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Che cosa rappresenta l’“Alleanza Sahra Wagenknecht”? (seconda parte)

Che cosa rappresenta l’“Alleanza Sahra Wagenknecht”? (seconda parte)

Dopo aver delineato il quadro generale in cui si colloca la nascita della nuova formazione di Sahra Wagenknecht, nella seconda parte dell’articolo, Alfred Masur passa in rassegna le posizioni di quest’ultima, sottoponendole a una serrata e puntuale critica.

Salvare il modello commerciale tedesco?

Vediamo cosa si può dire dei singoli punti del programma, uno per uno. Non c’è nulla di anticapitalistico o rivoluzionario nella politica economica «sensata» propagandata: si vuole preservare lo status quo e mantenere la Germania come sede industriale competitiva. La stessa Wagenknecht descrive talvolta la sua posizione politica come «conservatrice di sinistra». Non solo nel manifesto di fondazione della Bündnis Sahra Wagenknecht–BSW [Alleanza Sahra Wagenknecht] ma anche negli scritti più recenti della Wagenknecht non c’è più una prospettiva sociale che vada oltre il quadro del capitalismo e dello Stato nazionale. Al contrario, l’autrice fa riferimento, tra l’altro, alla teoria economica “ordoliberale” [in tedesco nel testo] della prima Repubblica federale1. Non si tratta di lotta di classe, ma di un’alleanza dei salariati con la propria borghesia. Ma quest’ultima accetterà l’offerta di alleanza?

La richiesta di porre fine alle sanzioni contro la Russia risponde indubbiamente a un’esigenza dell’economia tedesca, duramente colpita dall’improvviso aumento dei costi dell’energia. «Vogliamo distruggere la nostra intera economia con gli occhi ben aperti?», aveva avvertito l’amministratore delegato di BASF [Badische Anilin- und Sodafabrik, multinazionale europea leader mondiale nel settore chimico] Martin Brudermüller nel marzo 2022 a proposito delle conseguenze di un boicottaggio del gas2. Anche se la situazione non è stata così drammatica e da allora i prezzi del gas sono scesi di nuovo in modo significativo, sono ancora molto più alti di quelli degli Stati Uniti, ad esempio, e gli esperti ritengono che sarà così anche nei prossimi anni3.

Tuttavia, la fine delle forniture di gas russo è solo una parte del problema. Secondo l’economista Joseph Halevi, le opportunità di sviluppo dell’industria tedesca e dei suoi fornitori dell’Europa centrale dipendono soprattutto da una maggiore integrazione eurasiatica: esportazione di macchinari e altri beni strumentali verso la Cina, non più solo via nave, ma sempre più spesso anche su rotaia, nonché sviluppo economico delle vaste aree intermedie della Russia e dell’Asia centrale lungo le vie di transito – in definitiva, in altre parole, il collegamento dell’Europa centrale al progetto infrastrutturale della Nuova Via della Seta guidato dalla Cina. Tuttavia, l’intera direzione di sviluppo è stata bruscamente interrotta dalla guerra economica occidentale a partire dalla primavera del 2022. E con il motore delle esportazioni tedesche in affanno, le prospettive per il resto dell’Europa, che da esso dipende, sono ancora più fosche di quanto non lo siano già4.

Quindi, se da un lato l’attuale geopolitica occidentale sta ovviamente danneggiando l’UE, dall’altro sta avvantaggiando gli Stati Uniti: non solo hanno guadagnato un nuovo mercato per il loro gas da fracking, ma hanno anche legato l’Europa più strettamente a sé dal punto di vista politico e hanno messo un freno alla cooperazione più forte tra i loro partner europei junior e la Russia e la Cina. La Wagenknecht-Bündnis non ha quindi torto quando sottolinea che «gli interessi degli Stati Uniti a volte differiscono notevolmente dai nostri interessi».

Sorprendentemente, però, al momento questi interessi economici tedeschi non sono quasi rappresentati politicamente: non c’è nessun partito o gruppo parlamentare all’interno della classe politica tedesca che chieda la fine delle sanzioni alla Russia, e nemmeno un dibattito politico serio sui pro e i contro di questa guerra commerciale. Le voci critiche si sentono solo nell’angolo sordido dell’AfD. Almeno questa è la dottrina ufficiale. È plausibile che anche alcuni esponenti dell’establishment politico stiano discutendo a porte chiuse di strategie alternative di politica estera.

In ogni caso, il partito della Wagenknecht colmerebbe una lacuna. Tuttavia, è improbabile che il capitale tedesco sostenga all’unanimità la BSW in futuro. Gli altri punti del programma di Wagenknecht, come l’aumento del salario minimo, l’innalzamento delle aliquote fiscali massime e la ricostruzione generale dello Stato sociale, sono troppo contrari ai loro interessi. Tuttavia, le richieste della BSW in materia di politica estera potrebbero essere accolte come una porta aperta per rendere tali posizioni nuovamente discutibili nel mainstream borghese.

Imperialismo pacifico?

Secondo la BSW, la Germania e l’Europa dovrebbero affrancarsi non solo economicamente ma anche militarmente dalla subordinazione all’egemonia statunitense e agire in futuro con maggiore forza come attori indipendenti. A prima vista, un simile cambiamento di rotta sembra altrettanto irrealistico quanto la fine della guerra economica. Dallo scoppio della guerra ucraina, le élite europee e soprattutto tedesche sembrano essere più che mai ferme a favore della fedeltà all’alleanza transatlantica. Tuttavia, altre opzioni potrebbero essere state a lungo discusse sotto la superficie. Il presidente francese Macron, ad esempio, ha formulato l’obiettivo strategico del riavvicinamento alla Russia e di una politica estera europea indipendente nei confronti degli Stati Uniti in un discorso alla conferenza degli ambasciatori del suo Paese nell’agosto 2019, quando tali pensieri potevano ancora essere espressi più apertamente5. Anche in Germania potrebbe non essere ancora detta l’ultima parola circa la liquidazione della politica di Gerhard Schröder e dei suoi legami con la Russia.

Sebbene non si possa escludere un riorientamento strategico della politica estera tedesca ed europea nel medio termine, le speranze di disarmo e pace riposte da Wagenknecht&co. appaiono molto ingenue. Per sopravvivere nella competizione globale, un’alleanza di Stati capitalisti deve anche essere in grado di far valere gli interessi delle proprie imprese all’estero. In molti casi, il personale al potere può ricorrere a mezzi “pacifici” come la persuasione diplomatica e il ricatto economico, ma non può certo fare a meno dell’esercito come “strumento di potere per obiettivi geopolitici”, come pretende la Wagenknecht-Bündnis. Non ci sarà un imperialismo europeo pacifico. Al contrario: sotto il dominio degli Stati Uniti, negli ultimi decenni l’Europa occidentale ha potuto permettersi un certo grado di moderazione militare, perché le forze armate statunitensi hanno mantenuto un ordine mondiale che garantiva anche i profitti delle imprese europee. Se in futuro i Paesi europei vorranno essere più indipendenti, dovranno impegnarsi maggiormente sul piano militare. Se, come scrive il nuovo partito di Wagenknecht nel suo manifesto, vuole evitare che «l’Europa venga schiacciata tra gli Stati Uniti e il nuovo blocco di potere sempre più sicuro di sé che ruota attorno alla Cina e alla Russia», dovrà chiedere coerentemente non meno, ma più armamenti.

Una via d’uscita fondamentale dalle escalation militari del nostro tempo non può essere fornita da una politica di alleanze alternativa degli Stati imperialisti, ma solo da un ampio movimento antimilitarista internazionale dal basso.

Rinascita dello Stato sociale?

Con quali mezzi la BSW intende rivitalizzare lo Stato sociale, dopo che nel recente passato tanti tentativi del parlamentarismo di sinistra sono falliti in questa impresa? La Wagenknecht-Bündnis non si esprime in merito nel suo conciso manifesto di fondazione, ma ci sono accenni nel libro Die Selbstgerechten della Wagenknecht del 2021, dove descrive come i partiti di sinistra in molti Paesi siano cambiati negli ultimi decenni, sia in termini di funzionari che di elettorato, passando dai tradizionali partiti dei lavoratori ai partiti delle nuove classi medie accademiche. Di conseguenza, essi rappresentano sempre più gli interessi della loro nuova clientela a più alto reddito e si limitano a formulare richieste proforma di “giustizia sociale” senza fare una seria campagna a favore di misure corrispondenti. Secondo la Wagenknecht, la soluzione è quindi che i partiti di sinistra si concentrino nuovamente sul loro effettivo gruppo di riferimento e tornino a una politica a favore delle persone socialmente svantaggiate – in questo modo potrebbero anche sperare di ottenere nuovamente risultati elettorali migliori6.

La descrizione della Wagenknecht della trasformazione sociologica dei partiti di sinistra si applica alla SPD, alla LINKE tedesca e certamente anche ad alcuni partiti socialdemocratici di altri Paesi. È almeno in parte la spiegazione del perché questi partiti non fanno più una campagna vigorosa per l’allontanamento dal neoliberismo, o addirittura lo perseguono attivamente. Ma persone come Bernie Sanders o Jeremy Corbyn avevano una solida base tra la classe operaia, Tsipras in Grecia e Lula in Brasile sono stati eletti al governo da ampie fasce della popolazione. Tuttavia, nessuno di loro ha avuto successo. La tesi della Wagenknecht non è quindi adatta a spiegare il fallimento del recente riformismo di sinistra nel suo complesso.

Piuttosto, mi sembra più ovvia un’altra spiegazione: il riformismo di sinistra ha fallito perché si è affidato alla via parlamentare e alle alleanze di classe con la borghesia, invece di una mobilitazione indipendente e di classe dei lavoratori salariati che, attraverso scioperi, occupazioni o blocchi, colpisca padroni nel punto più dolente: i loro profitti. In particolare, nell’Europa meridionale, nel corso delle proteste per la crisi, ci sono stati movimenti di massa che hanno praticato queste forme di azione e in cui sono state espresse anche richieste di una trasformazione della società dalle fondamenta. Qui, tuttavia, partiti come Syriza e Podemos hanno fatto molto per smobilitare le masse, indirizzando la speranza verso le urne e integrando nelle loro strutture di partito attivisti di base un tempo indipendenti.

Anche la BSW sembra essersi impegnata nella politica parlamentare come unica prospettiva di trasformazione sociale. È sorprendente come sia nel suo manifesto sia nel nuovo libro della Wagenknecht le masse appaiano solo nel ruolo di destinatari passivi di benefici statali – e non come persone in grado di organizzarsi, prendere in mano il proprio destino e lottare per i propri interessi. Nel migliore dei casi, il recarsi al seggio elettorale viene considerata come l’unica azione politica autonoma per noi. È quindi improbabile che il nuovo partito della Wagenknecht riesca a ripristinare lo Stato sociale più dei precedenti tentativi di parlamentarismo di sinistra.

Alfred Masur (traduzione di Varden)

1 Sahra Wagenknecht, Die Selbstgerechten. Mein Gegenprogramm – für Gemeinsinn und Zusammenhalt, Frankfurt am Mainm 2021, p. 256 e ss.

2 Wollen wir sehenden Auges unsere gesamte Volkswirtschaft zerstören?, Martin Brudermüller in dialogo con Maja Brankovic e Marcus Theurer,  “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, 31.03.2022, in: https://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/unternehmen/basf-chef-warnt-vor-gas-embargo-schaeden-fuer-deutsche-volkswirtschaft-17925528.html.

3 Philipp Scheuermeyer: Wettbewerbsfähigkeit nach dem Gaspreisschock: Auf Energiepreise und Effizienz kommt es an, “KfW Research”, 31.07.2023, in: https://www.kfw.de/%C3%9Cber-die-KfW/Newsroom/Aktuelles/News-Details_774976.html.

4 Joseph Halevi, Il neomercantilismo tedesco alla prova della guerra, “Moneta e Credito”, vol. 57 n. 298 (giugno 298), pp. 203-211.

5 Emmanuel Macron, Rede des französischen Staatspräsidenten bei der Botschafterkonferenz 2019, 27 agosto 2019: https://www.diplomatie.gouv.fr/IMG/pdf/190827_rede_pr_botschafterkonferenz_2019_extraits_cle8a9961.pdf.

6 Wagenknecht, Die Selbstgerechten, cit., pp. 40-49.

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