La sanità pubblica è la “rana bollita” dei nostri tempi: questo principio descritto da Noam Chomsky si adatta bene a quanto sta succedendo alla sanità negli ultimi decenni: “Questa è la tecnica standard per privatizzare: togli i fondi, ti assicuri che le cose non funzionino, la gente si arrabbia e tu consegni al capitale privato”.
Questa è la logica che ha attraversato le politiche sanitarie in tutti i paesi d’Europa: le politiche di austerità europee e i vincoli di bilancio, con il pareggio di bilancio introdotto anche nella nostra costituzione nel 2012, hanno portato al progressivo definanziamento e depotenziamento del Servizio Sanitario pubblico.
Nonostante la pandemia abbia mostrato, con il suo milione e mezzo di morti, le conseguenze di anni di tagli al sistema sanitario, la salute continua a non essere un obiettivo prioritario ma terreno di conquista per imprese private, assicurazioni (ora previste anche nei contratti nazionali) e finanza.
Mentre ambiente sempre più inquinato, condizioni di lavoro sottopagato e precario, bassi salari e povertà, scarsa sicurezza sui posti di lavoro, disuguaglianze sociali, caro vita e caroaffitti peggiorano lo stato di salute, l’accesso alle cure di cui lavoratori e popolazione hanno bisogno si allungano sempre di più.
La sanità pubblica resta la cenerentola degli investimenti di tutti i governi che si sono succeduti in questi anni, che invece non lesinano le risorse da destinare alle guerre, all’aumento delle spese militari e al sostegno dei paesi amici.
E mentre la spesa sanitaria continua a calare avvicinandosi sempre più al 6% del PIL, aumenta la percentuale del fondo sanitario destinato al settore privato che fa business sulla malattia e che sempre di più si inserisce nel SSN attraverso convenzioni, accreditamenti, concessioni, appalti…
Un privato che fa business anche riducendo i costi per il personale, per la sicurezza, tagliando diritti e stipendi per i lavoratori del settore.
Oggi, secondo i dati del Ministero della Salute, il 48,6% dell’assistenza ospedaliera è privata, l’84% dell’assistenza residenziale è privata, il 73% dell’assistenza semiresidenziale è privata, l’82% dell’assistenza riabilitativa ex art. 26 è privata.
Una tendenza che attraversa tutta l’Europa e che ha portato già dal 2012 alla creazione della “Rete europea contro la privatizzazione e la commercializzazione della salute” che recentemente ha adottato il suo nuovo nome “Rete europea: la salute non è in vendita”.
Alla rete aderiscono organizzazioni di diversi paesi europei che condividono la lotta contro la commercializzazione della salute,con una visione della salute come diritto umano fondamentale legato a determinanti sociali ambientali ed economici.
Da anni la rete organizza nella giornata del 7 aprile, definita dall’OMS la Giornata internazionale della salute, iniziative in diversi paesi europei tese a sensibilizzare sui seguenti temi:
Finanziamento pubblico sufficiente per i servizi sanitari pubblici contro le derive commerciali e privatistiche, per l’accessibilità alle cure per tutte e tutti, per migliorare le condizioni di lavoro di chi opera nel settore, garantendo la qualità delle cure.
Per organizzare iniziative coordinate in tale scadenza, è stato lanciato un appello affinché possano essere unite le forze di chi si batte per il diritto alla salute di cui diamo una sintesi in questa pagina.