Intervista alla rappresentanza USI nel Coordinamento dei sindacati di base e conflittuali
Qual è il quadro generale della situazione attuale?
R – Siamo di fronte ad un governo profondamente di destra che continua la sua marcia trionfale. Pur diviso al proprio interno da logiche di egemonia è saldamente unito nella prospettiva di governare più a lungo possibile e nell’approvare leggi più repressive nel mondo del lavoro e nel sociale. Nel settore della logistica i contratti sono sostituiti e non rispettati, sono state modificate le leggi che aumentano la precarizzazione per chi lavora e a molti disoccupati è stato tolto il misero reddito di cittadinanza. Si nega la legge per un salario minimo, non c’è alcuna risposta alla grave crisi climatica e intanto i gravi problemi sociali derivanti dall’economia di guerra non vengono affrontati: dal caro vita all’inflazione che si mangiano i salari e le pensioni tra i più bassi d’Europa, al continuo peggioramento dell’assistenza sanitaria dove si allungano sempre più i tempi per le prestazioni urgenti, al diritto alla casa sempre più negato per le famiglie disagiate e per gli studenti fuori sede in lotta contro il caro affitti, le cui uniche risposte sono quelle degli sfratti. La Meloni è affaccendata solo nel soffiare in modo pericoloso sui venti di guerra, nell’alimentare l’industria delle armi e nel commercio per l’invio delle armi nelle zone di guerra, aumentando a dismisura le spese militari. Come alternativa l’opposizione Istituzionale, per propria natura, non riesce a fare una opposizione seria e credibile, ma solo parolaia, complice di quella sfiducia ormai generalizzata e rassegnata in gran parte della popolazione.
Quale urgenza nella proclamazione dello sciopero generale?
R – La situazione è insostenibile soprattutto per i lavoratori, le lavoratrici e le categorie più disagiate che stanno precipitando in un degrado sempre maggiore dal quale si rischia di non riuscire più a sollevarsi. E’ indispensabile motivare quella rabbia che sta dietro alla rassegnazione che si esprime nel brontolio diffuso, con l’avversione alla guerra e a tutte le sue conseguenze che sono la causa principale del peggioramento delle nostre condizioni di vita. Sarebbe necessario di certo uno sciopero generale ad oltranza per uscire dalle condizioni in cui ci troviamo, ma sappiamo bene che la consapevolezza perché ciò accada non è radicalmente e adeguatamente diffusa. Non possiamo neanche far passare troppo tempo senza reagire poiché, a nostro avviso, verrebbe meno la funzione di sindacalismo alternativo che non può che esprimersi con segnali di lotta, di mobilitazione e di sciopero generale nelle condizioni date di fronte all’inerzia e alle svendite quotidiane con cui opera il sindacalismo concertativo, causa principale di quel ristagno dal quale vogliamo uscire fuori. Per questo abbiamo espresso nella piattaforma di proclamazione dello sciopero generale del 20 ottobre: se non ora quando?
Non sarebbe il caso nell’attuale situazione di cercare l’unità anche con i sindacati confederali, in particolare la Cgil che sembra intenzionata a mobilitarsi?
R – Sarebbe un ulteriore inganno verso la classe lavoratrice di cui ci renderemmo complici. Collaborando daremmo l’illusione che queste strutture burocratiche e totalmente istituzionalizzate possano cambiare la loro natura di svenditori della forza lavoro, causando ulteriori danni. Le loro mobilitazioni parolaie sono solo un tentativo di controllare e gestire il malcontento crescente. Il signor Landini quando era segretario della Fiom minacciava a parole, nei momenti di scontro con il padronato, di occupare le fabbriche per protesta, ma non sono mai seguiti i fatti. Quando è diventato segretario generale della Cgil, e ancor prima per arrivare a quella meta, si è comportato peggio della Camusso. La Cgil in particolare alza la voce a parole quando ci sono governi non amici, come quello attuale, con una opposizione solo di facciata, per poi svendere anche l’anima con il governo cosiddetto amico per concordare le peggiori riforme ai danni della classe lavoratrice. Per questo anche ad una mezza apertura nei confronti dei sindacati collaborazionisti ne deriverebbe una successiva pesante delusione per la classe lavoratrice. Ad ogni modo lo sciopero generale è stato proclamato da tempo per il giorno 20 ottobre e la piattaforma rivendicativa è nota da tempo e ad oggi, oltre alle solite voci che stanno circolando, non risulta indetto alcun altro sciopero generale oltre a quello del 20 ottobre.
Che prospettiva si dà all’Assemblea Nazionale dell’8 ottobre a Milano?
R – L’appello per l’assemblea nazionale a Milano l’8 ottobre è chiaro. Sarà importante allargare la partecipazione di lavoratori e lavoratrici, ma anche di disoccupati, precari, alle altre realtà di lotta, sociali, politiche e sindacali, i movimenti studenteschi, i comitati ambientalisti, le reti attive contro la guerra e il militarismo a tutte e tutti coloro che non solo si stanno agitando ma in concreto hanno intenzione di intraprendere un percorso collettivo di opposizione sindacale, sociale e politica alla guerra, al carovita e alla precarietà. L’assemblea si terrà presso il Circolo El Salvadané in via De Amicis 17. E’ organizzata da alcune sigle del sindacalismo AdL Varese – Cub – SGB – Si Cobas e Usi Cit ma altri/e si aggiungeranno alla costruzione della giornata di sciopero del 20 e potremo trovarci, discutere ma anche conferire sulle iniziative future da mettere in campo o a quelle già attivate sulla contrarietà alla guerra e all’economia di miseria che l’accompagna, ai salari bassi, ai tagli alle pensioni, al taglio del reddito di cittadinanza, ai morti sul lavoro, all’aumento dell’inflazione e del costo della vita. Fatica e ricatto imperversano nei luoghi di lavoro ma sarà un’occasione per coalizzarsi e coordinarsi anche con i comitati di lotta sulla salute, sulla devastazione ambientale, ai comitati contro il riarmo e le spese militari che si stanno sviluppando sui territori. A tal proposito ricordiamo che oltre alle mobilitazioni che saranno attivate nella giornata dello sciopero generale del 20 è stata chiamata una giornata di mobilitazione il 21 ottobre e già assemblee sono attivate contro le basi militari a Pisa, in Sicilia e a Ghedi (BS). Il progetto è di sviluppare, prima, durante e dopo lo sciopero generale, la massima unità d’azione con tutti coloro che intendono costruire ed animare un’opposizione reale e di classe alle politiche di lacrime e sangue del governo Meloni e dei signori della guerra.
Quali sono i punti di forza su cui pensate concentrare maggiormente lo scontro contro il governo e contro il padronato più in generale?
R – Il punto fondamentale è l’inversione di rotta dalle spese militari alle spese sociali facendo emergere il malcontento contro la guerra presente in larga parte della popolazione che ne sta pagando pesantemente le conseguenze e adeguare i salari e le pensioni al reale costo della vita, riattivando anche la scala mobile che i sindacati concertativi ci hanno tolto, decidere per un salario minimo che non vada sotto la soglia di povertà, ripristinare il reddito di cittadinanza migliorandolo e stabilire un salario garantito ai disoccupati. Queste soluzioni tamponerebbero la situazione catastrofica che si è venuta a creare per i ceti popolari che hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze della pandemia e l’accelerazione del carovita con i salari non indicizzati al potere di acquisto, al taglio drastico delle spese sociali e dei diritti. L’incremento poi del sistema dei sub appalti ha fatto avanzare ancor di più il caporalato, il precariato e la mancanza di sicurezza sul posto di lavoro. E’ importante rivendicare dalla logistica alla sanità privata l’applicazione di un contratto unico in ogni categoria che impedisca ai padroni di scegliere contratti peggiorativi e a loro più convenienti. Contrastiamo una sanità sempre più privatizzata che non garantisce cure adeguate alla popolazione e le politiche governative che risolvono il diritto alla casa con la repressione e gli sfratti. Questo è il quarto sciopero generale nazionale di tutti i settori pubblici e privati che abbiamo proclamato dal mese di ottobre 2021 per denunciare quanto sta accadendo. L’astensione collettiva dal lavoro è uno strumento forte di protesta e opposizione sociale insieme alle assemblee, alle manifestazioni e ai presidi sui posti di lavoro e nei quartieri per cercare di fermare la barbarie egemonica e affamante delle associazioni padronali. Lo sciopero in quanto diritto ha subito numerose modifiche attraverso delibere, circolari regolamenti attivati a contrastare e cancellare proprio tale diritto. Non intendiamo fermarci, abbiamo redatto l’appello con gli altri sindacati di base e abbiamo messo a punto una piattaforma di rivendicazioni comuni verso lo sciopero generale del 20 ottobre, una palestra di unità nella lotta tra lavoratori e lavoratrici e non solo.