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La strategia “rank & file”: la critica di un sindacalista – prima parte

La strategia “rank & file”: la critica di un sindacalista – prima parte

Il veterano attivista e scrittore Tom Wetzel entra nell’ampio dibattito a sinistra sull’orientamento della “strategia della base” del movimento sindacale. Questo articolo è stato pubblicato su “Ideas & action”, organo on line della Workers Solidarity Alliance, organizzazione sindacale antiautoritaria e si basa sul materiale contenuto nel suo libro pubblicato nel 2022 presso AK Press, Overcoming Capitalism. L’articolo è del dicembre 2020, ma lo riteniamo sempre attuale.

Il termine “rank & file” ha origine in ambito militare, e potrebbe essere tradotto come bassa forza, truppa. Successivamente ha esteso il proprio significato fino a riferirsi agli individui che compongono il corpo di un’organizzazione o di una nazione, in contrapposizione ai capi. In questo senso potrebbe essere tradotto con “strategia della base”, ma questo avrebbe potuto creare confusione con il sindacalismo di base molto presente in Italia, tanto più che la strategia criticata in questo articolo ha molto più a che fare con l’entrismo. Per questo abbiamo preferito mantenere il testo originale. (ndt)

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Gli scritti di Kim Moody sulla “strategia “rank & file”” hanno ottenuto un’ampia eco in diversi gruppi socialisti, come i Democratic Socialists of America e i gruppi socialisti più piccoli. Il suo pamphlet originale del 2000 parla della strategia in termini di ricostruzione dell’influenza socialista nel movimento operaio e come modo per costruire un movimento socialista più basato sui lavoratori negli Stati Uniti.

Recentemente, Moody ha riassunto in questo modo la necessità di costruire organizzazioni operaie di base nel contesto dei sindacati: “Costruire il potere della base per lottare per l’indipendenza dei sindacati dall’influenza capitalista, in parte trasmessa dalla burocrazia, è un compito importante nella costruzione di un movimento operaio consapevole della propria classe, senza il quale il socialismo rimane solo un insieme di idee”.

Perché è importante il controllo dei lavoratori sull’organizzazione sindacale? Ritengo che sia importante considerare il processo di formazione della classe – il processo più o meno lungo attraverso il quale la classe operaia supera il fatalismo e le divisioni interne (ad esempio, lungo le linee di razza e di genere), acquisisce consapevolezza politica e costruisce la fiducia, le aspirazioni e la forza organizzativa necessarie per porre una sfida efficace alle classi dominanti. Quando i lavoratori sviluppano potere attraverso un’azione collettiva dirompente, ciò incoraggia la sensazione che “possiamo cambiare la società”. Nella misura in cui i lavoratori controllano le proprie lotte e organizzazioni, questo sviluppa fiducia e capacità nella base. Il controllo dei sindacati da parte dei funzionari e del personale retribuito non serve a questo. Le organizzazioni di massa autogestite dai lavoratori – non solo i sindacati, ma anche altri tipi di organizzazioni – forniscono un ponte in cui le minoranze coscienti possono collegare le lamentele dei loro colleghi al programma di cambiamento più ambizioso offerto dai socialisti. Lo sviluppo di una più forte solidarietà di classe è importante per il processo di costruzione di una forza di trasformazione sociale, perché la classe operaia ha bisogno di “raccogliere le sue forze” dai vari settori di lotta per formare un blocco sociale unito con il potere e l’aspirazione al cambiamento. In questo modo la classe operaia si “forma” in una forza che può cambiare la società. La burocrazia retribuita dei funzionari e il suo modello di organizzazione dei lavoratori ostacolano lo sviluppo della lotta contro i datori di lavoro; il ceto burocratico nei sindacati impedisce in diversi modi alla lotta operaia di costruire un senso di potere operaio nella base e tende a interrompere il processo di formazione della classe. Gli strati burocratici nei sindacati e nei partiti elettorali tendono a mantenere la classe operaia prigioniera del capitalismo. Questo quadro rende necessario costruire un’organizzazione operaia indipendente dalla burocrazia dei sindacati – reti e comitati di lavoratori attivisti che possano lavorare per sviluppare le lotte in fabbrica e spingere per una lotta più aggressiva e coordinata contro i datori di lavoro.

Nessun interesse a costruire nuovi sindacati

Una caratteristica della “Strategia “rank & file”” di Moody è la mancanza di interesse nel cercare di costruire nuovi sindacati al di fuori di quelli ereditati dall’AFL-CIO (il sindacato ufficiale negli USA ndr) – anche se Moody riconosce il carattere altamente burocratizzato di questa organizzazione. Dato che solo il 6,2% dei lavoratori del settore privato appartiene ai sindacati, perché sostenere che il sindacalismo può essere rigenerato solo dall’interno dei sindacati altamente burocratizzati di tipo AFL-CIO?

Per i leninisti, questa mentalità ha origine nell’approccio adottato dai comunisti negli anni Venti, attraverso la Trade Union Educational League (TUEL) di William Z Foster. Moody si riferisce al TUEL come al “primo esperimento di strategia di lotta tra le file”. Anche se tra il 1915 e il 1921 ben un milione di lavoratori costruì sindacati industriali di base al di fuori dell’AFL burocratizzata (e spesso razzista ed escludente), Foster fu intensamente ostile a queste iniziative. Credeva che un movimento sindacale rivoluzionato dovesse essere generato dall’interno dell’AFL, di cui i comunisti si sarebbero impossessati. Quando divenne comunista, Foster adottò una teoria secondo cui i limiti dell’AFL non risiedevano nella sua struttura verticistica o nel controllo da parte dei funzionari pagati ai vertici. Riteneva piuttosto che il problema fosse l'”ideologia reazionaria” dei leader. Ciò implicava che la soluzione fosse quella di cambiare i leader.

Il ruolo delle “minoranze militanti” nei sindacati è stato un tema di dibattito comune di anarchici, sindacalisti e altri radicali del lavoro nei primi anni del 1900. La “minoranza militante” sarebbe costituita dai lavoratori più attivi che svolgono attività di organizzazione, hanno influenza grazie alla loro esperienza e sono più impegnati nella lotta, nella costruzione del sindacalismo e spesso sono motivati da idee ambiziose di cambiamento radicale. Tuttavia, i sindacalisti non vedono il ruolo della “minoranza militante” come un sostituto della base, ma come persone che contribuiscono a costruire la democrazia operaia che permette alla base di controllare il sindacato. Il punto di vista di Foster è diverso. Foster riteneva che un “piccolo numero” di “fili vivi” in mezzo a un branco passivo fosse il “cervello” del movimento sindacale. La strategia di Foster per il movimento sindacale consisteva quindi nel portare l’avanguardia in una posizione di controllo. La forte enfasi sul controllo delle posizioni di vertice fu ripresa da Earl Browder, collaboratore di Foster: “Per quanto riguarda il TUEL, Browder credeva che “una minoranza comunista compatta e ben inserita nelle grandi organizzazioni di massa, unita su un chiaro programma di azione pratica, può ottenere le posizioni strategiche di potere nelle organizzazioni dei lavoratori”. Si trattava di una proposta curiosamente “manageriale”, formulata con la fraseologia della manipolazione, del controllo e dell’amministrazione non ideologica dei lavoratori”.

Moody riconosce l’elitarismo di Foster

“Foster aveva una certa visione elitaria di questo lavoro e una tendenza a mantenere il controllo personale dell’operazione. Nel 1922 scrisse che la maggior parte dei lavoratori erano “ignoranti e pigri”. Nel 1924, disse al socialista Scott Nearing: “Le rivoluzioni non sono provocate da quel tipo di rivoluzionari lungimiranti che lei ha in mente, ma da masse stupide… spinte alla rivolta disperata dalla pressione delle condizioni sociali… guidate da rivoluzionari in possesso della giusta teoria che sono in grado di dirigere la tempesta in modo intelligente contro il capitalismo”(37).

Data l’ostilità di Foster al nuovo sindacalismo dell’epoca della Prima Guerra Mondiale, egli dovette trovare una soluzione diversa per le divisioni tra i sindacati di mestiere, che li rendevano inefficaci, nel movimento operaio americano. La soluzione del TUEL fu quella di proporre la “fusione” dei sindacati di mestiere per formare sindacati industriali. La strategia del TUEL per “organizzare i non organizzati” consisteva nell’utilizzare questi sindacati industriali accorpati per svolgere questo compito. Si trattava di una soluzione del tutto impraticabile. Le campagne per l’amalgama condotte dal TUEL nel corso degli anni Venti furono un completo fallimento.

Tom Wetzel

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