Promosso dal Movimento NO MUOS, dall’Assemblea antimilitarista e dal Comitato No inceneritore, ha avuto luogo sabato 10 dicembre presso la Pinacoteca comunale di Gela il convegno sul nuovo colonialismo energetico e
militare di ENI.
Davanti ad una sala piena di pubblico e di attivisti delle varie organizzazioni e associazioni promotrici ed aderenti, moderati da Nicolò Distefano di No inceneritore, i lavori sono iniziati con la relazione di Daniele Ratti dell’Assemblea antimilitarista di Milano, incentrata sull’equazione “energia = profitto = guerra”. L’Italia è il secondo paese al mondo per missioni militari all’estero (ben 54) di cui metà in Africa.
La mappa delle missioni coincide per il 98% con le aree estrattive di petrolio e gas ed il ruolo di ENI è trainante. Dopo aver fatto un quadro geopolitico degli interessi energetici italiani nel cosiddetto “Mediterraneo allargato”, Ratti si è soffermato sulla presenza di ENI ai vertici del Ministero degli Esteri e sulla sua funzione di “guida” del
Ministero della Difesa.
Andrea Turco, giornalista ambientale e membro di A Sud ha definito la ricerca di forniture energetiche alternative alla Russia solo il “cambio dello spacciatore”. Si è soffermato quindi sulla situazione locale: il gasdotto esistente, Green Stream, dalla Libia a Gela, occupa appena 12 persone; è in costruzione l’Argo Cassiopea con una capacità di 10 miliardi di metri cubi di gas da trasferire alle imprese energivore del Nord, mentre il terzo deciso per Gela è il Melita Pipeline che dovrà rifornire Malta. Si tratta di politiche estrattiviste che acuiscono solo la devastazione del
territorio. Le bonifiche dell’area SIN (Sito di Interesse Nazionale) Gela-Niscemi-Butera istituito nel 1998, dopo 24 anni sono attestate all’1% in terra e a zero in mare. Mentre continua lo stillicidio di decessi tra gli ex operai della raffineria.
Pippo Gurrieri, a nome del Movimento NO MUOS, ha messo a confronto le due città di Gela e Niscemi e i disastri in comune. Ha snocciolato i dati dei decessi per tumore maligno, quelli delle malformazioni dei neonati (1 bambino
ogni 166 abitanti a Gela) e i pochi dati noti sulle vittime niscemesi probabilmente causate dalle emissioni elettromagnetiche della base USA. Le due città hanno tanti disastri in comune, fra cui l’essere entrambe capitali, l’una dell’inquinamento, dei tumori e delle malformazioni neonatali e l’altra della guerra che ogni giorno viene gestita dal MUOS.
Anche i dati dell’evoluzione demografica messi a confronto offrono un quadro di una forte crisi economica e sociale in atto. È necessario, ha affermato Gurrieri, partire da questi aspetti drammatici e drastici per mettere in atto le giuste risposte, coinvolgendo le popolazioni locali.
Erika Garotto, della Rete dei comitati territoriali siciliani ha evidenziato come le questioni poste siano questioni di decisionalità e di colonialismo. I progetti di ENI sono di tipo coloniale; lo Stato italiano si è dotato di norme che permettono di scavalcare gli enti locali su questioni fondamentali; una forma di dominio contro cui occorre rivoltarsi.
Paolo Scicolone, di No inceneritore, ha contestato la scelta della Regione di impiantare a Gela il secondo inceneritore (quello per la Sicilia occidentale), dove dovrà essere trasferita la spazzatura prodotta per il 70% a Palermo, con forti rischi di inquinamento, dato che la maggior parte è indifferenziata. Ha denunciato i ricatti occupazionali che si vanno facendo per acquisire il consenso al progetto, e si è soffermato sulla mancata bonifica del territorio e sugli alti livelli di contaminazione esistenti, specie in agricoltura.
Dopo gli interventi si è svolto un animato dibattito con oltre una decina di interventi, con altri spunti e denunce di altri contesti, come l’area siracusana. L’intervento di un senatore del Movimento 5 Stelle, che ha svirgolato sulle questioni militari soffermandosi su quelle ambientali, sulle quali si è offerto come sponda istituzionale, ha indotto alcuni attivisti NO MUOS e lo stesso Daniele Ratti a replicare sulle responsabilità della classe politica tutta nelle decisioni sulle spese militari e le politiche di guerra e sulla forte militarizzazione della Sicilia che rappresenta una ipoteca a qualsiasi possibilità di un diverso divenire. Da qui la necessità di muoversi dal basso per contrastare tali
politiche e conquistare la demilitarizzazione dei nostri territori.
Movimento NO MUOS