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Pregiudicati e cani rabbiosi

Pregiudicati e cani rabbiosi

Diverse aree della sinistra hanno commentato scandalizzate la visita di Silvio Berlusconi a Sergio Mattarella in occasione delle consultazioni per la scelta del nuovo presidente del consiglio. Per quanto mi riguarda, Berlusconi è un campione della classe dominante, né più né meno di tutti gli altri capibastone e gregari dei sedicenti “rappresentanti del popolo”. Il fatto che sia stato condannato dimostra solo che è stato più sfortunato di altri.

Quello che però mi preoccupa di più è che lo stesso sdegno non venga dimostrato per le trattative tra i due principali candidati alla carica di primo ministro – Luigi Di Maio, per i grillini, e Matteo Salvini, per la Lega Nord ed il centro destra. Che da queste trattative esca un governo Di Maio, con Salvini in qualche ruolo chiave, o viceversa poco importa, come poco importa che l’accordo fra queste due forze politiche dia vita ad un governo senza i due esponenti. Il fatto è che questa ossessione per la legalità formale, che condanna senza appello il vecchio leader, non dà strumenti per comprendere la pericolosità della nuova forza egemone nella destra, che ha fatto dell’appello alla violenza un tema ossessivo della sua campagna elettorale.

Certo, le vuote promesse sull’abolizione della legge Fornero possono aver fatto presa su strati proletari esasperati ed abbandonati dalle vecchie organizzazioni di riferimento, ma quello che ha portato i voti della destra alla lega è stato la giustificazione del terrorismo fascista e la proposta di legge sulla legittima difesa.

Dispiace vedere che il Movimento 5 Stelle, verso cui si sono orientate anche le simpatie di tanti attivisti dei movimenti di lotta e del sindacalismo di base, non mostri verso i seminatori di odio la stessa intransigenza che ha dimostrato verso gli sfortunati pregiudicati. Secondo una ricerca, Matteo Salvini e la sua degna camerata Giorgia Meloni sono stati gli oratori che più hanno usato espressioni e contenuti violenti nella loro propaganda elettorale; si pensa davvero che sarà un governo migliore quello sostenuto da quelle forze che affermano che la responsabilità del terrorismo fascista è delle vittime, che ritengono più importante un braccialetto o un pugno di
euro rispetto alla vita di una persona, magari colpita alle spalle mentre scappa? Questa è una delle trappole a cui conduce il culto della legalità.

La cosiddetta vittoria della destra alle ultime elezioni è soprattutto questo. I voti che sono andati alla Lega Nord sono soprattutto tradizionali voti della destra, elettori che sono stati galvanizzati dalla propaganda violenta e sono tornati a votare, dopo la delusione che ha portato al crollo del 2013; i voti complessivi della destra rimangono comunque al di sotto del successo ottenuto nel 2008. Più del numero degli elettori, ci troviamo di fronte una coalizione dove le componenti razziste, fasciste, reazionarie hanno un peso ben diverso rispetto al 2008 e al 2013: il risultato del 4 marzo ci consegna un’immagine della classe dominante e dei suoi servi violenta e sanguinaria.

Come diceva Salvor Hardin, la violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci e la violenza delle classi privilegiate deriva dalla loro incapacità a trovare una soluzione alla crisi – che non passi attraverso la restituzione del maltolto alle classi sfruttate – e dalla paura che queste ultime si prendano da sole quello che la politica parlamentare si dimostra incapace di restituire. In questo quadro, l’insistenza dei grillini nella trattativa con Salvini riconosce legittimità ad una forza politica che andrebbe
emarginata da chi sostiene di voler dare serenità al quadro politico.

Tiziano Antonelli


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