Avevamo scritto, in seguito al risultato elettorale, che i vincitori non avevano assolutamente vinto, mentre i vinti avevano sicuramente perso. A meno di assistere a qualche miracolo, nessuna forza in campo, con le rispettive percentuali elettorali, sarà in grado di creare un Governo stabile per la prossima Legislatura. Nel frattempo, abbiamo assistito ad un vergognoso baratto di voti fra l’M5S ed il Centrodestra per leggere i Presidenti della Camera e del Senato.
Nel teatrino parlamentare è andato in scena uno spettacolo degno della peggiore politica consociativa del vecchio sistema dei partiti: dopotutto, i presunti vincitori delle elezioni qualcosa dovevano portare a casa, nonostante le proteste dei militanti pentastellati scaraventati improvvisamente nel salotto di Berlusconi. Ma da qui a costituire un Governo ce ne corre, nella misura in cui i due schieramenti hanno interessi e riferimenti diversi, pur avendo tante caratteristiche in comune.
Entrambi questi partiti aspirano a rappresentare la famosa classe media, che in una fase economica recessiva è strutturalmente portata verso l’autoritarismo, e le piccole-medie imprese, quelle in cui si registra una bassissima sindacalizzazione ed in cui vigono rapporti di lavoro estremamente sbilanciati dalla parte del padronato. È naturale quindi che questi due partiti siano portatori di una visione autoritaria e repressiva, moralista – una morale del genere “chiagni e fotti” – e repressiva. Se il M5S ha una base più composita, ma una dirigenza che nel corso degli anni si è ben definita ed assume diverse sfumature – comunque caratterizzate da un estremo opportunismo e da voltafaccia repentini: si veda la questione delle olimpiadi – la Lega Nord è la perfetta rappresentanza politica di quella miriade di piccoli medi imprenditori del Nord-Est che, incalzati dalla concentrazione di capitale verso gli oligopoli e intaccati nel proprio profitto da quasi un decennio di crisi, hanno scaricato i costi sui lavoratori dipendenti, italiani e stranieri, puntato tutto sulla necessità di tenere divisi su base razziale i lavoratori stessi e che hanno fatto loro l’ideologia sovranista.
Non ci illudiamo quindi: queste due forze, che si vadano ad alleare o meno, saranno portatrici di proposte repressive e autoritarie che nulla avranno da invidiare a quelle portate avanti da Minniti.
Queste elezioni hanno fatto saltare il formale bipolarismo destra-sinistra ridimensionando i partiti tradizionali con la secca sconfitta del Partito Democratico. Non solo, hanno dato consenso ai due movimenti, l’M5S e la Lega, che svilupperanno politiche autoritarie, razziste ed interclassiste a prescindere da qualsiasi combinazione governativa. Sarà difficile per queste due forze divergenti trovare un punto di mediazione per uscire da questa situazione complessa e debole sia sul piano dei numeri in loro possesso, sia sul piano delle proposte illusorie che hanno propinato durante tutta la campagna elettorale.
Registreremo sicuramente, come si è già visto dal primo giro di consultazioni, un intervento deciso da parte del Capo dello Stato, che cercherà un’invenzione istituzionale finalizzata a costruire un Governo “di scopo” che allontani il più possibile il pericolo di nuove elezioni anticipate. Questa soluzione potrebbe essere realizzata attraverso la messa in campo del fantomatico “terzo uomo”, sostenuto dalle “riserve della Repubblica” per avviare la nuova Legislatura. Siamo quindi in presenza di una vistosa instabilità del quadro politico destinata a protrarsi nel tempo, creando nuove incertezze sociali che vedranno il Paese entrare in una campagna elettorale permanFai Reggianaente.
Da qua a pochi mesi si terrà una tornata di elezioni amministrative e nel 2019 vi saranno le europee. È facile prevedere che davanti a noi avremo un anno abbondante di campagna elettorale permanente, ovviamente giocata sulla pelle degli sfruttati. Possiamo pacificamente prevedere il rafforzarsi di quelle “narrazioni tossiche” basate su securitarismo e razzismo che hanno impestato il discorso pubblico degli ultimi anni.
Di fronte a questa situazione, gli anarchici dovranno attrezzarsi per condurre una battaglia astensionista di lunga durata, che entri in contatto con il crescente allontanamento dalla politica da parte dei cittadini, proponendo loro dei percorsi autogestionari. Questo astensionismo sociale, è bene ripeterlo, deve incontrare delle motivazioni politiche di segno libertario per assumere un carattere trasformativo dell’esistente.
Il nostro compito sarà quello di sperimentare un nuovo protagonismo dal basso abbandonando tanto la logica minoritaria quanto la postura accademica che a volte inconsapevolmente trasmettiamo.
L’anarchismo sociale e federalista si conferma con una presenza militante nelle situazioni mettendo al centro della sua iniziativa l’astensionismo come momento di rottura dei meccanismi della delega che stanno alla base di qualsiasi politica autoritaria. La prima ipotesi di questo lavoro potrebbe essere la costruzione di presidi astensionisti, insieme ai lavoratori e ai giovani che non hanno votato, per diffondere un nuovo processo partecipativo che faccia a meno dei rituali delle istituzioni democratiche.
Fai Reggiana