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La rivoluzione dietro l'angolo

La rivoluzione dietro l'angolo

Il libro di Michele Presutto, La rivoluzione dietro l’angolo: gli anarchici italiani e la Rivoluzione messicana, 1910-1914, Foligno, Editoriale Umbra, 2017 (euro12,00) sviluppa un tema finora ben poco trattato dalla storiografia, quello del difficile rapporto tra il Partido Liberal Mexicano dei fratelli Ricardo ed Enrique Flores Magón ed il movimento anarchico italo-americano nel corso della Rivoluzione messicana.

Il movimento magonista aveva attivamente lavorato negli anni precedenti per suscitare una rivoluzione in Messico, soprattutto grazie all’abile opera organizzativa di Práxedis Guerrero; quando il 20 novembre 1910 Francisco Madero dà il via al moto generale contro il ditttatore Porfirio Diaz lo stesso Práxedis Guerrero guida una spedizione armata nello stato di Chihuahua, trovandovi però la morte.

Le cose vanno inizialmente meglio in Bassa California. Qui tra gennaio e maggio 1911 una eterogenea spedizione ispirata dai fratelli Magón riesce ad impadronirsi di Mexicali e Tijuana, sconfiggendo le truppe federali ed innalzando la bandiera rossa della rivoluzione sociale con impresse le parole “Tierra y Libertad”.

Il libro prende le mosse proprio da questo episodio. La rivoluzione dietro l’angolo, a poche miglia da San Diego in California (USA) galvanizza gli ambienti rivoluzionari statunitensi, la stampa di movimento ne parla, accorrono volontari.

Lo stesso Ricardo Flores Magón rivolge un appello agli anarchici per rafforzare il carattere rivoluzionario della spedizione.

L’autore ricostruisce la biografia di una trentina di anarchici italiani che partecipano al moto. All’entusiasmo segue però rapidamente la disillusione. Il 10 giugno “Cronaca sovversiva” pubblica un comunicato sottoscritto da otto volontari, che prendono pubblicamente le distanze da un movimento definito “nè politico né sociale” insomma “una turlupinatura”(p. 71-72). A Tijuana, scriverà in seguito uno di questi volontari, Guglielmo Pasquini, “una maggioranza di avventurieri (…) prevaleva su una minoranza onesta” (p. 63).

Il comunicato scatena una dura polemica sulla stampa anarchica italo-statunitense, Da un lato ”Cronaca sovversiva” di Luigi Galleani prende nettamente posizione contro il movimento magonista, dall’altra “L’Era nuova” lo sostiene. “Chi troppo ragiona, difficilmente combatterà mai (…) Può esistere una rivoluzione senza avventurieri, senza pescatori nel torbido ?”, scrive Adolfo Antonelli, invitando ad un sano realismo (p. 73). La stessa “Regeneración”, organo del PLM, che esce in spagnolo con una sezione in inglese curata da William Owen, decide di entrare nel vivo della discussione iniziando la pubblicazione anche di un’apposita sezione in italiano affidata a Ludovico Caminita.

In Bassa California intanto accade il peggio, nel moto prendono il sopravvento alcuni filibustieri (che addirittura si propongono l’annessione agli Stati Uniti) ed in giugno le truppe federali sconfiggono definitivamente gli insorti.

La sconfitta acuisce la polemica. Gli antiorganizzatori la attribuiscono all’assenza di un genuino programma rivoluzionario, gli organizzatori la addebitano al contrario alla mancanza di un solido sostegno internazionalista alla rivoluzione, che ha lasciato campo libero a personaggi ambigui.

Centro della polemica è il carattere rivoluzionario o meno del programma del Partido Liberal Mexicano e del moto messicano dove, nel frattempo, Francisco Madero da “apostolo della rivoluzione” si è rapidamente trasformato in erede del regime del deposto dittatore Diaz.

Attraverso la stampa anarchica di lingua italiana la polemica si estende a livello internazionale. Prendono posizione, tra gli altri, “L’Avvenire” di Pisa, “La Protesta” di Buenos Aires, “Il Risveglio/Le Revèil” di Ginevra, “A Lanterna” di Rio de Janeiro, il parigino “Les Temps Nouveaux”, il cubano “Tierra”… Intervengono alcuni dei militanti più noti dell’epoca come Pierre Martin, Charles Malato, Voltairine de Cleyre, Jean Grave, Piotr Kropotkin, Errico Malatesta.

L’analisi forse più chiara è quella di Kropotkin (non a caso geografo ed antropologo) che evidenzia la sostanziale incomprensione culturale dei militanti di origine europea, che alla ricerca di “una campagna garibaldina” non riescono ad entrare in sintonia con il ribellismo primitivo del mondo rurale messicano (p. 121-122). L’anarchismo internazionale fatica infatti a comprendere le idee dei Flores Magón e del movimento di Emiliano Zapata, che innalza come bandiera lo stendardo della “Virgen de Guadalupe” (p. 89).

Questa incomprensione di fondo incrinerà notevolmente la solidarietà internazionale nei confronti della rivoluzione messicana, mentre altri gravi eventi (guerra italo-turca, settimana rossa, prima guerra mondiale, rivoluzione russa) distrarranno definitivamente l’attenzione dalle interminabili e poco decifrabili vicende messicane.

Oltre a questo, che costituisce il tema principale, il saggio riesce a condensare in sole 169 pagine una messe notevole di spunti critici diversi, che avrebbero sicuramente meritato una trattazione più ampia (l’eredità del volontarismo internazionalista di matrice garibaldina, i rapporti tra l’emigrazione ispanica e quella italiana, la situazione sociale negli Stati Uniti meridionali).

Mauro De Agostini


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