Voglia di anarchismo

Il compleanno, l’ottantesimo compleanno, della Federazione Anarchica Italiana non poteva cadere in un momento migliore di questo.

In questi giorni un nuovo protagonismo delle masse occupa il centro della scena politica in Italia. Chi era abituato a considerare l’astensionismo il prodotto dell’indifferenza e del qualunquismo sarà senz’altro rimasto stupito dalla risposta che è stata data all’iniziativa della Global Sumud Flotilla, prima con una raccolta di beni di prima necessità che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone, poi con le mobilitazioni, gli scioperi, i blocchi, i cortei che hanno attraversato la Penisola in lungo e in largo. Una mobilitazione che non si è mossa su temi tradizionali, sindacali, parziali, ma sul tema della solidarietà verso altre persone, perfettamente sconosciute, che a più di duemila chilometri di distanza vengono colpite, affamate, massacrate con la complicità del governo italiano.

Una prima considerazione riguarda il livello di coscienza delle masse, che evidentemente è ben più alto di quanto si immaginasse il ceto politico, anche quello antagonista, e svela la profonda sfiducia verso chi ha tradito il sentimento delle masse su temi fondamentali come la povertà, le devastazioni ambientali, la guerra e verso chi ha agitato questi temi solo per qualche tessera in più o per qualche voto in più. Per questo le attiviste e gli attivisti della Flotilla sono diventati un punto di riferimento, perché si sono impegnati in modo generoso, interpretando il sentimento popolare.

Un’ulteriore considerazione merita il metodo di lotta, la riscoperta dei blocchi: è stato impedito l’attracco di navi che trasportavano armi, navi di compagnie israeliane, navi che provenivano o erano destinate ad Israele. Sono stati bloccati i porti, le stazioni ferroviarie, gli aeroporti, le autostrade. Il recente decreto sicurezza ha trasformato queste forme di lotta in azioni insurrezionali e, nonostante il decreto sicurezza, nonostante i proclami sulla legalità, il governo e le forze della repressione si sono rivelati impotenti di fronte al movimento di massa e in molte occasioni polizia e carabinieri si sono limitati a cercare di mettere ordine nel caos del traffico. In quelle occasioni in cui hanno cercato di mettersi di traverso hanno trovato pane per i loro denti. Dopo dieci giorni di mobilitazioni che hanno sconvolto l’Italia il Presidente della Repubblica che aveva invitato la Flotilla a cambiare rotta, ora tace; la presidente del consiglio parla di oscuri interessi riferendosi a chi chiede un atteggiamento più fermo nei confronti di Israele. Ma il movimento non è Giorgia Meloni, non è il governo che si fa dettare la politica estera dagli interessi dell’ENI, che ha ottenuto da Israele la concessione dell’esplorazione dei giacimenti di gas al largo di Gaza, e teme, nel caso lontanissimo che quei territori ritornino ad un ipotetico stato palestinese, di essere escluso dall’affare.

Un’ultima considerazione riguarda il fatto che i blocchi hanno messo in discussione, oltre al dominio del governo, il dominio della proprietà privata. Gli organismi di base che hanno fermato e costretto ad andarsene le navi hanno posto il problema del potere sul posto di lavoro, della possibilità, da parte di chi eroga la capacità lavorativa, di decidere che cosa e come produrre, gettando i semi di una nuova organizzazione sociale. Spetta ai sindacati far germogliare questi semi, accompagnando alla lotta per i diritti della classe lavoratrice lo sviluppo della coscienza di classe portatrice della nuova società.

Ci sono già tanti temi, agitati dalla Federazione Anarchica Italiana nella sua lunga storia, che si ritrovano in questo movimento: la capacità politica delle masse, la solidarietà, la coerenza tra mezzi e fine, l’azione diretta, l’autorganizzazione. Ma se l’anarchismo fosse solo questo, sarebbe poco di più di un sindacalismo o movimentismo libertario.

Quello che distingue l’anarchismo dagli altri movimenti politici non è semplicemente che non vuole andare al governo, ma la convinzione che l’abolizione del governo, o comunque la lotta intransigente contro l’istituzione e l’idea stessa di governo, è la premessa di ogni serio progresso sociale.

Il corteo del 4 ottobre ha posto il problema del governo; spetta ovviamente a noi far sì che la consapevolezza del ruolo centrale del governo, che comincia ad affacciarsi, non si traduca solo nella richiesta delle dimissioni del governo attuale, ma diventi convinzione dell’inutilità e della dannosità di ogni governo. Come dice il Programma della Federazione Anarchica Italiana “Noi dobbiamo sempre essere col popolo, e quando non riusciamo a fargli pretender molto, cercare che almeno cominci a pretender qualche cosa: e dobbiamo sforzarci perché apprenda, poco o molto che voglia, a volerlo conquistare da sé, e tenga in odio ed in disprezzo chiunque sta o vuole andare al governo”.

In questo senso il movimento attuale ha bisogno dell’anarchismo, della sua critica dell’ideologia che giustifica l’esistenza dell’apparato politico di classe, del governo appunto; abbiamo bisogno di militanti che sappiano indicare al movimento quegli atti concreti che, nei momenti alti di lotta, possano portare all’abolizione del governo.

Un passaggio importante è la consapevolezza che l’anarchismo non è solo uno stile di vita, ma la teoria rivoluzionaria delle classi sfruttate. Il movimento di queste settimane apre prospettive inaspettate per lo sviluppo dell’anarchismo classista e organizzatore, a condizione che le realtà anarchiche, individui o gruppi, siano coscienti della loro responsabilità di fronte al movimento di lotta, alla collettività, e sappiano sviluppare un’azione organizzatrice in contrasto con le tendenze accentratrici, autoritarie ed elettoraliste: in questa azione in particolare risiede l’avvenire del movimento, perché come è nato non tarderà a spengersi se le chiesuole politiche o sindacali avranno il sopravvento.

Questa azione sarà tanto più efficace quanto più sapremo liberarci dei paraocchi dogmatici con cui tanti hanno guardato alle mobilitazioni crescenti di questi due anni. Come diceva Malatesta, la Rivoluzione francese cominciò con gli appelli al re, e dopo tre anni il re veniva ghigliottinato.

Tiziano Antonelli

 

illustrazione di MANIKULAE SCRIPTORI

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