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La piazza rubata

La piazza rubata

Otto giorni dopo le manganellate del 23 febbraio, un corteo di 6-7 mila persone ha percorso le strade di Pisa circondato dalle telecamere delle principali televisioni locali e nazionali. Una manifestazione arrivata dopo una settimana nella quale si sono sprecate, nel vero senso del termine, un’enorme quantità di parole su quanto era accaduto pochi giorni prima in una stretta stradina nel centro. Era più che prevedibile che, soprattutto dopo l’intervento del Presidente della Repubblica, quell’episodio assumesse una importanza e un significato molto superiore alla sua reale consistenza.
Illustri costituzionalisti hanno spiegato che, stante le leggi vigenti, non c’è l’obbligo di chiedere l’autorizzazione per svolegere una manifestazione e quindi non ha senso etichettare un corteo come “manifestazione non autorizzata” (cosa che hanno continuato a fare in molti) mentre segretari di sindacati di polizia hanno espresso pareri non propriamente consonanti. Persino la neo eletta Presidentessa della Regione Sardegna ha citato fin dalle prime interviste quanto accaduto a Pisa, accodandosi alla lunga serie di esponenti politici – più o meno noti/importanti – che hanno ritenuto opportuno far conoscere a tutti la loro opinione. Impossibile elencare le trasmissioni televisive, su tutti i canali e di tutti i generi che hanno mostrato le immagini delle manganellate e commentato il fatto. Per non dire dei giornali di carta stampata (persino quelli specializzati nel “gossip”) e dei siti web.
Addirittura una associazione ha lamentato che i figli di alcuni agenti di polizia stavano subendo episodi di “bullismo” a scuola da parte dei loro coetanei in quanto colpevoli di essere “figli di sbirri o di manganellatori”. Sembrava quasi un tentativo di pareggiare, in un certo senso, il conto rispetto ai genitori che si sono lamentati perché sono stati picchiati dei minori.
In altre parole la politica, quella che si pretende con la “p” maiuscola, si è appropriata dell’episodio di cronaca, cosa che accade spesso, più per motivi di interesse partitico che perché realmente preoccupata per la violenza delle manganellate piovute sulla testa degli studenti e delle studentesse.
Di conseguenza in qualche occasione è passato in secondo piano il fatto che gli adolescenti picchiati stessero protestando contro il massacro in atto da cinque mesi nella Striscia di Gaza.
Per questo la manifestazione di sabato 2 marzo a Pisa aveva due temi portanti: la protesta contro le cariche della polizia e la solidarietà ai palestinesi, come si poteva capire dalla varietà degli striscioni, delle bandiere sventolate e degli slogan. Il corteo è sostanzialmente riuscito anche se, dal nostro punto di vista, la risposta data a Pisa immediatamente dopo i fatti è stato un segnale molto più interessante e significativo. Perché, contrariamente a quello che la narrazione dei mezzi di comunicazione ufficiali ha provato a far credere nel corso della settimana le manganellate di Pisa non sono un fatto eccezionale ma costituiscono piuttosto la regola.
Come di solito accade, dopo qualche giorno di enorme esposizione mediatica, il fatto avendo esaurito la sua carica di interesse generale ritornerà confinato delle pagine della cronaca locale. I politici di professione non avranno più necessità di fare riferimento alla violenza della polizia e passeranno ad altro.
Questo lascerà fondamentalmente immutato il modo di operare delle forze dell’ordine che nel caso di Pisa sono state appena “bacchettate” dalle cosiddette opposizioni e “carezzate”, come da collaudato copione, dalle forze di destra.

Pepsy

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