Come è ampiamente noto, il gruppo editoriale L’Impulso di Livorno, espressione in particolare di Pier Carlo Masini e Arrigo Cervetto, decide di aprire la collana, nel 1955, editando lo scritto di Bakunin. Quando nel marzo del 1872 muore Giuseppe Mazzini, Bakunin lo scrive sotto forma di lettera, come scritto nella Prefazione, all’internazionalista Celso Ceretti, conscio del fatto che la stessa avrebbe girato fra compagni e amici, con lo scopo principale di “svolgere fra essi una importante funzione formativa”.
Non solo, ma la lettera anticipa di poco Saint Imier (settembre 1872). Quindi la pubblicazione, fra la morte di Mazzini e la nascita ufficiale del Movimento Anarchico, costituisce un documento di fondamentale importanza. Se aggiungiamo, che come Associazione, dobbiamo molto a P. C. Masini, ci è apparso naturale ristampare l’opuscolo in anastatica, aggiungendo una introduzione curata da Stassi, tesa a far cogliere il clima dell’epoca e l’evoluzione nel tempo, del pensiero bakuniniano, espresso nella Lettera. Scrive Stassi nell’Introduzione all’opuscolo:
“La storiografia della militanza di Bakunin in Italia è forse uno degli episodi più studiati di tutta la cronologia dell’Anarchismo. Ne scrisse Max Nettlau, primo grande storico del movimento, con prefazione dello stesso Errico Malatesta, protagonista di quella stagione di lotta.[1]
La lettera ristampata in questo volume rappresenta uno dei momenti culminanti della corrispondenza privata, con intenti pubblici, che Bakunin intraprese con i membri della sezione italiana dell’Internazionale. La lettera era indirizzata al garibaldino Celso Ceretti, tra gli animatori della Conferenza di Rimini, la quale sarà la risposta dei liberi pensatori a Karl Marx. Alla data di stesura di questa lettera, marzo 1872, l’Internazionale era quasi giunta al culmine dello scontro tra Bakunin e Marx. Nel novembre 1871, Marx era stato accusato dai delegati della Federazione della Giura di voler introdurre uno “spirito autoritario” all’interno dell’assemblea.[2] Sei mesi dopo questa lettera, al congresso dell’Aia, Bakunin sarà espulso dall’Internazionale che ancora promuoveva in questa missiva e inizierà il processo che porterà alla Federazione italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori.[3]
Tuttavia, il contenuto di questa lettera rappresentava la conclusione di un processo iniziato proprio in accordo col filosofo del Comunismo: l’attacco nei confronti di Mazzini e il tentativo di ridurne l’influenza sul movimento operaio.[4]
(…)
Interessante notare come esattamente cento anni dopo fu riscoperta e pubblicata la bozza di una seconda stesura di questa lettera di Bakunin, datata 12 maggio 1872, segno che la lettera ebbe una lunga elaborazione.[5]
Bakunin spiega in queste missive le sue ormai note ragioni della sua distanza da Mazzini. Possiamo semplicisticamente ridurle in due elementi: la distanza sull’idea dello Stato-nazione e quella sulla fede in Dio. Lo Stato centralista, seppur interfacciato con associazioni volontarie dei lavoratori, era quanto di più lontano dalla concezione organizzativa federalista di Bakunin. Allo storico odierno, che conosce gli esiti del sogno federalista e le implicazioni che ebbero nel secolo successivo i concetti di patria e nazione, forse può interessare di più la maniera in cui Bakunin guardava alla questione patriottica e nazionale. L’“adorazione del Mazzini” rende l’Italia una “nazione grande e viva”.[6] La celebrazione di un rivoluzionario unisce il popolo italiano di tutte le classi e questo è, per Bakunin, il segno della vivacità politica di quella che chiama la “nazione” italiana. Nazione che acquista dignità laddove il popolo dia “la sua sanzione”, intesa come partecipazione attiva alla sua vita politica.[7] L’essenza e la giustificazione del concetto di nazione risiede per Bakunin non nell’“Italia-politica, l’Italia-Stato” ma nel popolo, il quale produce “non soltanto la potenza e la vita (…) produce anche gli elementi di tutto il pensiero moderno”.[8] Bakunin affronterà la questione del nazionalismo e del patriottismo popolare più approfonditamente in un’altra lettera, mandata sempre ai compagni d’Italia.[9]
(…) Il pensiero di Bakunin è complesso quanto la sua parabola umana ma le sue intuizioni animeranno l’anarchismo dei secoli successivi. Questo volume ne è un esempio interessante. Venne infatti pubblicato dalla casa editrice “L’Impulso”, iniziativa editoriale che annovera fra i suoi fondatori Pier Carlo Masini. Masini, nato proprio in una frazione della Val di Pesa, Cerbaia, non fu solo il più prolifico storico dell’Anarchismo italiano. Nonostante la sua successiva conversione al Socialismo parlamentare, il movimento anarchico deve a Masini anni di ricerca messa a disposizione dell’auto-organizzazione popolare. Cosa che ci ricorda alcuni dei valori intrinseci della storia dell’Anarchismo: gli insegnamenti che se ne possono trarre ma anche l’impulso politico che può generare. Pier Carlo Masini, convintamente antimilitarista e ateo, si riavvicinerà all’Anarchismo, con lo strumento che gli è più proprio: la cultura. Sullo scorcio del Novecento, darà vita alla più importante rivista del periodo, la Rivista Storica dell’Anarchismo, 22 numeri dal 1994 al 2004, pubblicati dalla Biblioteca Franco Serantini di Pisa. Sua l’iniziativa ed il titolo, per un sodalizio fra storici in formazione e già affermati, che ha rappresentato un riferimento di lungo periodo in Italia e non solo e che, con la brusca chiusura, dopo la sua morte avvenuta a Firenze il 19 ott. 1998, ha lasciato molti rimpianti per una esperienza a tutt’oggi irripetibile. Pier Carlo attraverso Alberto Ciampi, fino dalla fine degli anni Ottanta del Novecento, ha stimolato la nascita del Centro Studi Storici della Val di Pesa, editrice di questa pubblicazione, presso la quale è reperibile la serie completa della rivista. Presso l’Associazione giace anche un faldone, piccolo ma significativo Fondo Masini, che attraverso i figli Francesco e Silvia, ha voluto donare. Infine, tutta l’attività legata alla paglia da cappello svolta dal CSSVP, nasce per volontà di Masini, il quale fece avere a Ciampi molto materiale, destinato ad essere utilizzato nel tempo.”
Alberto Ciampi
Michele Bakunin. Lettera ai compagni d’Italia, ristampa anastatica con Introduzione di Gianfranco Stassi, Ass. Cult. CSSVP, n. 25, San Casciano in Val di Pesa (FI) – 2022.
Info e richieste: www.cssvp.com – alanark-@tiscali.it – IBAN IT 40 Z 08673 38050 020000205878 intest. Ass. Cult. CSSVP
NOTE
[1] Max Nettlau, Bakunin e l’Internazionale in Italia: dal 1864 al 1872, Edizione del Risveglio, Ginevra 1928.
[2] George Woodcock, L’Anarchia: Storia delle Idee e dei Movimenti Libertari, Feltrinelli, Milano 1962, p. 212.
[3] Ivi, p. 158.
[4] Pier Carlo Masini, Storia degli Anarchici Italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Rizzoli, Milano 1972, pp. 14-24.
[5] Arturo Colombo, Un Inedito di Bakunin in Morte di Mazzini (12 maggio 1872), Annali dell’Istituto Giangiacomo Feltrinelli, a. 14, Milano 1972, pp. 175-183.
[6] Michail Bakunin, “Lettera ai Compagni d’Italia”, L’Impulso, Livorno 1955, p. 7.
[7] Ibid.
[8] Ivi, p. 9.
[9] Michail Bakunin, Il Socialismo e Mazzin. Lettera agli Amici d’Italia, F. Serantoni, Roma-Firenze 1905, p. 42.