Per la ricostruzione dell’unità del sindacalismo conflittuale

mi1Non si può ignorare che il corteo del Primo Maggio che si è svolto a Milano ha sicuramente segnato l’andamento di un processo unitario delle organizzazioni sindacali antagoniste che stava prendendo quota e stava dando importanti risultati. Un processo che aveva avuto un importante segnale di svolta con lo Sciopero Generale del 18 marzo indetto dalla CUB, SI Cobas, USI-AIT, con l’adesione del SGB, la nuova formazione sindacale staccatasi da USB. L’USI aveva commentato in un suo comunicato successivo: “Uno sciopero organizzato dal basso che, pur in un periodo estremamente difficile e nonostante l’ostracismo dei media, è andato al di là delle nostre stesse aspettative e che ha causato in alcuni settori cruciali – quali scuola e trasporti – notevoli disagi”. E ancora “Adesso è fondamentale proseguire, nella pratica autogestionaria, dando continuità ai risultati conseguiti con lo sciopero generale del 18 marzo, perché, come anche le parole di Renzi confermano (non che avessimo bisogno di ciò) siamo sulla retta via”.
Questa volta c’era tutta la buona intenzione, visto il successo che aveva coinvolto tutte le forze che erano scese in campo, di continuare nel percorso anche dopo lo Sciopero Generale.
Sicuramente quella del Primo Maggio, che avveniva a poca distanza, era l’occasione per rafforzare quel processo unitario investendo nella importante manifestazione di quella giornata fortemente simbolica, che istituzioni e associazioni padronali vogliono anestetizzare nel suo significato più profondo di rivendicazione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Con questo spirito ci siamo approcciati nel percorso unitario che si stava sviluppando con importanti aspettative, anche se la manifestazione del Primo Maggio si collegava alle May day degli scorsi anni, alla quale l’USI non aveva preso parte per l’eccesso di folclorismo, dove lo spettacolo si sovrapponeva ai contenuti dichiarati: quelli della lotta alla precarietà. Abbiamo aderito a questo rinnovato percorso perché in contemporanea si legava ai temi e agli obbiettivi (contro la guerra e le spese militari, per la riduzione dell’orario di lavoro, per l’adeguamento dei salari e pensioni e l’affermazione dei diritti nei luoghi di lavoro, contro l’accordo sulla Rappresentanza Sindacale, per il diritto alla salute, all’istruzione, alla casa, per la solidarietà alla resistenza Curda) tutti contenuti che erano stati alla base dello sciopero del 18 marzo.
La CUB arrivava con la proclamazione dello sciopero nel settore del commercio nella festività e l’USI con la proclamazione dello Sciopero Generale per la giornata del Primo Maggio rivendicando la riduzione d’orario di lavoro e degli anni per il diritto alla pensione. Quindi si preannunciava una importante giornata di lotta e di rivendicazione. Come negli anni precedenti l’area dei Centri Sociali era particolarmente attiva nella costruzione della manifestazione, prevedendo momenti di lotta anche nella fase preparatoria. Dei sindacati partecipi c’erano la CUB, USI, SGB con il SI Cobas che storceva il naso per i legame mantenuto con le precedenti May day, ma che alla fine, si pensava, avrebbe sicuramente partecipato al corteo unitario.
Ad un certo punto la CUB, che negli anni precedenti era la formazione sindacale che più si era spesa nei precedenti cortei della May day, comunica la decisione, presa al proprio interno, di accorciare le distanze del percorso, ritenendolo troppo lungo, proponendo la partenza dalla zona di “Palestro”, invece che da piazza XXIV Maggio, per arrivare a piazza Duca D’Aosta, il piazzale davanti alla Stazione. Il motivo reale era che all’improvviso era tornato a pesare l’ombra dei fatti accaduti lo scorso Primo Maggio, dove gli scontri che si erano verificati avevano messo in forte difficoltà il corteo molto partecipato, come se potesse ripetersi.
I Centri Sociali, in particolare lo “ZAM” e il “Lambretta”, attivi e determinati, non hanno inteso lasciare ad altri quella piazza XXIV Maggio, dalla quale storicamente sono sempre partiti i cortei alternativi del Primo Maggio e hanno confermato la volontà di mantenerla come punto di partenza. Anche l’USI manteneva la stessa decisione e successivamente anche SGB, mentre si è perso il contatto con il SI Cobas. Successivamente la CUB comunicava la rinuncia al proprio corteo per organizzarsi nel pomeriggio con i suoi Stand nel piazzale della Stazione dove era il punto di arrivo del corteo. Il SI Cobas a sua volta comunicava il proprio concentramento, in gran parte lavoratori della logistica, a piazzale Loreto per un corteo fino al piazzale della Stazione. L’USI pertanto partecipava allo spezzone rosso-nero con i compagni della FAI ed altre componenti libertarie, partendo da XXIV Maggio, un percorso di circa 8 KM durato 3 ore. E’ stata una manifestazione che ha sofferto sicuramente per il tempo, la pioggia che a tratti cadeva, e soprattutto per l’assenza di componenti preoccupate per quanto poteva accadere, ma che ha avuto comunque una dignitosa partecipazione e un carattere combattivo che l’ha contraddistinta. L’unico elemento di unità rimasto in quella giornata è stato rappresentato dal punto di arrivo dei cortei nella stessa piazza.
Sicuramente un passo indietro nel processo di azione unitaria del sindacalismo conflittuale.
Potrebbe essere più difficile, se pur necessario, riprendere il discorso per riannodare quel percorso unitario del sindacalismo conflittuale che aveva caratterizzato lo sciopero del 18 marzo.
Enrico Moroni

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