Il 17 marzo la scuola è in sciopero. L’azione di lotta è stata promossa dal alcune significative sigle del sindacalismo di base tra cui COBAS, UNICOBAS, USB con l’obiettivo di contrastare la definitiva adozione dei decreti delegati attuativi della legge 107, meglio nota come “buona scuola”.
Il settore scuola sta già vivendo gli effetti devastanti della riforma voluta da Renzi e Giannini, effetti che già in altre occasioni, da queste pagine sono stati messi in evidenza: dalle assunzioni per chiamata diretta nelle mani dei presidi, all’introduzione del premio al merito, all’estensione abnorme del sistema dell’alternanza scuola-lavoro, all’utilizzo di personale su posti fittizi anziché su posti reali che si potevano ricavare abbassando il numero di alunni per classe. Il disastro è evidente, ma non è ancora completo. Il Parlamento infatti quando votò la legge 107 nell’estate 2015, dette la possibilità al ministro dell’istruzione di legiferare direttamente, senza passaggi parlamentari, su 9 punti attuativi. L’emanazione delle 9 deleghe è stata rimandata a dopo il referendum dello scorso dicembre (anche se lo slittamento a Renzi non è servito granchè) e nel mese di gennaio, nell’ultimo giorno utile, la Fedeli, nuova ministra dell’istruzione del governo-fotocopia Gentiloni, ha emanato 8 dei 9 decreti attuativi, ultimo tassello di attuazione della 107. Le materie che si vanno a definire sono estremamente importanti e toccano aspetti fondamentali come l’accesso al ruolo docente nella scuola secondaria, il sostegno agli studenti disabili, la revisione radicale del sistema di istruzione 0-6 anni, la revisione dei percorsi professionali, dell’esame di di stato e così via. Senza scendere nei dettagli che meritano un’analisi puntuale, possiamo però segnalare alcune macroscopiche modifiche che i decereti delegati introducono. L’accesso al ruolo docente richiederà un tirocinio triennale sottopagato (500 euro mensili) preliminare ad un concorso che, se non superato, implicherà la ripetizione del triennio di tirocinio: avremo in pratica un esercito di riserva supersfruttato di precari istituzionali. L’attribuzione delle ore di sostegno sarà decisa per via burocratica, senza corrispondenza con le effettive necessità, mentre sarà ridotto il numero degli insegnanti di sostegno, che svolgeranno funzioni organizzative lasciando l’intervento didattico presumibilmente all’esercito di riserva di cui sopra. La scuola dell’infanzia statale verrà in pratica dismessa per entrare in un segmento gestito dagli enti locali, che dovranno trovare le risorse nel sistema integrato: in pratica una partita di giro che aprirà ancora di più il settore scolastico di questa fascia di età al privato, che in Italia è costituto per la maggior parte da scuole religiose. Il nuovo esame di stato, in vigore dall’anno prossimo, vedrà l’espletamento preliminare obbligatrorio delle prove Invalsi e una prova d’esame specifica che si concentri sull’esperienza di alternanza scuola lavoro: in pratica alternanza e Invalsi diventano le due cose che contano di più nel percorso scolastico.
Questo, sinteticamente, il panorama delle maggiori novità che i decreti delegati vogliono introdurre. Si tace del personale ATA, non docente, che comunque è condannato ad una progressiva eliminazione tramite il ricorso alla esternalizzazione. Il blocco delle assunzioni, il divieto di sostituzione del personale amministrativo assente anche per periodi lunghi, l’estensione strutturale delle reti di scuola previste dalla 107, con prestiti di personale per necessità comuni e assolvimento centralizzato di alcune pratiche, sono elementi che procedono in questa direzione.
Il governo, sentito il parere delle commissioni cultura di camera e senato (tanto basta, in caso di deleghe, secondo la nostra beneamata costituzione !!!) ha tempo fino al 16 di aprile per varare definitivamente i decreti. In questo periodo i sindacati di base si stanno mobilitando tramite un fitto calendario di assemblee sindacali, e tramite un’attiva campagna di propaganda, per contrastare l’approvazione dei decreti e l’ulteriore attuazione della buona scuola. Occorre che lo sciopero riesca e non possiamo certo basarci sul contributo di chi finora ha fatto un’opposizione da operetta alla riforma renziana. Certo non possiamo far leva sulla CGIL, che non ha voluto opporsi seriamente alla buona scuola e che contrasta persino il diritto di assemblea dei sindacati non concertativi, tantomeno ora che il ministero dell’istruzione è guidato da Stefania Fedeli, che dal 1974 al 2012 è stata un esponente di spicco della CGIL.
Occorre che lo sciopero riesca, ma non possiamo farcela da soli. Le lavoratrici e i lavoratori della scuola hanno bisogno di contare sulla solidarietà che solo i settori sociali più avanzati, solo le organizzazioni politiche più lucide e più lontane dalle logiche del capitale possono assicurare. Sosteniamo lo sciopero della scuola del 17 marzo. Sosteniamo le lotte che si oppongono alle politiche aziendalistiche, alle politiche dei governi e del capitale.
Patrizia