuoso che cerca di ridurre la propria produzione di CO2 utilizzando l’uranio per produrre elettricità, circondato da Paesi inquinanti ai quali si dovrebbe imporre questa energia verde che è l’energia atomica.

Purtroppo, quando le centrali atomiche non funzionano, sono i Paesi inquinanti a fornire elettricità, tanto che l’anno scorso la Francia è diventata un importatore netto di elettricità, già negli ultimi mesi del 2021, prima della guerra in Ucraina. La situazione è peggiorata notevolmente nel 2022. Non insisto su questo punto perché non mi piace sparare alle ambulanze.

Bilancio elettrico nazionale degli ultimi mesi del 2021, pubblicato da RTE il 25 febbraio 2022:

https://www.rte-france.com/actualites/bilan-electrique-2021

È chiaro che in Europa la maggior parte dei reattori atomici è concentrata in un unico Paese, che è quindi il più nuclearizzato al mondo e il più esposto a un incidente grave.

Ma questo lo rende il Paese più virtuoso?

Reattori nucleari Europa :

https://fr.statista.com/infographie/29251/nombre-de-reacteurs-nucleaires-en-activite-et-en-projet-en-europe/

Di solito, quando si decantano le lodi del nucleare francese, si usa come paragone la terribile Germania, che inquina il mondo con il suo carbone. Vi suggerisco di fare un confronto con l’Italia, che ha una popolazione equivalente a quella francese, ha rinunciato al nucleare più di 30 anni fa e fa largo uso di gas. Non è tornata all’uso delle candele ed ha mantenuto una forte struttura industriale, che la rende il secondo Paese industriale d’Europa. Tuttavia, le sue emissioni di CO2 sono molto simili a quelle della Francia.

I due Paesi hanno più o meno lo stesso livello di emissioni di CO2, come si può vedere da questi grafici.

Perché questi due Paesi, uno con un alto livello di energia nucleare e l’altro senza energia nucleare, emettono più o meno la stessa quantità di gas serra? O l’energia nucleare non è una fonte di energia a zero emissioni di carbonio come ci viene detto, oppure non è solo il mix di produzione di energia elettrica a essere in difetto, ma tutte le emissioni legate alla civiltà industriale in cui viviamo (agricoltura, industria, trasporti, energia, abitazioni, ecc.). Oppure entrambe le cose.

https://www.hellocarbo.com/blog/reduire/empreinte-carbone-definition/

Impronta carbonio – Europa – 2018

https://www.bfmtv.com/international/quels-sont-les-pays-qui-emettent-le-plus-de-co2-dans-l-union-europeenne_AN-201905090046.html

https://bonpote.com/les-infographies-bon-pote/

Impronta di carbonio dei paesi europei

Se confrontiamo le emissioni di CO2 di tre Paesi europei con popolazioni simili, due dei quali (Francia e Regno Unito) hanno una produzione elettronucleare e uno, l’Italia, l’ha interrotta, troviamo (per il 2017) – livelli molto simili di emissioni complessive e pro capite, tenendo conto del fatto che l’Italia ha ancora una consistente struttura industriale:

Nel 2018, la Germania ha contribuito col 22% alle emissioni di CO2 dell’intera UE, seguita da Regno Unito (11,4%), Polonia (10%), Francia (10%) e Italia (10%).

Di passaggio, vorrei sottolineare che in Francia ci sono persone ricche che inquinano molto e persone povere che non possono permettersi di farlo e inquinano molto meno. Quando parliamo di decarbonizzazione, dovremmo prendere in considerazione anche la dimensione sociale del problema e non solo l’aspetto tecnico.

Tra i Paesi che stanno cercando di migliorare la loro situazione istituendo programmi di riduzione dei gas a effetto serra, a volte costosi, ma efficaci ci sono Francia e Italia che si collocano nella media (28° e 29° posto), mentre gli sforzi della Germania sono ben visibili. La fonte è il Climate Change Performance Index, che “analizza le azioni di ogni Paese in quattro categorie: politica climatica, energie rinnovabili, consumo energetico ed emissioni di gas a effetto serra”.

Per quanto riguarda la produzione di elettricità in Francia ed in Italia, in Francia c’è il nucleare e il 21-25% di rinnovabili, in Italia c’è molto gas e il 41-45% di rinnovabili. Non tengo conto del fatto che gli inceneritori sono considerati “rinnovabili” in Francia, perché l’Italia non ha fatto meglio in passato finanziando l’incenerimento dei rifiuti.

Ciò che è interessante, invece, è il forte aumento del numero di impianti di produzione di energia rinnovabile in Italia, in particolare solare, reso possibile dal fatto che l’Italia ha smesso di investire nel nucleare: nel 2013 (600.000), nel 2016 (850.000), nel 2021 (più di un milione).

https://bilan-electrique-2020.rte-france.com/production-production-totale/#

Produzione elettrica in Italia – Origine

Nel 2013 si potevano contare già 600.000 nuovi impianti fotovoltaici in quasi tutti i comuni. Il risultato è una produzione locale, con meno energia dispersa nella rete. In circa 2.400 comuni (1/3 del totale), tutto il fabbisogno di energia elettrica è stato coperto da energie rinnovabili.

Nel 2016, il numero di tali impianti è salito a 850.000. In 2.660 comuni, il volume di elettricità prodotta da fonti rinnovabili supera quello consumato.

Il 2021 vede altri 80.000 impianti, la maggior parte dei quali con una capacità inferiore a 20 kW, per una capacità installata totale di circa 940 MW. In totale, ci saranno 1.016.000 impianti fotovoltaici, per una capacità totale lorda di oltre 25 TW.

Dei circa 115 TWh di energia elettrica generati da fonti rinnovabili nel 2021, il 39% proviene da impianti idroelettrici, con il fotovoltaico al secondo posto con circa il 22%.

Gli sforzi dell’Italia per ridurre le emissioni di gas serra – senza nucleare – negli ultimi 15 anni sono stati di gran lunga superiori a quelli della Francia, Paese a energia nucleare e ovviamente virtuoso.

Come la Merkel si è lasciata sfuggire la transizione ecologica della Germania

https://www.youtube.com/watch?v=YQACUT9x9Zk

Non sto ovviamente proponendo di prendere a modello l’Italia, che ha commesso molti errori e preso decisioni contraddittorie, ma semplicemente di riflettere sul fatto che è possibile decarbonizzare la produzione di energia senza gettarsi a capofitto in un percorso estremamente pericoloso e lento. Dobbiamo considerare la questione della produzione di energia elettrica come un problema da risolvere, non come un articolo di fede in cui il primo comandamento è continuare a usare l’energia nucleare.

Inoltre, la questione della decarbonizzazione riguarda tutte le attività produttive, non solo la produzione di energia elettrica.

Un ultimo punto: stiamo parlando di sobrietà e ci viene offerta una fonte energetica che finora è stata fonte di spreco: nessun Paese in Europa ha osato imporre il riscaldamento elettrico nelle case popolari, la maggior parte delle quali è un colabrodo termico, dove la gente si rovina economicamente pagando l’elettricità senza potersi riscaldare adeguatamente. E proprio mentre alcuni proprietari iniziano a installare il gas, in Francia lo vietano e cercano di imporre le auto elettriche.

Invece di saccheggiare i soldi dei conti di risparmio (Livret A) per finanziare l’energia nucleare, il governo dovrebbe assicurarsi che le case siano adeguatamente isolate e riservare l’elettricità ai suoi usi specifici. Quando si tratta di produrre elettricità, la fissione nucleare non è molto efficiente: produce il 70% di calore – che riscalda direttamente l’atmosfera, i fiumi e il mare – e solo il 30% di elettricità. Inoltre, la produzione di energia nucleare richiede una rete di distribuzione altamente centralizzata, che comporta elevate perdite di energia: oltre il 2% sulla rete RTE (alta tensione) e il 6% sulla rete Enedis. Includendo l’autoconsumo nelle stazioni di trasformazione e le cosiddette perdite “non tecniche” (frodi, errori umani, ecc.), le perdite di elettricità in Francia tra produzione e consumo si aggirano in media intorno al 10%. L’utilizzo di fonti locali di elettricità ridurrebbe questa perdita. Abbiamo visto che le importazioni italiane di energia di origine nucleare non superano il 4%.

Per concludere: la Francia ha ancora la possibilità di smettere di produrre elettricità con l’atomo prima che si verifichi una catastrofe, il cui costo sarà superiore a quello dell’intero programma nucleare. Suggerisco di seguire l’esempio dell’Italia, che ha imparato a fare a meno di questa energia. Ci insegna che finché il nucleare esisterà, assorbirà la maggior parte dei finanziamenti, lasciando solo una piccola parte per lo sviluppo delle energie rinnovabili e del risparmio energetico.

Ovviamente non avrebbe senso un ritorno dell’Italia a questo di tipo di energia, fonte di scorie ingestibili per migliaia di anni, pericolosa e carissima (es: il reattore EPR di Flamanville che doveva costare 3,5 miliardi ne costa in realtà 20, prima di aver prodotto un solo Kw). Quello che succede in Niger è indicativo di quanto poco il nucleare assicuri l’indipendenza energetica della Francia, che non estrae sul suo territorio un solo grammo di uranio.

G. Soriano

Questo testo è stato tradotto ed aggiornato a partire da quello in francese rintracciabile qui:

http://collectif-adn.fr/2023/Gianni-relance.html

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