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Zero in condotta

Zero in condotta

zero_in_condotta-1“‬Non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte tira il vento.‭”
‬Bob Dylan‭
Siamo nel pieno di una radicale trasformazione dell’organizzazione della scuola pubblica imperniata sull’accrescimento rapido,‭ ‬per molti versi ancora da sperimentare appieno ma certo rilevante e ben definita come direzione di marcia dei poteri dei dirigenti scolastici,‭ ‬sullo spostamento di una quota di retribuzione dalla paga base,‭ ‬in caduta libera,‭ ‬a premi e/o benefit,‭ ‬sulla chiamata diretta da parte dei dirigenti in occasione delle immissioni in ruolo e dei trasferimenti.
Oggi,‭ ‬e comprensibilmente,‭ ‬l’attenzione si concentra sulle tensioni derivanti da una politica del reclutamento che sembra costruita per determinare tensioni,‭ ‬inefficienze,‭ ‬malessere.
Basta per avere un’idea a questo proposito,‭ ‬guardare ai colleghi ed alle colleghe costretti,‭ ‬in cambio dell’assunzione a tempo indeterminato,‭ ‬ad accettare cattedre in città lontanissime dalla propria quando l’età media dei neoimmessi in ruolo e la loro situazione familiare non possono che determinare situazioni di gravissimo disagio e mobilitazioni magari parziali dal punto di vista degli obiettivi ma vivaci assai,‭ ‬alle‭ “‬concessioni‭” ‬governative consistenti in un parziale rallentamento del processo rimodulato sulla base di una contrattazione informale fra insegnanti e ceto politico anno dopo anno,‭ ‬alle esigenze diverse dei segmenti,‭ ‬appunto,‭ ‬diversi che compongono la categoria che,‭ ‬in particolare al sud,‭ ‬vedono divaricarsi neoassunti e precari,‭ ‬ai ritardi nell’espletamento delle operazioni,‭ ‬a scelte su questioni di grande rilevanza diverse ad opera dei diversi uffici scolastici provinciali.‭
Ovviamente su quest’ordine di questioni va sviluppata un’iniziativa di denuncia puntuale e di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori danneggiati da una situazione che riesce ad essere peggiore,‭ ‬e non di poco,‭ ‬rispetto ad un passato non certo brillante dal punto di vista dell’efficienza.
Questa resistenza,‭ ‬d’altro canto,‭ ‬tende ad applicarsi o sugli eccessi di zelo da parte di singoli dirigenti,‭ ‬si pensi a quelli che hanno chiesto informazioni sulla possibile maternità alle docenti da loro convocate per la chiamata diretta,‭ ‬o sulle rivendicazioni,‭ ‬legittime ma inevitabilmente limitate,‭ ‬dei segmenti della categoria più pesantemente colpiti come i colleghi costretti ai trasferimenti coatti ed i precari chiamati all’assunzione in un posto in ruolo in condizioni di non trasparenza,‭ ‬d degrado,‭ ‬di mancanza di posti di lavoro facilmente raggiungibili ecc.,‭ ‬per non parlare di una burocrazia scolastica balcanizzata che decide nel merito di questioni importanti non si sa sulla base di quali criteri facendoci quasi‭ – ‬insisto sul quasi‭ – ‬rimpiangere‭ ‬la scuola del ministero che pure abbiamo con forza combattuto per decenni.
In estrema e provvisoria sintesi,‭ ‬se ci si tiene sulla difensiva o comunque si regola la propria azione e la propria denuncia sulle singole nefandezze del governo si rischia di ridursi alla paradossale rivendicazione di una scuola della dirigenza trasparente,‭ ‬legalitaria,‭ ‬efficiente dimenticando che il problema è esattamente quello di combatterla in radice.
Vale,‭ ‬nel frattempo,‭ ‬la pena di ragionare su come l’opposizione alla legge‭ ‬107‭ ‬può e deve riattrezzarsi per svolgere al meglio il proprio compito di,‭ ‬appunto,‭ ‬opposizione,‭ ‬orientamento,‭ ‬proposta dentro e contro la scuola della dirigenza.
Ritengo evidente,‭ ‬lo stiamo sperimentando sul campo,‭ ‬che la scuola nuovo modello vedrà la necessità di un’azione‭ ‬meglio organizzata,‭ ‬basata su di una solida conoscenza della normativa e,‭ ‬soprattutto,‭ ‬animata dalla partecipazione diretta del maggior numero possibile di colleghe e di colleghi.
Credo che,‭ ‬a questo fine,‭ ‬vadano individuati,‭ ‬senza nascondersi le difficoltà a partire da ciò che concretamente siamo.‭ ‬Per un verso la scuola vede,‭ ‬da decenni,‭ ‬movimenti di massa magari imponenti ma di breve durata,‭ ‬movimenti,‭ ‬dobbiamo ammetterlo,‭ ‬reattivi che si sviluppano cioè come risposta alle forzature dell’avversario.
Teniamoci all’ultima esperienza,‭ ‬dopo lo sciopero di inizio maggio del‭ ‬2015‭ ‬e dopo che la legge‭ ‬107‭ ‬è passata,‭ ‬ci siamo lasciati con lo slogan‭ – ‬chi scrive non era proprio convinto ma non è questo il punto‭ – “‬Ogni Scuola Sarà una Barricata‭”‬! Slogan indubbiamente suggestivo,‭ ‬un vero grido di guerra.‭ ‬Peccato che nell’anno scolastico‭ ‬2015/16‭ ‬la categoria sia piombata in catalessi,‭ ‬che si sia scoperto che la fortezza era occupata e che noi siamo dei franchi tiratori.
La spiegazione della‭ ‬débâcle è sin banale,‭ ‬frantumati scuola per scuola,‭ ‬posti di fronte a dirigenti più forti che in passato e circondati‭ ‬da staff di fedeli fidati,‭ ‬a petto della ritirata con la coda fra le gambe dei sindacati istituzionali e dei limiti di quelli di opposizione,‭ ‬una categoria che non brilla certo per carattere leonino e che non può essere certo comparata per quanto riguarda la disponibilità alla lotta ai lavoratori della logistica,‭ ‬si è ritirata nell’adattamento individuale o,‭ ‬al massimo,‭ ‬nella resistenza situazione per situazione e segmento per segmento.
Partendo da questi dati di fatto,‭ ‬si possono immaginare dei percorsi di lotta e di organizzazione tali da permetterci di riprendere l’iniziativa.‭ ‬In primo luogo,‭ ‬dobbiamo lavorare a costruire,‭ ‬dove se ne danno le condizioni,‭ ‬dei collettivi di scuola e/o di zona che permettano una discussione,‭ ‬azione,‭ ‬proposta partecipata dal maggior numero possibile di lavoratrici e lavoratori.
Va,‭ ‬insomma,‭ ‬contrastata la tendenza a pensare all‭'”‬organizzazione‭” ‬come ad una massa indifferenziata di iscritti che sono in relazione con un centro in maniera episodica tipica dei sindacati concertativi che basano il proselitismo quasi esclusivamente,‭ ‬se non esclusivamente,‭ ‬sull’erogazione di servizi o di quelli specializzati in ricorsi che organizzano i lavoratori,‭ ‬appunto,‭ ‬come‭ “‬ricorrenti‭” ‬inchiodati a una serie infinita di vertenze legali a favore di un modello che prevede una forte partecipazione alla vita delle organizzazioni che si decide di darsi.
Sempre al fine di favorire la partecipazione attiva,‭ ‬vanno costituiti dei gruppi di lavoro che seguano gli specifici settori nei quali si articola il personale della scuola.‭ ‬Non si tratta di inventare nulla,‭ ‬servono gruppi che lavorino su secondaria,‭ ‬primaria e infanzia,‭ ‬educatori,‭ ‬ata e precari e su altre specifiche questioni.‭
Questi gruppi hanno ovviamente bisogno di autonomia funzionale sulle questioni di loro pertinenza e,‭ ‬nel contempo,‭ ‬di una forte integrazione nella discussione generale dei lavoratori della scuola.‭ ‬Dobbiamo,‭ ‬insomma,‭ ‬tener presenti le specificità evitando‭ ‬sia‭ ‬l’ideologismo‭ – ‬è un idiozia immaginare che un collaboratore scolastico‭ ‬abbia gli stessi problemi di un professore di liceo‭ – ‬sia la frammentazione.‭ ‬Un percorso difficile,‭ ‬destinato a subire scacchi,‭ ‬ma assolutamente necessario.‭ ‬Faccio un solo esempio a questo proposito:‭ ‬lo sciopero del‭ ‬18‭ ‬marzo di CUB,‭ ‬SI Cobas e USI,‭ ‬ha avuto un imprevisto successo nelle scuole a causa del fatto che coincideva con lo sciopero indetta da FederATA,‭ ‬un piccolo sindacato autonomo che organizza il personale non docente,‭ ‬non perché FederATA sia una forza della natura mai scoperta prima ma perché molti collaboratori scolastici,‭ ‬assistenti amministrativi ed assistenti tecnici hanno sentito uno sciopero‭ “‬loro‭” ‬come un’occasione per dare voce,‭ ‬visibilità dimensione pratica ad uno scontento crescente derivante dal secco aumento dei carichi di lavoro.‭ ‬Un caso,‭ ‬per certi versi,‭ ‬ma un caso che rimanda ad una necessità e cioè al bisogno di rispondere al peggioramento della situazione dei settori più deboli dei lavoratori pena il regalarli a clientele politiche o a sindacati corporativi.
Altre importanti questioni sono all’ordine del giorno,‭ ‬a partire da quello della libertà di assemblea,‭ ‬di sciopero,‭ ‬di organizzazione.‭ ‬Per quanto riguarda gli RSU,‭ ‬la cui elezione è condizione legalmente necessaria per aver diritto ad un sia pur limitato diritto di assemblea,‭ ‬laddove‭ ‬si decida di utilizzare questo strumento,‭ ‬non possiamo ridurci ad organizzare la campagna per l’elezione dei nuovi RSU all’ultimo momento,‭ ‬va programmata in anticipo,‭ ‬vanno individuati colleghi e colleghe disponibili,‭ ‬va chiarito che,‭ ‬senza sottovalutare la contrattazione di istituto,‭ ‬è vitale avere RSU se vogliamo avere la possibilità di partecipare alle assemblee,‭ ‬condizione senza la quale il lavoro sindacale rischia di ridursi alla tutela individuale.‭ ‬Ma pensare che reggere un certo numero di RSU‭ “‬contrastivi‭” ‬sia sufficiente è follia:‭ ‬in questi anni abbiamo verificato sul campo come rischino di essere vere e proprie trappole che ingabbiano l’attività dei militanti più combattivi in un’attività defatigante a livello di singolo istituto.‭
Concludo queste mie,‭ ‬assai parziali,‭ ‬riflessioni ribadendo che,‭ ‬al di là,‭ ‬delle soluzioni tecniche,‭ ‬dobbiamo pensare a un modello di organizzazione dell’opposizione fortemente coinvolgente e partecipativo come condizione per essere di stimolo a futuri e,‭ ‬si spera,‭ ‬più incisivi movimenti.
Cosimo Scarinzi


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