Tutti i governi ormai parlano solo di guerre, di riarmo, di aumentare le spese militari per difendersi da un nemico incombente pronto ad aggredire dietro l’angolo. Il re Presidente Trump ha praticamente imposto ai governi europei, che supinamente hanno condiviso, di aumentare le spese progressivamente fino ad arrivare al 5% nel 2035. Una valanga di miliardi da sborsare per il riarmo, in gran parte da acquistare dagli stessi USA. Trump, molto generosamente, continuerà ad inviare armi all’Ucraina per continuare la guerra, ma a pagarle saranno i governi europei. Quindi, l’alleato Presidente USA, non si è accontentato di aumentare i dazi ai partner europei e abbiamo capito quando poco metaforicamente intendeva dire ai capi dei vari governi che gli dovevano baciare…il fondo schiena. Il governo Meloni, in prima fila in questa missione, per mantenere buoni rapporti si è impegnato ad acquistare armi e il costoso petrolio dagli USA. Non ci sono soldi per la sanità, per le scuole, per il diritto alla casa, per i salari e le pensioni risucchiate dall’economia di guerra, ma si trovano subito per aumentare a dismisura le spese militari. Non è un caso che si prospetti una finanziaria di lacrime e sangue che prevede i tagli delle spese sociali per poter mantenere i conti in regola e permettere di far fronte al grosso incremento delle spese militari. Già era stata tolta l’IVA al commercio delle armi anziché ai generi di prima necessità di fronte all’inflazione. Già è stato predisposto un piano per la riconversione delle aziende civili in produzione militare, l’esatto contrario di ciò che si dovrebbe fare, investendo risorse dalle tasche dei lavoratori e dei pensionati che sono quelli che pagano l’80% delle tasse.
Contro questa deriva autoritaria e guerrafondaia è stata promossa sabato 18 ottobre la manifestazione antimilitarista organizzata dalla Libera Officina e dalla sezione locale di USI CIT.
Il documento d’indizione è riportato qui di seguito.
“Ormai è chiaro che c’è una corsa al riarmo e noi siamo completamente contrari. Siamo contro le istituzioni militari, il loro sviluppo e quanto concorra all’esaltazione e alla diffusione dello spirito militaristico. Per noi l’antimilitarismo è il proseguimento della lotta alla gerarchia, all’autorità, allo stato e ad ogni forma di dominio e discriminazione. Non basta debilitare il militarismo, bisogna combatterlo, eliminarlo, con la diserzione o con la propaganda sin dentro le fila dell’esercito. Chi combatte il militarismo combatte il sistema dell’autorità dell’uomo sull’uomo… essendo il militarismo la forma e l’esplicazione più odiosa della violenza autoritaria e il primo nemico della libertà.
Siamo con tutti i Popoli e contro tutti i governi e quando uno stato si prepara alla guerra si fa chiamare Patria. Cosa possiamo fare? Riprendere l’obiezione fiscale, dare ospitalità a tutti i disertori, boicottare le fabbriche di armi e richiederne la riconversione ad uso civile. Combattere la propaganda militarista in ogni luogo, combattere la proposta di ritorno della leva obbligatoria, combattere la spesa militare, perché è inaccettabile il 5% del PIL in armamenti, soldi tolti alla sanità, alla scuola, alle pensioni. ‘Il nemico non è al di là della tua frontiera, il nemico cammina nelle tue stesse scarpe, mangia come te, vive come te, il nemico è chi sfrutta il lavoro e la fatica di un suo fratello’. Bisogna creare gruppi di autodifesa antimilitarista in ogni luogo, bisogna boicottare e contrastare qualsiasi iniziativa militarista. Ricordiamo Augusto Masetti che la mattina del 30 ottobre 1911 mentre si trovava nel cortile della caserma Cialdini di Bologna in attesa della partenza per la Libia, sparò un colpo di fucile contro il colonnello Stroppa, ferendolo ad una spalla, su tutti i muri d’Italia comparvero scritte: Viva Masetti, abbasso l’esercito”.
Lo striscione d’apertura della manifestazione riportava “Né un Soldo Né un Soldato/ Contro tutte le guerre”. Diversi i carri presenti con le bandiere dell’USI, degli anarchici e gli striscioni antimilitaristi, circondati da manifestanti, tutti molto giovani, che si muovevano al ritmo delle musiche provenienti dai carri stessi, da gruppi musicali di rap suonato e cantato dal vivo contro il militarismo, le guerre, le spese militari, le ingiustizie sociali, contro lo sfruttamento, per le lotte di liberazione dei popoli, per l’internazionalismo. Ci sono stati interventi in solidarietà con il popolo palestinese, contro il genocidio, contro la violenza dei coloni che continuano ad occupare le terre, di critica al finto accordo di pace che utilizza ogni pretesto per riprendere il massacro dei civili con bombardamenti a tappeto, contro la responsabilità dei vari governi, soprattutto quello italiano in prima linea. Un’auto nel corteo offriva cibo gratuitamente. Indossavano un giubbino arancione i compagni addetti al compito del buon funzionamento, mentre in fondo c’era chi si occupava di mantenere la pulizia dopo il passaggio del corteo.
C’è stata la presenza anche di singoli compagni venuti da fuori, ma la fiumana della gioventù partecipe e festosa proveniva da Modena e dintorni. Il corteo è terminato nel Parco Ferrari, dove la presenza è continuata fino alla mezzanotte. In uno dei carri un compagno suonava e cantava musica rock con la sua band, alternando con interventi contro la guerra, contro lo sfruttamento e lo stato, contro l’inefficienza delle riforme, per una giustizia sociale fuori dal sistema. “Sono 70 anni – diceva – che stanno illudendo la popolazione che con le riforme avrebbero risolto i nostri problemi e guardate come siamo ridotti. È scaduto il tempo delle false illusioni ore è tempo dell’azione diretta, della rivoluzione sociale” – e riprendeva a suonare. Una parte dei partecipanti si è poi spostata nello spazio di Libera Officina per proseguire con musica e interventi vari.
È stata una giornata antimilitarista molto partecipata quella di Modena, un’importante risposta da parte dei giovani al governo Meloni, all’invio di militari dentro alle scuole per educare alla guerra in difesa della patria, cioè degli interessi delle classi al potere economico e politico, prospettando una carriera militare per il loro futuro, ma rinunciando a pensare con la propria testa, diventando degli zombi nella cieca obbedienza alla gerarchia militare ed esposti a guerre fratricide. Solo con l’abbattimento dei confini, di ogni forma di sfruttamento, dell’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione ci potrà essere la pace reale, attraverso la pratica dell’autogestione sociale.
Enrico Moroni