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Una possibile risposta

Una possibile risposta

unDebbo confessare che ho letto con un certo stupore e curiosità l’articolo del compagno Cosimo Scarinzi (ci si conosce da una vita) “Lo sciopero generale che c’interroga”, uscito in contemporanea con altri interventi in parte similari in questo periodo nella stampa anarchica, innanzitutto sollevando un interrogativo: perché ora tali considerazioni?

Faccio presente che ci sono state stagioni, non molti anni fa, in particolare dopo la formazione di USB a seguito della rottura con la CUB, dove si facevano normalmente scioperi generali rigorosamente separati, obbiettivamente con motivazioni molto minori di quelle attuali. C’è stato poi un momento in cui tali componenti si sono accordate in funzione dello sciopero generale unitario per ritornare subito dopo più nemici di prima. L’USI-AIT, che in quella fase non veniva neanche convocata nelle riunioni di segreterie, esprimeva una posizione precisa, critica rispetto a quelle decisioni prese dalle ristrette segreterie, proponendo delle Assemblee unitarie di tutti i militanti ed esponenti di tutta la galassia del sindacalismo di base ed alternativo per decidere tutti assieme alla base sugli obbiettivi, programmi e tempi di andare ad uno sciopero generale unitario con una prospettiva di più ampio respiro nella continuazione anche dopo lo sciopero stesso. Su questo modo di affrontare la questione dell’unitarietà nessuno si esprimeva, né all’interno delle proprie organizzazioni né all’esterno per quel che mi risulta. In tale situazione da parte dell’USI-AIT , pur mantenendo tali motivazioni critiche, per non rompere il fronte anche di quella tenue unitarietà realizzata, si decideva di partecipare allo sciopero generale con una proclamazione in modo autonomo e una piattaforma propria.

È evidente, come lo stesso Cosimo ha fatto presente, quando parte del Sindacalismo di Base, dopo aver criticato duramente l’accordo del 10 gennaio 2014 l’ha poi sottoscritto, si è creata una situazione senza precedenti con cui oggi siamo costretti a fare i conti. È questa la vera novità con cui si deve ragionare al presente.

La stessa proposta dell’USI di creare unitarietà attraverso la pratica di assemblee di base del sindacalismo alternativo trova un muro ben solido davanti con cui fare i conti. Tutto diventa più complicato.

Già prima, anche quando con lo sciopero generale si riusciva ad unificare il sindacalismo di base, lo si sapeva bene che era di un impatto comunque inferiore a quello che realmente occorreva per raggiungere gli obbiettivi preposti, ma è già molto importante che il sindacalismo alternativo riesca a mobilitare e colpire nei luoghi di lavoro dove ha conquistato uno spazio importante.

Alla domanda perché fare dei scioperi generali che non hanno l’impatto dovuto al raggiungimento immediato degli obbiettivi proposti, una prima risposta, a mio avviso, è la coerenza, perché di fronte a tutto quello che sta accadendo, leggi e accordi che eliminano progressivamente le principali conquiste che sono costate dure lotte, e la critica che facciamo alle Confederazioni sindacali che avvallano tutto questo con una finta opposizione a parole oppure danno sfogo alla pressione interna con qualche finto sciopero, non possiamo non dare comunque una nostra risposta. Gli stessi “entristi” nei sindacati Confederali che s’illudono di muovere il pachiderma immobile con delle punture di zanzara, sarebbero i primi a ridire: “siete solo buoni a criticare ma non fate niente di alternativo”.

Quando lavoravo in Telecom i sindacati Confederali facevano dei rinnovi contrattuali, come in tutte le altre categorie, presentando delle piattaforme che ogni volta proponevano la riduzione dei diritti e delle conquiste fatte, per cui ci si rifiutava di scioperare in tale contesto. Ma per non dare spazio ad un interessata critica di “crumiraggio” che avrebbe sicuramente vanificato la validità delle nostre critiche, ci si organizzava autonomamente con una piattaforma alternativa sostenuta con scioperi dell’intera giornata, superiori a quelli dei Confederali, pur con partecipazioni di minoranze. Il principio, rapportato allo sciopero generale, è lo stesso. In un certo senso siamo praticamente obbligati a farlo, anche per la sola coerenze oltre per le stesse necessità, come lo stesso Cosimo riconosce in alcuni passaggi, di mantenere vitale un organismo, quale quello sindacale, che altrimenti si atrofizza.

Per ultima considerazione c’è sempre la necessaria aspirazione, di fronte al forte malcontento che ci circonda e che non trova uno sbocco, che questi momenti di scioperi generali possano essere un valido stimolo per la ripresa di un più ampio fronte di lotta come necessiterebbe la situazione presente.

Certo si può anche fare altro, come viene suggerito, anzi è necessario soprattutto fare anche altro, come quello di portare la radicalità dello scontro nelle situazioni dove siamo presenti. Questo non deve essere l’alternativa ma la necessaria articolazione dello scontro, fatto di momenti locali e generali. È anche vero che certe cose si possono fare come semplice iniziative di propaganda, come assemblee ,manifestazioni, volantinaggi, ma tutto questo è il corollario di un necessario sbocco dello sciopero. L’organizzazione sindacale non è un circolo culturale, ma un organismo la cui attività principale è legata alla sua capacità d’intervenire attraverso lo sciopero, altrimenti nega la sua missione principale.

Per quanto poi riguarda la differenza degli scioperi del 21 ottobre e del 4 novembre, essa non è costituita solamente dal fatto che USB, tra i principali promotori, è firmataria dell’accordo del 10 gennaio. Non può essere sfuggita all’attenzione, a chi entra nel merito, la forte carica di istituzionalità attribuita da tutti i sindacati promotori nell’appoggio alla campagna referendaria per il No, che a nostro avviso era una montagna insormontabile. È lo stesso errore di ignorare questo aspetto, non so quanto intenzionalmente, l’ha fatto la componente “No Austerity” nella foga di fare l’appello allo sciopero unitario , attribuendo alla sola questione della firma del famigerato accordo il “pretesto” per non fare lo sciopero unitario.

Voglio far presente che come USI abbiamo perfino scioperato nella stessa giornata con la FIOM, pur con modalità e piattaforma distinta, quando questa era stata oggetti di pesante attacco da parte di Marchionne, perché si colpiva anche l’intero sindacalismo conflittuale. Abbiamo come USI partecipato alla manifestazione di Piacenza dopo l’assassinio di Abd Elsalam Ahmed, anche se già l’USB ne faceva una propria bandiera di propaganda. Quando è necessario vanno scavalcati certi confini, ma nella chiarezza e quando ci sono in gioco questioni condivisibili. Non siamo disponibili, come nel caso del 21 ottobre, dare copertura a chi aveva fatta una scelta istituzionale spacciandola per lotta di classe. Era necessario, nel caso, che il Re apparisse nudo qual era. Ed era altrettanto necessario indicare, nello stesso momento, che uno sciopero generale su basi conflittuali era realmente possibile.

Voglio anche far presente che sia nello sciopero generale del 18 marzo che in quello del 4 novembre sono stati messi nella piattaforma d’indizione i principale problemi nello scontro di classe in questa fase, nella prospettiva di sviluppare successivamente azioni unitarie. Va rimarcato come lo sciopero contro la guerra e le spese militari era uno dei temi principali messi all’attenzione. Dopo lo sciopero del 18 marzo siamo riusciti con le stesse componenti ad indire una importante manifestazione a Milano contro il consolato francese e di solidarietà con la lotta in Francia. Dopo quella del 4 novembre si è riusciti da parte degli stessi promotori ad organizzare nella giornata del 12 novembre una importante manifestazione contro il governo Turco con una fortissima partecipazione della componente Curda. Sono passi importanti nella prospettiva della necessaria unitarietà di azione.

Ma adesso arriviamo alla doccia fredda in questo cammino periglioso, che riguarda proprio l’unità importante da realizzare nelle situazioni aziendali. La stiamo mettendo a dura prova proprio in una struttura ospedaliera significativa come la “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone dove la linea portata avanti dalla sezione USI è diametralmente opposta a quella della CUB e dove risiede il segretario nazionale della sanità di tale sindacato. L’azienda, dopo tanti sacrifici imposti ai suoi dipendenti li ha ricattati, per ridurre i costi, con il passaggio della maggior parte dei lavoratori assunti con il contratto Aris a quello dell’Uneba, di costo inferiore. Dopo un primo sciopero unitario, molto partecipato e con una forte manifestazione ai cancelli, già il giorno dopo è stato firmato l’accordo, già ventilato in precedenza dall’azienda stessa, da Cisl, Cgil e la stessa CUB, rompendo il fronte sindacale in netta contrapposizione con USI e Cobas. L’accordo prevede 4 giorni di ferie in meno e 3 anni senza incentivo alla produzione, senza alcuna garanzia che passato tale periodo l’azienda non imponga il contratto Uneba a tutti dipendenti. Questi sì che sono sintomi molto preoccupanti, a mio avviso, su che china sta prendendo il sindacato di base, anche quello non “firmatario dell’accordo del 10 gennaio”, ma che si regge sul “funzionariato”.

Enrico Moroni


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