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Nessun lager né qui né altrove!

Nessun lager né qui né altrove!

Sabato 20 ottobre scorso un corteo, partecipato da circa duecentocinquanta persone, ha attraversato le strade di Gradisca d’Isonzo (una piccola città in provincia di Gorizia) e si è concluso di fronte all’ex caserma Polonio, dove fino alla fine del 2013 sorgeva uno dei peggiori CIE italiani, per dire no ad ogni ipotesi di riapertura di nuovo lager per migranti. Più che significativa la presenza anarchica e libertaria.

Il CIE di Gradisca – è doveroso ricordarlo – fu chiuso nel novembre 2013 a seguito delle innumerevoli rivolte scoppiate nel corso dell’estate, a causa delle insostenibili condizioni di reclusione, delle violenze e della sete di libertà dei migranti rinchiusi là dentro. Rimase invece aperto il CARA, destinato ai richiedenti asilo, che al momento occupa una parte dell’ex caserma.

Il decreto Minniti-Orlando, convertito in legge nell’aprile 2017, ha stabilito l’apertura di almeno un centro di reclusione, cambiando il nome da CIE a CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio), in ogni regione italiana. Scelta rilanciata dall’attuale ministro Salvini e dal presidente del Friuli Venezia Giulia Fedriga, che individuava proprio nell’ex CIE la sede per il futuro CPR.

Per contrastare questo progetto si è formata l’Assemblea No CPR – No Frontiere, che, dopo un primo presidio a Trieste, ha organizzato il corteo di sabato: una manifestazione determinata a rilanciare la lotta antirazzista in questo territorio, per impedire con ogni mezzo la riapertura del centro. Tra i vari interventi che si sono succeduti, è stata espressa la solidarietà del corteo ai reclusi del CPR di Torino portati in isolamento per essersi ribellati ed è stato ricordato Majid, morto il 30 aprile 2014, dopo otto mesi di coma, caduto dal tetto del CIE ad agosto dell’anno prima nel corso di una delle tante rivolte, represse a suon di lacrimogeni dalla polizia.

I lavori del CPR, iniziati da pochissimo, sono stati affidati al genio militare (blindando sia l’area interessata sia l’iter burocratico) e dovrebbero durare alcuni mesi. E’ previsto anche lo svuotamento del CARA e il trasferimento dei richiedenti asilo in altre strutture italiane, per far posto al CPR.

La manifestazione ha attraversato Gradisca ed è terminata davanti all’attuale CARA, invitando i richiedenti asilo a unirsi al presidio finale per portare le proprie testimonianze. Un invito pienamente raccolto: in molti hanno attraversato la strada e si sono avvicinati, dando vita ad un’assemblea spontanea ed autogestita. Le condizioni all’interno del CARA sono pesanti: pasti cattivi, porzioni esigue e sempre le stesse cose servite ogni giorno; inoltre le persone vengono perquisite ogni sera e viene impedito loro di portare alimenti da fuori, creando uno stato di forte repressione e malessere. Per alcune ore però si è respirata una salutare aria di libertà e condivisione, fuori dalle mura di un luogo che dovrebbe essere di accoglienza ma nei fatti è una prigione, in cui la polizia ha libero accesso e controllo.

Quella di sabato è stata una delle prime tappe di un percorso lungo, che da qui ai prossimi mesi vogliamo sviluppare su tutto il territorio regionale, per impedire l’apertura di un nuovo CPR e sostenere la libera circolazione di tutte e tutti dovunque.

UN reporter

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