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Che cosa rappresenta l’“Alleanza Sahra Wagenknecht”? (prima parte)

Che cosa rappresenta l’“Alleanza Sahra Wagenknecht”? (prima parte)

Breve nota preliminare

Si propone la traduzione dell’articolo di Alfred Masur pubblicato in tedesco sul portale “anarchismus.de” il 5 gennaio 2024 (la versione originale si trova qui: https://anarchismus.de/blog/aktuelles/wofuer-steht-das-buendnis-sahra-wagenknecht). A dispetto del titolo, l’analisi non riguarda soltanto la scissione dalla LINKE (partito collocato a sinistra del Partito Socialdemocratico tedesco) della corrente di Sahra Wagenknecht e la conseguente nascita di una nuova formazione, guidata da quest’ultima, che si presenterà alle prossime elezioni europee e che ha già fatto parlare la stampa italiana di “rossobrunismo”. Al contrario, l’articolo approfondisce anche le difficoltà della sinistra in Germania (e non solo, si potrebbe osservare) alla luce delle trasformazioni politiche, economiche, sociali e culturali degli ultimi venti/trent’anni, finendo per delineare un ritratto della complessa situazione tedesca, importante (se non determinante) per il resto dell’Europa. Per ragioni di spazio, l’articolo verrà diviso in tre parti: le altre due compariranno sui prossimi numeri. Gli interventi di chi ha tradotto lo scritto si trovano tra parentesi quadra.

Dopo una lunga disputa interna, Sahra Wagenknecht e alcuni membri fedeli hanno lasciato il partito della LINKE; a gennaio [2024] vogliono fondare un proprio partito. Ma cosa rappresenta la nuova forza politica? Per rispondere a questa domanda, sembra utile ricordare prima alcuni sviluppi sociali degli ultimi anni e visualizzare la situazione storica in cui si sta formando il nuovo progetto di Wagenknecht.

Vent’anni di crisi politica ed economica

Negli ultimi due decenni il mondo è diventato molto più instabile. Nuove crisi a vari livelli si sono susseguite a brevi intervalli: la grande crisi finanziaria ed economica del 2008/2009, la crisi dell’euro, le guerre come quelle in Siria e Ucraina e i connessi movimenti di rifugiati, la pandemia di Coronavirus e i lockdown, il confronto geopolitico sempre più evidente tra i vecchi Stati imperialisti dell’Occidente da un lato e la Cina e altre nuove potenze imperialiste dall’altro. Su tutto questo incombe la crisi ambientale e climatica globale, i cui effetti catastrofici sono solo all’inizio.

Per la grande massa della popolazione della maggior parte dei Paesi occidentali, questo sviluppo ha significato una stagnazione o una diminuzione dei salari reali, tagli sociali, un aumento delle condizioni di lavoro precarie, una maggiore disuguaglianza sociale e, in generale, una crescente incertezza sulle condizioni di vita e sulle prospettive future.

Vent’anni di fallimento dei partiti di sinistra

Anche l’ascesa dei partiti parlamentari di sinistra è iniziata circa vent’anni fa, sulla base della promessa di porre finalmente fine alle politiche di austerità e di tornare alle misure dello Stato sociale. Questa ascesa è avvenuta soprattutto in Europa e in America Latina. In America Latina, il Partito dei Lavoratori in Brasile con Lula da Silva e il MAS boliviano con Evo Morales hanno conquistato la scena. In Germania, nel 2005 socialdemocratici e sindacalisti delusi hanno fondato il WASG [Arbeit&soziale Gerechtigkeit-Die Wahlalternative] per protestare contro le riforme Hartz [il risultato delle quali, secondo il suo ideatore Peter Hartz, dava vita a un sistema per punire e disciplinare i disoccupati]. Il WAGS si è fuso con il PDS [Partei des Demokratischen Sozialismus, scaturito dalla SED, ossia il partito di Stato della Germania comunista, la DDR], particolarmente forte nella Germania dell’Est, per formare la LINKE nel 2007. In Europa, la nuova sinistra parlamentare ha raggiunto il suo apice con l’ascesa dei partiti Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, nati o cresciuti dalle proteste causate dalla crisi. Infine, ci sono state le candidature delle star politiche Bernie Sanders e Jeremy Corbyn, rispettivamente negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

Alla fine, questi tentativi sono tutti falliti. Mentre Corbyn e Sanders sono stati sconfitti alle urne, Syriza è stata eletta al governo nel 2015, ma non è riuscita ad affermarsi contro il potere dell’UE, del FMI e della Banca Mondiale. Alla fine, ha dovuto accettare i diktat dell’austerità che aveva promesso di rifiutare durante la campagna elettorale. Oltre ai problemi di superamento dei rapporti di forza reali, c’è stata anche una prospettiva politica limitata che non ha messo in discussione il quadro istituzionale dato: la LINKE tedesca, ad esempio, si è adattata al sistema politico prevalente a favore della “governabilità”. Laddove ha co-governato a livello regionale, si è comportato docilmente e non ha messo in discussione le politiche neoliberiste. In seguito a questo approccio, non è più stato preso sul serio come partito di protesta e molti elettori delle classi sociali più basse gli hanno voltato le spalle. Alle ultime elezioni federali non ha raggiunto la soglia del 5%.

La crescente polarizzazione

Nel frattempo, le élite politiche della Germania e dell’Europa occidentale hanno deciso di aggrapparsi alle vecchie certezze. Le politiche neoliberiste vengono portate avanti; dal punto di vista della politica estera, l’alleanza con gli Stati Uniti viene rafforzata, pur sapendo che ciò comporterà dei costi. Un esempio sono le sanzioni contro la Russia che hanno portato a un’elevata inflazione, in particolare per quanto riguarda i prezzi dell’energia, e hanno indebolito notevolmente l’economia tedesca, perché molte materie prime sono diventate più costose e le opportunità di esportazione sono andate perse. Lo stesso vale per la nuova guerra fredda con la Cina.

Dall’altra parte, ci sono coloro che sono fortemente contrariati da questo sviluppo. Dopo il declino dei partiti di sinistra, l’ascesa del populismo di destra è diventata il centro di questo polo. Ciò può sembrare sorprendente a prima vista, poiché quasi tutti i partiti populisti di destra sono rigorosi sostenitori delle politiche di austerità. Le loro promesse politiche sono quasi l’antitesi del parlamentarismo di sinistra: invece di migliorare le condizioni espandendo lo Stato sociale, promettono di migliorare la situazione frenando l’immigrazione da un lato e adottando una politica estera più neutrale dall’altro, che dovrebbe portare a una nuova ripresa economica.

Il conflitto tra le élite liberali e il populismo di destra si combatte soprattutto come una battaglia culturale. Negli ultimi due decenni, i neoliberali hanno preso in prestito il vocabolario e le ideologie dei movimenti sociali di sinistra. Sostengono il multiculturalismo, il femminismo e la diversità nel tentativo di dare alle loro politiche a favore dei ricchi una patina progressista. L’AfD [Alternative für Deutschland, ossia Alternativa per la Germania] e i suoi simili, invece, lavorano duramente contro questa patina e fanno campagna contro gli asterischi di genere e le bandiere arcobaleno. In questo modo, entrambe le parti nascondono il loro accordo fondamentale sulla dottrina economica neoliberista. Questa guerra culturale ha portato a una forte polarizzazione e a una carica morale dei dibattiti pubblici, per cui le critiche a una parte vengono percepite quasi automaticamente come approvazione dell’altra e risulta difficile mettere in gioco prospettive politiche fondamentalmente diverse.

Il manifesto di fondazione della Bündnis Sahra Wagenknecht

L’annuncio di un nuovo tentativo politico da parte della Wagenknecht giunge in una situazione di grande incertezza sociale, di realpolitik desolante e di fallimento della vecchia sinistra parlamentare. Sebbene non esista ancora un programma di partito [l’articolo risale al 5 gennaio 2024, oggi invece è presente un programma elettorale in vista delle elezioni europee], l’associazione preparatoria Bündnis Sahra Wagenknecht–BSW [letteralmente: Alleanza Sahra Wagenknecht] ha già pubblicato un manifesto fondativo1, che traccia le linee guida del futuro partito utilizzando quattro parole chiave: «giudizio economico», «giustizia sociale», «pace» e «libertà». Il manifesto può essere letto come un tentativo di dare una risposta agli sviluppi sociali sopra descritti.

Sotto la voce «giudizio economico» si cerca una via d’uscita dalla crisi economica. Per arrestare l’imminente declino dell’industria tedesca, l’alleanza mira a normalizzare le relazioni commerciali con la Russia, al fine di riottenere l’accesso al gas naturale a basso costo. D’altro canto, chiede una «seria politica ambientale e climatica»: invece di far aumentare i prezzi dell’elettricità con «azioni esagerate e cieche e misure mal concepite» e di rendere la vita difficile all’industria e alla popolazione, ci si dovrebbe concentrare sullo «sviluppo di tecnologie chiave innovative» per combattere il cambiamento climatico. A ciò dovrebbe aggiungersi un programma di investimenti governativi di ampio respiro nell’amministrazione, nell’istruzione e nelle infrastrutture.

Il punto del programma «pace» affronta l’aspetto geopolitico e militare delle attuali dinamiche di crisi. La precedente fedeltà dell’élite tedesca all’alleanza con gli Stati Uniti viene apertamente messa in discussione: «il nostro Paese merita una politica sicura di sé che metta al centro il benessere dei suoi cittadini e si basi sulla consapevolezza che gli interessi degli Stati Uniti a volte differiscono notevolmente dai nostri». L’obiettivo è «un’Europa indipendente di democrazie sovrane in un mondo multipolare». La NATO viene respinta come «strumento di potere per obiettivi geopolitici. Si dovrebbe invece perseguire un’«alleanza orientata alla difesa», impegnarsi per il disarmo e limitare l’impiego della Bundeswehr [ossia dell’esercito tedesco] alla difesa nazionale.

Con lo slogan «giustizia sociale», si riprendono le promesse non mantenute del parlamentarismo di sinistra degli ultimi due decenni: la contrattazione collettiva dovrebbe essere rafforzata, lo Stato sociale ampliato di nuovo, le privatizzazioni fermate, i ricchi tassati più pesantemente – in breve, le politiche neoliberali almeno dalle riforme Hartz dovrebbero essere invertite.

Infine, con il punto del programma «libertà», la BSW vuole offrire una via d’uscita dalla polarizzazione improduttiva tra liberalismo e populismo di destra. La libertà di espressione pubblica e il dibattito politico più controverso non sono messi a repentaglio solo dalle ideologie estremiste e razziste della destra, ma anche dalla «cancel culture» e dalla «pressione conformista» da parte del mainstream liberale di sinistra. La Bündnis Sahra Wagenknecht si esprime contro il conseguente «crescente restringimento dello spettro di opinione» e vuole «rivitalizzare il processo decisionale democratico», dando voce al diffuso malcontento contro le politiche dominanti, distinguendosi chiaramente dalla destra.

In questo contesto, l’organizzazione della Wagenknecht vorrebbe anche organizzare un dibattito aperto sul tema dell’immigrazione. L’obiettivo deve essere quello di limitare l’immigrazione a un livello che non sovraccarichi le infrastrutture pubbliche e non esasperi indebitamente la competizione per il lavoro e la casa, in particolare per le fasce più povere della popolazione.

Alfred Masur (traduzione di Varden)

1 BSW-Für Vernunft und Gerechtigkeit e.V.: Unser Gründungsmanifest, https://buendnis-sahra-wagenknecht.de/wp-content/themes/bsw/assets/files/BSW_Gruendungsmanifest.pdf. Tutte le citazioni in questa sezione sono tratte da questo documento.

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