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Attacco su Afrin, attacco alle donne e al confederalismo

Attacco su Afrin, attacco alle donne e al confederalismo

Introduzione

La notte precedente il 20 gennaio 2018, l’esercito turco e i suoi alleati jihadisti hanno attaccato congiuntamente il cantone di Afrin. L’esercito turco ha ribattezzato questa guerra d’aggressione “operazione ramo d’ulivo”, a detta della Turchia, una guerra “difensiva”. Gli avvocati della comunità internazionale non sono d’accordo e affermano il contrario. Nel corso del 2017 – vedi più avanti la cronologia degli attacchi turchi su Afrin nel 2017 – l’esercito turco, armato di artiglieria pesante, ha attaccato almeno una dozzina di volte la zona nord-ovest della Siria col fine di provocare una guerra. In tal senso, l’inizio dell’operazione militare era tutt’altro che inatteso. Si pensa infatti fosse pianificato da tempo.federalismo democratico,

Con i suoi attacchi terrestri ed aerei, lo Stato Turco viola il diritto internazionale e commette un crimine di guerra. Soltanto in questi primi 16 giorni di attacchi, sono 129 le vittime civili e per la gran maggioranza sono bambini, donne e persone anziane. Il 4 febbraio, il numero di feriti era di 310. Quasi metà delle vittime civili sono rifugiati arabi, che avevano trovato rifugio nella regione di Afrin in seguito agli attacchi del regime di Assad e dei jihadisti.[NdR: il documento è del 5 febbraio, al momento in cui leggete queste righe le cifre saranno presumibilmente molto maggiori]

Gli attacchi militari sono stati resi possibili dalle tecnologie e dagli equipaggiamenti militari occidentali, in particolare le armi tedesche, inglesi e italiane, utilizzate per attaccare i civili. Ciò fa dei paesi occidentali complici e diretti responsabili di questi crimini di guerra.

Questo genere di imprese pericolose lanciate contro Afrin sono evidenti dalle parole del presidente Erdogan: “Se Dio lo permette, partendo da Manbij, elimineremo le nostre prede lungo le frontiere e purificheremo completamente la nostra regione da questo male. (…) Innanzi tutto, elimineremo i terroristi, in seguito faremo di queste terre, luoghi di nuovo abitabili.” (24/01/2018) “Porteremo avanti la nostra operazione “ramo d’olivo” fino a che questo obbiettivo non venga portato a termine. Faremo poi piazza puliti dei terroristi a Manbij, come promesso. La popolazione civile non avrà di che temere, in quanto i veri abitanti di Manbij non sono i terroristi, bensì i nostri fratelli arabi. Continueremo questa guerra fino alla frontiera irachena, fino a che non sia eliminato fino all’ultimo terorista.” (26/01/2018) “Chi attaccherà le nostre frontiere la pagherà cara. Questa guerra iniziata a Afrin continuerà a Idlib.” (28/01/2018)

Erdogan non prevede soltanto una pulizia etnica e l’occupazione di Afrin da parte degli alleati jihadisti. Egli vuole “distruggere” tutte le strutture democratiche del Rojava e del nord della Siria. L’obbiettivo èfederalismo democratico, quello di eliminare l’autonomia de facto della popolazione curda locale. Il suo intento è quello di privare i curdi di ogni diritto e riportarli alle condizioni precedenti alla guerra in Siria. Lo Stato turco vuole ad ogni costo ostacolare il riconoscimento della Federazione Democratica della Siria del Nord. Questo è il motivo per cui gli attacchi sono cominciati prima della conferenza di Sochi alla quale i rappresentanti della Federazione Democratica della Siria erano attesi.

Il confederalismo democratico, nella forma in cui è concepito nel Rojava e nel nord della Siria, propone un modello di soluzione unica per gran parte dei conflitti in Medio-Oriente. Le frontiere, tracciate dalle potenze straniere un secolo fa, si riproducono incessantemente dando forma alle crisi nella regione. Ridisegnare la carta dei confini non risolverebbe la situazione. Il Confederalismo democratico continua tuttavia a lavorare per l’autoregolamentazione egualitaria e l’autodeterminazione di uomini e donne di ogni etnia e religione. Questo modello, basato sul pluralismo etnico e culturale, è attualmente in fase di costruzione nel Rojava e nel nord della Siria. In tale processo, le donne giocano un ruolo preponderante. Un vero cambiamento verso la libertà e la democrazia, infatti, potrà verificarsi solo quando le donne non verranno più considerate come oggetti, ma rispettate in quanto individui. Afrin e il nord della Siria sono teatro di questo cambiamento.

Il governo AKP in Turchia ed i suoi pseudo-alleati dell’ESL diventano simbolo della sovranità maschile, dell’islam sunnita con le sue aspirazioni egemoniche, dell’oppressione delle donne e del sessismo. Ciò si palesa in atti di violenza disumana, si pensi all’abuso perpetrato da parte dell’esercito della Turchia, membro della NATO, nei confronti del cadavere di Barîn Kobanê (Emine Mustafa Omer), una combattente di 23 anni dell’Unità di difesa delle donne. Un video diffuso sui social network mostra come i jihadisti abbiano brutalmente mutilato i seni di Barîn Kobanê e ne abbiano in seguito incendiato il cadavere. Atti simili di barbarie non fanno altro che dar prova dell’odio rivolto alle donne e del carattere disumano degli aggressori.

Questi non si fanno portavoce di alcun modello democratico, al contrario con i loro attacchi contro Afrin inaspriscono ancor più il conflitto. Il loro obbiettivo è quello di distruggere completamente la forma di autogestione democratica sviluppatasi nel nord della Siria. Essa rappresenta infatti la prima soluzione in cento anni di conflitti che possa davvero portare a compimento un’alternativa democratica nel Medio Oriente, altrimenti devastato dalla guerra e dal caos. La guerra d’aggressione iniziata della Turchia mira ad indebolire quest’alternativa democratica.

Con il presente dossier informativo, intendiamo illustrare a grandi linee il processo di costituzione di un’alternativa democratica nelle regioni settentrionali della Siria ed il ruolo preponderante assunto in esso dalle donne di Afrin. Con questo dossier, intendiamo spiegare in che modo gli attacchi del regime di Erdogan e dei suoi alleati islamisti mirino ad ostacolare la rivoluzione delle donne. Questa rivoluzione deve essere difesa.

Noi, del movimento delle donne curde, vi invitiamo ad unire le vostre voci alle nostre rivendicazioni ed utilizzare tutti i mezzi a vostra disposizione per esercitare pressione politica e sociale fino a che i governi occidentali non si sentano costretti a cambiare fronte e impegnarsi a mettere fine agli attacchi turchi contro Afrin. Chiediamo:

  • federalismo democratico, un’attuazione immediata delle misure approvate dalle Nazioni Unite, dall’UE e dagli Stati della NATO per porre fine agli attacchi turchi contro Afrin;

  • una no-fly zone su Afrin;

  • l’arresto immediato di tutti i traffici di armi verso la Turchia;

  • l’avvio di una commissione d’inchiesta indipendente sui crimini di guerra commessi dalla Turchia a Afrin;

  • aiuto umanitario diretto al cantone di Afrin, in particolare a favore dei profughi e dei feriti;

  • il riconoscimento ufficiale della Federazione democratica della Siria del Nord;

  • la fine della guerra in Siria e il sostegno per una soluzione democratica del conflitto.

La regione curda di Afrin, nella Federazione Democratica della Siria Settentrionale, è stata attaccata pesantemente dall’esercito turco e dalle bande jihadiste affiliate dal 20 gennaio 2018. Notte e giorno le nostre città e i nostri villaggi, i campi profughi ed i siti storici e sacri sono stati bombardati dagli aerei da guerra turchi e dall’artiglieria dell’esercito con l’intento di spopolare ed occupare l’area. Mentre il pubblico internazionale non ha preso alcuna misura adeguata, ogni giorno affrontiamo nuovi crimini di guerra e vittime civili. Le donne sono diventate bersagli di stupro, di crudeli assalti sessuali e di mutilazioni dei loro corpi da parte dell’esercito turco e delle bande affiliate.

Il regime di Erdogan ha annunciato apertamente l’obiettivo della sua aggressione militare su Afrin così come l’annientamento dell’autonomia democratica del Rojava occupando il territorio della Siria settentrionale. Insieme all’oppressione razzista, religiosa-fondamentalista e sessista, la Turchia si sforza di cancellare le tracce della storia delle donne e della cultura matricentrica ed egualitaria nella nostra regione.

Afrin è stato uno dei primi luoghi dell’insediamento e anche della rivoluzione agricola nella Mezzaluna fertile. Le donne hanno svolto un ruolo di primo piano in questo processo storico che è stato descritto come la prima rivoluzione delle donne.

I simboli delle dee madri come Ishtar o Astarte sono un patrimonio culturale comune delle popolazioni locali e si trovano in molti siti di Afrin. Ad esempio, le enormi impronte nelle lastre di pietra di tremila anni fa di Ain Daratemple, situato vicino alla città di Afrin, simboleggiano la presenza e lo spirito della dea Ishtar. Bombardando e devastando il sito del tempio lo stato turco muove guerra per far rispettare il suo patriarcato e fascismo.

Come donne di Afrin, siamo determinate a difendere la nostra eredità storica della prima rivoluzione delle donne nella nostra terra e ad avere successo in una seconda rivoluzione femminista attraverso la nostra resistenza all’occupazione e all’oppressione. Oggi le antiche grotte nelle montagne sono diventate i nostri rifugi che ci proteggono dagli attacchi. Più di sei anni, le donne di Afrin e di tutte le parti del Rojava hanno resistito contro gli attacchi dello Stato islamico. Allo stesso tempo, abbiamo svolto un ruolo guida nella costruzione di strutture democratiche di autogestione. Abbiamo costruito strutture autonome basate sull’organizzazione comunale, sulle risorse delle donne, sulle accademie e sulle cooperative, nonché sull’autodifesa delle donne. Attraverso la solidarietà delle donne, che è una delle nostre armi più efficaci, abbiamo sviluppato la nostra forza e coscienza collettiva. Oggi diecimila donne hanno preso le armi per difendere la loro terra, le loro vite e il loro futuro a Afrin.

La resistenza delle unità di difesa femminile YPJ e delle forze di difesa civile delle donne, Parastina Jinê, organizzate sotto l’ombrello del Movimento delle donne del Rojava, Kongreya Star, e fanno parte della resistenza globale delle donne contro ogni forma di oppressione, sfruttamento, femminicidi e fascismo. Mentre le istituzioni internazionali e i governi statali tacciono sugli abusi del diritto internazionale e sui crimini di guerra, crediamo che la solidarietà internazionale delle donne sarà la nostra arma più forte per sconfiggere il fascismo e il patriarcato. Seguendo le orme di Ishtar e di quelle donne che hanno creato e difeso la vita comune, invitiamo le donne di tutto il mondo a insorgere per difendere Afrin e i valori dell’umanità!

Rafforziamo le reti e le azioni di solidarietà internazionale delle donne per diffondere la rivoluzione delle donne in tutto il mondo! Invitiamo tutte le sorelle di tutto il mondo a intraprendere azioni urgenti e ad aderire alla campagna utilizzando e diffondendo #WomenRiseUpForEfrin in proteste locali, azioni creative, marce e campagne nei social media.

  • Fermiamo l’invasione turca e l’aggressione militare di Efrin!
  • Stop al genocidio e al femminicidio!
  • Ribelliamoci per la difesa del popolo, della terra, del patrimonio culturale e storico di Afrin
  • Ribelliamoci per difendere l’amministrazione democratica e ecologica in Rojava e nella Siria settentrionale!
  • Difendere Afrin significa difendere la rivoluzione delle donne – “No pasaran” contro il fascismo di Erdogan!

La Situazione di Afrin Prima ed al Momento degli Attacchi

La regione di Afrin è situata nel nord-ovest della Siria. A nord e a ovest, Afrin è delimitata dal territorio dello Stato turco. Il suo territorio include la regione di Çiyayê Kurmanca (in arabo “Jabal al-Akrad”, ovvero “montagne dei curdi”) e si compone di sette città: la città di Afrin al centro, Jindires, Sharran, Mobetan/Mabatli, Rajo, Bulbul, Maydana e Shiye, con un totale di trecentossessantasei cittadine o piccoli villaggi.

All’epoca dell’impero ottomano, la regione di Afrin faceva parte della vecchia provincia curda di Kilis, oggi situata in territorio turco. In seguito all’accordo tra Francia e Turchia nel 1920, Afrin, così come Kobane e Cizîr, diventarono parte integrante del mandato della Società delle nazioni per la Siria ed il Libano. Fu così che, nel 1946, nacque la repubblica siriana. Tale avvenimento provocò non soltanto la separazione di villaggi, comunità e province curde, ma anche la dispersione di intere famiglie e tribù lungo il tracciato della nuova frontiera. Hadji Hannan, capo della tribù Izzeddin, in veste di rappresentante delle popolazioni curde della regione di Çiyayê Kurmanca presentò all’assemblea nazionale di Ankara una domanda di ridefinizione della frontiera. La domanda venne respinta.

Fino agli anni ’60 del secolo scorso, il sostentamento della popolazione di Afrin era in gran parte improntato alla produzione agricola. Il progetto di arabizzazione (“Cintura araba”) lanciato nel 1965 del regime siriano Ba’th, mirava a denaturare la demografia etnica delle regioni curde e favorire lo stanziamento della popolazione araba. Le popolazioni originariamente stanziate ad Afrin furono dunque fortemente penalizzate e soffrirono delle conseguenze di una forte disoccupazione e di successive migrazioni forzate. Nel corso degli ultimi decenni, in moltissimi fuggirono verso le metropoli di Aleppo e Damasco. Ciononostante, la comunità curda costituisce ancora la grande maggioranza della popolazione di Afrin. Nel 2000, erano in circa 450.000 ad abitare la regione. Secondo le stime, nel 2015, la popolazione aveva raggiunto i 700.000 abitanti. Attualmente, la popolazione sembra aver raggiunto il milione.

Nel corso del progetto di arabizzazione promosso dall’ex presidente siriano Hafez Al-Assad, vennero costruite decine di villaggi arabi ed i nomi curdi dei luoghi e delle città vennero arabizzati. Migliaia di famiglie arabe delle province di Raqqa e di Aleppo s’insediarono nella regione. Le terre curde vennero espropriate. Almeno cinquantamila curdi furono privati della cittadinanza siriana e dichiarati stranieri. In quanto tali non potevano possedere beni e non avevano il permesso di riparare o costruire le loro case.

La scintilla, che innescò le insurrezioni siriane, scoppiò il 14 marzo 2011 a Daraa, una città del sud del paese. La rivoluzione del Rojava cominciò un anno più tardi, quando la città di Kobane riuscì a liberarsi dell’influenza del dal regime Ba’th il 19 luglio 2012. Due giorni dopo la liberazione di Kobane, il popolo di Afrin espulse il regime della loro città e s’assunse il compito di goverKongreya Star nare ed amministrare la regione. Parallelamente a questi sviluppi, vennero create le Forze di difesa. Soltanto tre mesi più tardi, il primo attacco militare da parte dello Stato islamico si abbatté sul villaggio yezida di Qestel Cindo e sulla collina vicina. Dopo due giorni di combattimenti accaniti, l’attacco venne respinto.

La popolazione di Afrin dovette sopravvivere all’inverno 2012/2013 sotto embargo, isolata dal mondo esterno. I gruppi jihadisti impedirono i collegamenti con le città di Aleppo, Azaz e Arme. A nord e ad ovest, l’esercito turco sbarrava le sue frontiere. Vennero ostacolati gli aiuti e i rifornimenti di cibo e riscaldamento. La popolazione tentò di riparare i vecchi mulini ad acqua, utilizzati prima degli anni ’70 del secolo scorso, quando il regime siriano ne aveva proibito l’uso. Con il restauro dei vecchi mulini, si ricominciò a macinare il grano e a produrre la farina. Per il riscaldamento, veniva raccolto legno dalle foreste vicine e bruciati rami d’ulivo.

La popolazione di Afrin riuscì a sopravvivere all’inverno nonostante le difficili condizioni. Dopo il lungo inverno, la primavera portò con sé gli attacchi dei gruppi jihadisti, sostenuti della Turchia. Già precedentemente, questi gruppi avevano tentato di occupare Afrin ed avevano lanciato attacchi massicci contro i villaggi delle comunità di Sharran e di Jindires. In occasione di uno di questi attacchi nel maggio 2013, Silava Efrîn fu la prima combattente YPJ (Unità di difesa delle donne) ad essere uccisa nel Rojava.

Gli attacchi del fronte Al-Nusra (Jabhat al-Nusra in arabo, più tardi ribattezzato Jabhat Fateh al-Sham) incontrarono una resistenza massiccia e furono presto sconfitti. Soltanto un anno più tardi, Afrin si trovò nuovamente confrontata ad una nuova minaccia, questa volta costituita dalle mire d’occupazione dello Stato islamico (ISIS). Anche questa volta Afrin ne uscì vincitrice. Nel mese di agosto dello stesso 2014, l’ISIS rivolse le sue mire espansionistiche e distruttrici alla popolazione yezida di Shengal (Sinjar) in Iraq ed un mese più tardi a Kobanê nel Rojava.

Per lungo tempo, Afrin rimase isolata dagli altri cantoni curdi a causa degli scontri e dell’occupazione jihadista in corso nelle aree circostanti. Fu soltanto dopo la liberazione di Manbij nell’agosto 2016 che il contatto diretto con Afrin fu permesso nuovamente. L’opinione internazionale è d’accordo nell’affermare che Afrin rimane una delle ultime regioni relativamente stabili in Siria. Non dobbiamo tuttavia sminuire la gravità degli attacchi perpetrati dall’esercito turco e dai suoi alleati jihadisti durante gli ultimi tre anni. Nel corso del 2017, Afrin dovette subire una dozzina di attacchi da parte dell’esercito turco e dei suoi alleati islamisti. Anche prima dell’operazione detta “ramoscello d’ulivo”, civili residenti nelle zone di confine erano caduti vittime della violenza militare turca. Secondo la relazione pubblicata dall’Associazione per i diritti dell’uomo di Afrin, nel 2016 trentasette civili erano già rimasti vittime di attacchi militari turchi. Lo stesso esercito turco dichiara di avere abbattuto 14.000 ulivi di proprietà di contadini curdi, presenti sul loro territorio oltre il confine.

La Guerra ad Afrin è un Attacco Diretto alla Rivoluzione delle Donne. Sul Principale Ruolo delle Donne nella Costruzione di Strutture Democratiche ad Afrin. Confederalismo Democratico come Soluzione e Modello

Dopo il termine della “Primavera Araba” in Siria, i kurdi del nord della Siria hanno sviluppato un sistema proprio. Partirono con la creazione di strutture democratiche di autogoverno, per liberarsi da decenni di oppressione del regime di Ba’ath. Loro la chiamano “Terza Via” e viene concettualizzata nel Confederalismo Democratico. Il confederalismo è un modello politico che aspira all’equità delle varie etnie, religioni e generi.

Il Confederalismo Democratico è stato sviluppato da Abdullah Öcalan, il leader del movimento di liberazione kurdo (che è attualmente in carcere, sotto le più pesanti condizioni dell’isolamento nell’isola-carcere di Imrali) come proposta per la coesistenza pacifica degli innumerevoli popoli e religioni presenti in Medio Oriente. L’organizzazione sociale del Confederalismo Democratico è l’autogoverno, organizzato attraverso comuni e consigli. All’inizio, la regione del Rojava era divisa in tre cantoni, Afrîn, Kobane e Cizre. Adesso, l’auto-amministrazione democratica trascende il Rojava e comprende la Federazione Democratica della Siria del Nord, suddivisa in tre regioni e sei cantoni: la regione di Cizre è composta dai cantoni di Qamislo (al-Qamishly) e di Hasake (al-Hasakah), la regione Firat (Eufrate) comprendente i cantoni di Kobane e Girê Spî (Tel Abyad) e la regione di Afrîn con i cantoni di Afrîn e Sehba (Shahba). La regione è abitata da un mix di Kurdi, Arabi, Siriaci, Assiri, Armeni e Turkmeni, che sono musulmani, cristiani, alawiti, yezidi, ed ebrei.

Soluzioni da Dentro, Non da Fuori

Con l’obiettivo di estendere la loro sfera di influenza, le forze statali internazionali e locali guardavano al di fuori della Siria per la soluzione della guerra. La società del Rojava era convinta comunque che una vera soluzione doveva venire dall’interno. Dopo che il Partito dell’Unione Democratica (PYD) aveva formato un governo di transizione insieme al Partito dell’Unione Cristiana Suryoye e da altri piccoli partiti il 12 novembre del 2013, l’autonomia democratica fu dichiarata nel gennaio 2014. L’Auto-Amministrazione Democratica del cantone di Afrîn fu dichiarata il 29 gennaio 2014, appena pochi giorni dopo Cizre e Kobane.

Quota di Donne 40% e Co-Presidenza

Prima della dichiarazione dell’Autonomia Democratica nel cantone di Afrin era stata preparata la fondazione di un consiglio legislativo. Questo contava centouno membri e comprendeva inoltre la rappresentanza di Alviti e Yezidi di Afrîn, come le tribù arabe degli Emirati e dei Bobeni. In sette distretti della città di Afrîn, come nei consigli di villaggio, la popolazione delegava i suoi rappresentanti politici al consiglio legislativo autonomo.

L’amministrazione e le commissioni sono multi-etniche ed organizzate attorno al principio di equità di genere. La co-presidente del cantone amministrazione Hevi Ibrahim Mustafa è una donna kurda di fede alevita. Il co-presidente Abdulhamit Mustafa è un uomo musulmano appartenente alla tribù Araba degli Emirati. Prima che il cantone di Afrîn adottasse il modello della co-presidenza, Hevi Ibrahim Mustafa era a capo dell’amministrazione. Come passo verso l’equità di genere è stata introdotta una quota di rappresentanza delle donne pari ad almeno il 40%. L’obiettivo attuale è il rafforzamento dell’organizzazione femminile, nell’ottica di un superamento della necessità di una quota fissa in futuro, in modo che l’equa partecipazione e la rappresentanza siano garantite a tutti i livelli. Per ora, il principio della co-presidenza prevede che una donna e un uomo abbiano eque posizioni di leadership in tutti gli organi ufficiali.

Il Movimento delle Donne Kongreya Star

Le donne di Afrin e di tutto il Rojava si organizzano a livello comunale e di cantone nel movimento delle donne “Kongreya Star” (“Congresso Stellare”). Questa organizzazione fu fondata nel 2005 con il nome di Yekîtiya Star (“Unione Stellare”). Le sue attiviste subivano una massiccia repressione, come il carcere e la tortura, compiuta dal regime di Ba’ath. Nonostante i grandi ostacoli, il loro lavoro preparò la fondazione per l’organizzazione delle donne attraverso la costruzione di consigli (assemblee) e comuni di donne in tutte le città della Siria del Nord. Per far questo, potevano riferirsi ai trent’anni d’esperienza del movimento delle donne kurde proveniente dalle varie parti del Kurdistan. Durante il suo congresso del febbraio 2016, il movimento delle Donne della Siria del Nord decise di organizzarsi attraverso il confederalismo, all’interno della forma di un congresso, per la preoccupazione che l’organizzazione in forma di unione non avrebbe alla lunga portato giustizia agli obiettivi del movimento e ai suoi bisogni. Nel Kongreya Star, donne e organizzazioni di donne si organizzano autonomamente su base comunale, municipale e cantonale, inoltre sono impegnate nell’organizzazione di tutta la società. Impegnato su questo doppio fronte, il movimento delle donne trasforma attivamente la società patriarcale in una di uguaglianza di genere, portando le prospettive della liberazione delle donne in tutte le sfere della vita.

Le Donne sono Pioniere del Cambiamento Sociale

Allo stesso modo ad Afrin sono stati istituiti comitati, centri ed accademie di donne. Il loro obiettivo è rendere possibile la trasformazione della società attraverso la partecipazione attiva delle donne. Le donne sono rafforzate dall’educazione su determinati argomenti, come Autonomia Democratica, auto-difesa, ecologia, storia della donna, sessismo e diritti delle donne, come pure temi riguardanti la salute e l’economia. Un altro punto fondamentale è legato al tema dell’alfabetizzazione e dell’educazione in lingua kurda. La Fondazione della Donna Libera del Rojava, formata nel 2014, confronta i problemi delle donne del Rojava nelle aree di economia, società, politica, salute, cultura ed educazione. Si sviluppano progetti in accordo con le idee e i concetti che vengono fuori dalle donne della società.

Non Costituzione, ma Contratto Sociale

Banditi la poligamia, il matrimonio forzato e il matrimonio di minori. In tutto il mondo, gli uomini determinano le regole fondamentali dell’organizzazione sociale. Nei consigli costituzionali del Rojava, le donne giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo delle leggi. Giocano poi un ruolo vitale anche nello sviluppo del Contratto Sociale del Rojava e continua a sostenere lo sviluppo della Federazione Democratica della Siria del Nord. Una legge riguardante quaranta differenti diritti delle donne è stata sviluppata dalle donne stesse. Il Contratto Sociale proibisce la poligamia, il matrimonio forzato ed il matrimonio di minori. Un ruolo cruciale in questo contesto è giocato dalle “Mala Jins” (Case delle Donne), centri di educazione e consulenza, in cui le donne che hanno vissuto violenza e ingiustizia possono indirizzare le loro preoccupazioni. Molti problemi sono stati risolti collettivamente all’interno delle Case delle Donne o sono stati delegati alle corte. Anche nelle corti, le donne sono rappresentate almeno al 40%. Giudici donne ascoltano i casi riguardanti questioni di violenza contro le donne.

Le YPJ Sono State Formate ad Afrîn. Le Forze di Sicurezza Cooperano con i Consigli delle Donne

Le Unità di Difesa del Popolo YPG dichiaravano ufficialmente la loro formazione nel Luglio 2012, un anno dopo l’escalation della guerra in Siria. Otto mesi dopo la fondazione delle YPG, fu formato il primo battaglione di difesa delle donne – ad Afrîn. La formazione ufficiale dell’Unità di Difesa delle Donne YPJ avvenne il 4 Aprile del 2013. Non soltanto il primo battaglione delle donne del Rojava si formò ad Afrîn, anche la prima combattente YPJ a perdere la vita morì ad Afrîn. Accanto alle YPJ ci sono altre due strutture autonome di difesa delle donne: le forze di difesa civile (HPC-Jin) e le forze di sicurezza delle donne (Asayişa Jin). HPC-Jin sono le forze di difesa del popolo e sono sotto la responsabilità dell’amministrazione locale, comunale. Le forze di sicurezza delle donne sono controllate dai consigli di cantone. Da una parte, difendono la popolazione dagli attacchi esterni degli jihadisti e dai servizi d’Intelligence del regime di Assad e della Turchia. Dall’altra, intervengono nei conflitti locali che non possono essere risolti dalla comunità e dalle stesse istituzioni sociali. Nei casi di violenza domestica, per esempio, le donne possono mettersi in contatto con l’Asayiş Jin. Entrambe le organizzazioni sono, a loro volta, in stretta relazione con i consigli delle donne.

Forma Cooperativa di Produzione. Le Donne Lavorano i Campi Insieme. La Redistribuzione delle Risorse è Equa

Diversamente da Kobane e Cizre, Afrîn è montagnosa. In una valle, è in corso un lavoro di agricoltura intensivo. Grano, cotone e frutta sono le piantagioni prevalenti. Il prodotto principale deriva dagli alberi di olive. Sotto il regime di Assad, al popolo non era permesso di occuparsi delle proprie risorse, ma dovevano vendere le loro materie prime e lavorarle per lo stato. Nonostante l’embargo in corso imposto dalla Turchia, negli ultimi anni il popolo di Afrîn è riuscito a raggiungere grandi sviluppi per la propria economia locale e per le risorse necessarie alla società. La base dell’economia è la produzione cooperativa, realizzata per abolire lo sfruttamento e la competizione e per garantire che i bisogni vitali della società siano raggiunti tramite mezzi equi. Anche le donne organizzano la loro economia indipendentemente. Le cooperative di donne come la Inanna Agricultural Cooperative, fondata ad Afrîn nel 2016 e che produce grano, fagioli, ceci, cipolla e aglio, giocano un ruolo centrale.

Metà della Popolazione Sono Sfollati Interni. Campi di Rifugiati come Bersaglio d’Attacco

La popolazione del cantone di Afrin è più che raddoppiata negli ultimi anni, oggi raggiunge approssimativamente un milione di abitanti. Nel corso dei molti attacchi dei ribelli e delle forze del regime ad Aleppo, parecchie centinaia di migliaia di persone, provenienti soprattutto dai distretti a maggioranza kurda di Ashrafiyah e Sheikh Maqsud, dovettero fuggire e tornare nella propria città, ad Afrîn. All’apice di quest’ondata ci sono stati grandi spostamenti da posti come Azaz, al Bab, Tall Rifat, Manbij e Idlib, dove specialmente gli arabi sono fuggiti dai gruppi jihadisti come Ahrar al-Sham, il (precedente) al Nusra Front, ISIS, o la divisione Sultan Murad co-fondata dai turchi. Questi Sfollati Interni trovarono riparo non solo nelle città e nei villaggi, ma anche nel campo di rifugiati Robar, formato nel 2015 dall’amministrazione del cantone di Afrîn e che finora ha fornito un rifugio per più di centomila rifugiati. Il campo dei rifugiati è stato attaccato diverse volte dall’esercito turco dal 20 gennaio.

Kongreya Star

Documento Originale in http://www.uikionlus.com/dossier-il-motivo-dellattacco-su-afrin-mira-ad-indebolire-il-movimento-di-liberazione-delle-donne-e-lalternativa-democratica/


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