È passato più di un secolo dalla Marcia su Roma. Le canzoni hanno seguito, e segnato, ogni passo delle lotte contro Mussolini e i suoi successori. Anche in piena dittatura la satira era un dardo appuntito nella faretra degli antifascisti, perché l’opposizione al fascismo si può fare anche ridendo di gusto.
1 Fausto Amodei – Se non li conoscete
2 Silvana Fioresi e Trio Lescano – Pippo non lo sa
3 Liliana Lanzarini – Vandalisti, vandalisti
1 Fausto Amodei – Se non li conoscete
Fausto Amodei ha cominciato ufficialmente la sua carriera negli anni ’50 con l’esperienza letterario-musicale del Cantacronache. Nel decennio successivo si delineerà il suo stile nella collaborazione con il Nuovo Canzoniere Italiano, sia come cantautore che come strumentista incidendo coi Dischi del Sole. Nelle sue canzoni Amodei ha saputo sintetizzare cultura e lotta nei testi, con musiche popolari e degli chansonnier francesi. Molti brani riescono a rendere comprensibili concetti e fenomeni come fossero tomi di saggistica, la peculiarità di Amodei forse è quella di riuscire a coniugare la satira con la militanza. Ad eccezione di “Morti di Reggio Emilia” i suoi componimenti infatti mantengono quasi sempre un tono ironico, non disdegnando anche qualche parolaccia nel declamare posizioni politiche. Fausto Amodei è autore di una delle prime canzoni sulla Resistenza non scritta da un ex-partigiano, come evidenzia lo stesso titolo: “Partigiani fratelli maggiori”. L’antifascismo è un tema ricorrente nella sua produzione, “Morti di Reggio Emilia”, il suo brano più celebre, è entrata a far parte del repertorio dei canti di lotta a partire dagli anni ’60. Fausto è scomparso nel settembre del 2025, è doppiamente importante ricordarlo con uno dei suoi componimenti senza tempo. “Se non li conoscete” è un pezzo divertente – e intelligente – in cui l’autore ci mostra i fascisti: tronfi nei loro culti pacchiani, collusi nelle Stragi di Stato, i loro slogan frivoli, classisti, guerrafondai e imperialisti. “Se non li conoscete guardateli un minuto / li riconoscerete dal tipo di saluto, / lo si esegue a braccio teso mano aperta e dita dritte / stando a quello che si è appreso dalle regole prescritte. / È un saluto singolare fatto con la mano destra / come in scuola elementare si usa far con la maestra, / per avere il suo permesso ad assentarsi e andare al cesso! / Ora li riconoscete senza dubbio a prima vista / solamente chi è fascista fa questo saluto qui”. Amodei passa in rassegna simboli, riti e stereotipi dei (neo)fascisti per smontarli, deriderli e offenderli punto per punto. Il brano fa anche riferimento esplicitamente al Movimento Sociale di Almirante, i fascisti “da conoscere” non sono spariti dopo il 1945. “Se non li conoscete guardate il capobanda / è un boia o un assassino colui che li comanda, / sull’orbace s’è indossato la camicia e la cravatta / perché resti mascherato tutto il sangue che lo imbratta. / Ha comprato un tricolore e ogni volta lo sbandiera / che si sente un po’ l’odore della sua camicia nera, / punta a far l’uomo da bene fino a quando gli conviene! / Ora lo riconoscete Almirante è sempre quello, / con il mitra e il manganello ben nascosti nel gilet”.
Il titolo di Amodei riprende il primo verso di una canzone scritta dagli Arditi durante la Prima Guerra Mondiale: “Se non ci conoscete guardateci dall’alto / noi siam le fiamme nere del battaglion d’assalto”, che il cantautore volge alla terza persona singolare. Fin dal 1919 i neonati fascisti coniarono dozzine di questi brevissimi componimenti come “Se non ci conoscete, o bravi cittadini, / noi siamo delle schiere di Benito Mussolini”, tutti venivano conclusi da un chiaro riferimento alle trincee del primo conflitto mondiale: “Bombe a man / e carezze col pugnal!”. Oggi sul web si possono trovare reparti dell’esercito italiano che la cantano mescolando – forse non per tentativi filologici – strofe della Grande Guerra con altre dei Fasci di Combattimento.
Il testo di “Se non li conoscete” è corposo e gustoso, l’autore deve essersi divertito a rincarare la dose di strofa in strofa, e ci consegna una fotografia di come e cosa siano davvero i fascisti, sia quelli in camicia nera che quelli dalla fiamma tricolore. Con i dovuti aggiornamenti il testo potrebbe essere recuperato, quasi pedagogicamente, anche ai giorni nostri.
2 Silvana Fioresi e Trio Lescano – Pippo non lo sa
“Pippo non lo sa” è una canzone scritta da Mario Panzeri e Nino Rastelli nel 1940, che fin dall’epoca riscosse successo, ma la fortuna del brano è proseguita con interpretazioni apprezzate negli anni ’60 e se ne annoverano anche cover recenti e forse impensabili. “Ma Pippo, Pippo non lo sa / che quando passa ride tutta la città / e le sartine, / dalle vetrine, / gli fan mille mossettine”. Il testo appare abbastanza frivolo e forse ingenuo, ad oggi può apparire criptico, ma l’incerta identità di questo stravagante Pippo generò pericolose ambiguità negli anni ’40. La canzone non si è ritagliata un posto nella storia della musica italiana solo per lo swing composto da Gorni Kramer, che in tempi di baionette autarchiche e stivali di cartone bisognava chiamare “ritmo sincopato”. Nel protagonista del brano tanti riconobbero la goffaggine di molti gerarchi ed in particolare la figura di Achille Starace, segretario generale del PNF e comandante della MVSN. Come gli era già capitato con “Maramao perché sei morto”, Panzeri venne messo sotto accusa dalla censura fascista, ed è per questo motivo che “Pippo non lo sa” è divenuta una canzone della fronda, ovvero uno di quei componimenti che attaccavano il regime fascista ricorrendo a delle allusioni. “Sopra il cappotto porta la giacca / e sopra il gilè la camicia. / Sopra le scarpe porta le calze, / non ha un botton / e con le stringhe tien su i calzon”. È incredibile come la repressione totalizzante del Ventennio non permette bene di capire se questi componimenti, con testi innocui e quasi ridicoli, fossero il frutto di astute cospirazioni degli autori o invece se la patetica censura mussoliniana incappasse in clamorosi eccessi paranoici. Ecco allora che forse ciò che conta davvero è il significato che questi brani hanno assunto nell’immaginario. Esistono diverse dichiarazioni degli autori del brano rispetto a chi fosse l’amico di Topolino protagonista della canzone. Secondo Rastelli, “Pippo” era un goffo garzone di un negozio; mentre nel 1962 Kramer raccontò di un dialogo avvenuto a seguito di un concerto in cui i ritmi “negroidi” – come venivano chiamati italianamente – e la musica americana (swing, jazz, fox-trot) richiesti dal pubblico vennero fortemente osteggiati dal Regime. Kramer chiese allora consiglio al Maestro Pippo Barzizza, che non rispose al dilemma su come conciliare “americanofili e autarchici” e così mettendo in musica quella risposta diede vita a “Pippo non lo sa”. La prima interpretazione vedeva Silvana Foresi cantare assieme al Trio Lescano. Il trio era composto dalle tre sorelle olandesi Leschan naturalizzate italiane che daranno voce ai più celebri brani dell’epoca. Accusate di spionaggio e per le loro origini ebraiche, le cantanti dovettero interrompere la loro carriera. Riusciranno a salvarsi, ma nel dopoguerra per la loro musica non c’era più spazio in Italia, dovranno così espatriare e verranno a lungo dimenticate.
3 Liliana Lanzarini – Vandalisti, vandalisti
“Giovinezza” era l’“Inno Trionfale del Partito Nazionale Fascista”, la musica risaliva all’“Inno degli studenti” di inizio secolo (“Commiato”), durante la Grande Guerra il brano conobbe la prima rivisitazione del testo per divenire “Giovinezza”, ma all’epoca era “Inno degli Arditi”. Da quel momento fioriranno diverse versioni fasciste, come già suggeriva il sottotitolo definitivo dell’inno. Ma sull’aria del “Commiato” si ramificheranno molti componimenti iscrivibili nella tradizione del movimento operaio e del nascente canto antifascista, oltre a “Fiume o morte” e alla versione dei “sindacalisti nazionali corridoniani”. Le versioni antifasciste insistono sul carattere violento e anti-proletario delle squadracce di “baldi giovani” (come “Delinquenza, delinquenza”). La parodia di “Giovinezza” qui riportata viene intonata da Liliana Lanzarini, la testimone racconta: “Eravamo a sbattere la canapa in campagna, e dicevano: «Dai bambini adesso cantiamo». C’è una schiera di briganti / di banditi stipendiati, / si accaparra gli incoscienti / per dei fini scellerati. / Con la regia protezione / fan gli eroi del buon mercato, / contro l’inerme proletariato / compiono vandalità. / Vandalisti vandalisti / prepotenti svergognati, / non sarete più pagati / la cuccagna la finirà!”. L’anziana signora canta due strofe con il ritornello, proprio secondo lo schema del noto Inno fascista. Oltre alle strofette Liliana espone anche gli insegnamenti del padre: “Mi ricordo che diceva: di non tradire mai la classe operaia, mai; di non essere completamente servitori dei padroni; fare il suo dovere, con onestà. […] Avevo 15 anni che mio papà mi ha incominciato a spiegare tutto.” Da questa testimonianza di una giovane abitante delle campagne emiliane, originaria di Monteveglio, si evince il clima sociale e politico di rivendicazioni e lotte contadine contro cui si scagliò il fascismo. Liliana e la sua famiglia rimasero attivi nella clandestinità antifascista e subirono inoltre la repressione anti-partigiana scattata all’indomani della Liberazione e della “vittoria” della Resistenza. Una piccola storia e un breve frammento cantato da cui si può attingere ad una ricca tradizione di classe. Questa ennesima versione antifascista di “Giovinezza”, con il suo lessico e neologismi popolari e veraci, è un altro tassello di un ampio mosaico composto dalle ricchissime ricerche di storia orale e sul canto popolare e di protesta. L’intervista a Liliana è reperibile su Youtube, assieme a quelle di altri testimoni dell’epoca del comune di Anzola dell’Emilia (BO), lo stralcio con la parodia è presente anche nel documentario “Al di là del fiume tra gli alberi” (Antonella Restelli, 2002).
En.Ri-ot