di Tiziano Antonelli
Il 2 dicembre si terrà lo sciopero generale nazionale di tutte le categorie, pubbliche e private, per il recupero dei salari e delle pensioni dell’inflazione reale, la cancellazione degli aumenti delle tariffe, per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, contro la guerra e l’economia di guerra, fra gli altri obiettivi.
Lo sciopero, indetto il 24 settembre dai sindacati di base e conflittuali, è un altro passo del percorso di collaborazione fra le varie sigle della galassia alternativa, e rappresenta un appuntamento centrale per il movimento rivoluzionario e quello anarchico.
Dall’inizio dell’anno si susseguono gli allarmi delle istituzioni di ricerca sul rischio di crisi sociale, in conseguenza dell’aggravarsi della crisi economica da cui non siamo mai usciti, e dalla crisi politica che investe la credibilità dei governi e delle organizzazioni sovranazionali che li raggruppano.
All’inizio dell’anno è stato proprio il “Rapporto sui rischi globali”, presentato al Forum economico mondiale di Davos, ad inserire il rischio sociale fra quelli più gravi nel breve periodo. A luglio poi è stato pubblicato il Rapporto ISTAT sulla situazione del paese che metteva in evidenza la crescita della povertà e l’aumento della disuguaglianze sociali, accompagnati da un crescente impoverimento dei lavoratori. La presentazione di questo rapporto è stata l’occasione colta dalla CGIL per scatenare l’ennesima bagarre inconcludente. Il 9 settembre, infine, è stato pubblicato il rapporto OCSE sui salari; secondo questo rapporto, i salari nell’area OCSE diminuiranno del 2,3%, mentre in Italia diminuiranno del 3% rispetto all’anno precedente.
La risposta del sindacalismo di base e conflittuale è necessaria ma insufficiente: il peggioramento delle condizioni di vita della classe operaia e dei ceti popolari è indispensabile per la sopravvivenza del modo di produzione basato sul profitto individuale, e nessun governo andrà contro gli interessi della classe economicamente potente.
Le politiche economica, finanziaria e monetaria saranno perseguite in continuità fra il governo Draghi dimissionario e il governo che uscirà dalle nuove Camere: la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza è stato scritto a quattro mani dal vecchio Governo e dalle liste che hanno vinto le elezioni del 25 settembre, e il governo Draghi aveva fissato nel 2,5% il limite massimo per gli aumenti contrattuali.
La lotta per gli aumenti contrattuali auspicati dai sindacati di base esce quindi dalla sfera contrattuale e dalla dimensione economica per assumere la dimensione politica della lotta contro il Governo, contro la politica di miseria crescente portata avanti dai governi vecchi e nuovi. Sappiamo bene che solo la minaccia dell’insurrezione può mettere un freno alle politiche antipopolari del Governo.