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Libano Egitto Iraq

Libano Egitto Iraq

Panoramica generale

In questo periodo assistiamo allo sfogo della rabbia repressa delle popolazioni dell’America centrale e latina e quelle mediorientali e nordafricane.

Negli scorsi numeri [1] ci siamo occupati di alcune fasi delle proteste dell’America Centrale e Meridionale, cercando di analizzarne le motivazioni anche con l’aiuto di letture interne alle stesse rivolte. Oggi ci occuperemo del Mediorente e del NordAfrica, precisamente di Egitto, Libano e Iraq. Cercheremo di individuare, se esistono, delle comuni generatrici nei conflitti in atto tracciando delle congiungenti ideali con la fase economica globale e i vari interessi geopolitici nelle varie regioni.

Libano

Il 2 Settembre 2019, la burocrazia libanese ha dichiarato l’emergenza economica a seguito del declassamento da parte di due delle tre principali agenzie di rating del credito (Ficht e Standards & Poor’s [2]). Il declassamento, dovuto ad un rallentamento della crescita del PIL, ha minacciato il tasso di cambio fisso tra la sterlina libanese e il dollaro USA. [3]

Per ovviare a tale problema la Banca Centrale del Libano ha dato fondo alle sue riserve per mantenere stabile l’attuale tasso di cambio, suscitando le reazioni negative delle agenzie di rating come Ficht e Standards & Poor’s sul mantenimento delle suddette riserve.[4]

La situazione di instabilità economica in Libano dovute alle sanzioni contro Hezbollah, le escalation con Israele, il conflitto nella vicina Siria, il debito pubblico pari al 150% del PIL [5] e un governo in stallo per nove mesi e incapace di pubblicare il documento del bilancio per il 2019, hanno portato alla fuga sia degli investitori stranieri e che dei capitali della grande borghesia libanese, accentuando la tendenza inflazionistica seguita all’immissione di valuta operata dalla banca centrale. Si è dato avvio ad una spirale che se non arrestata potrebbe mandare gambe all’aria l’intero paese, il problema è che spesso la toppa è peggio dello strappo, se a rallentare la caduta dell’economia nazionale intervengono i prestiti del FMI.

L’annuncio da parte del governo di mettere nuove tasse sulla benzina, tabacco, grano e telefonia mobile, hanno portato a proteste di massa. Pur essendoci diverse religioni e sette (cristiani, sunniti, sciiti e drusi) all’interno della società libanese, le manifestazioni hanno superato apparentemente queste divisioni, portando a scontri con la polizia [6] ed Hezbollah.[7]

Le dimissioni del primo ministro Saʿd Ḥarīrī il 29 Ottobre e le dichiarazioni del presidente del Libano Michel Naim Aoun del 12 Novembre non hanno fermato le proteste.[8]

L’omicidio di Alaa Abou Fakhr [9], rappresentante del Progressive Socialist Party, da parte di un membro dell’esercito libanese, ha rinfocolato le proteste di piazza.

Egitto

La crisi economica e politica egiziana del 2011 aveva portato alla deposizione di Muhammad Hosni El Sayed Mubarak e, un anno dopo, all’elezione a presidente di Mohamed Morsi. A causa del declassamento di Standard&Poor’s [10] e la relativa fuga degli investitori stranieri, la grande borghesia egiziana e i militari avevano optato per un colpo di Stato, portando al potere il generale Abdel Fattah al-Sisi nel 2013. Le prime misure di al-Sisi sono state quelle di limitare le manifestazioni [11] e criminalizzare il dissenso [12], rafforzando la storica egemonia militare [13] e spalancando le porte agli investimenti esterinel paese.[14]

Queste misure hanno permesso al governo di al-Sisi di risollevare l’economia egiziana – nonostante l’aumento del debito pubblico -, intavolando trattative con il Fondo Monetario Internazionale per ricevere un prestito di 12 miliardi di dollari.[15]

In una situazione dove il 60% della popolazione egiziana vive al di sotto della soglia di povertà [16] , e la repressione e la corruzione sono le basi su cui si poggia il governo di al-Sisi, la rivolta è sempre dietro l’angolo. È quindi bastata la pubblicazione dei documenti sulla corruzione dell’esercito da parte dell’appaltatore Mohamed Ali a far scoppiare i tumulti e rendere traballante il governo di al-Sisi.

La risposta repressiva da parte del governo è stata implacabile: secondo l’ Egyptian Center for Economic and Social Rights vi sono stati ben 2661 arresti [17] nelle giornate del 20, 21 e 27 Settembre.

Iraq

La nomina a primo ministro di Adil Abdul Mahdi nell’Ottobre del 2018 – avvenuta grazie ad accordi presi tra i due principali blocchi politici iracheni (Saairun – Alleanza verso le riforme – e Fatah Alliance) -, aveva posto come obiettivi quelli di risolvere la corruzione e il divario economico e sociale. La manifesta incapacità politica di Mahdi – in quanto espressione e difensore delle logiche economiche e politiche dei due principali partiti al governo -, sommata alla crescente corruzione[18] e al basso prezzo del petrolio [19], ha portato la popolazione irachena in uno stato di frustrazione e rabbia crescente.

Le proteste antigovernative sono quindi esplose, prima a Baghdad e, via via, in altre città come Bassora, Nasiriyah e Sadr City. Nonostante Mahdi abbia paventato le sue dimissioni solo nel caso venisse trovato un sostituto e, contemporaneamente, i partiti politici cercano un accordo su una nuova legge elettorale, la repressione è stata l’unica risposta possibile per fermare le manifestazioni: attualmente il bilancio è di 319 morti – di cui un centinaio causati dai cecchini [20] – e 15.000 feriti. [21]

Conclusioni

Da quanto emerge dall’analisi, le ragioni comuni di questa nuova ondata di scontento popolare, ancora difficile da definire vista l’assenza di una organica gestione del conflitto, sono di natura prettamente economica. Anni di governi corrotti e instabili da un lato e regimi militari pronti a svendere il territorio dall’altro, hanno posto le basi per un declino sociale, nei termini di reddito e tutela dei diritti.

La mano “invisibile” dei mercati e l’azione del FMI, che ingabbia la già traballante azione economica dei governi in un serie di legacci debitori, replica un copione già visto. Per onorare il debito si dovrà accelerare su privatizzazioni, taglio dei servizi e compressione dei diritti, per creare quei vantaggi competitivi di cui si nutrono gli investitori esteri.

Queste rivolte e la repressione che le accompagna, probabilmente, non sono che il prologo di periodi assai più critici e complessi dagli esiti incerti, vista anche la giù intricata situazione del Medioriente.

J.R. e LaHyena

Note

[1] Umanità Nova nn. 29, 30, 31, 32 e 33

[2] Link: https://www.reuters.com/article/us-lebanon-economy/lebanese-government-says-committed-to-reforms-after-rating-downgrade-idUSKCN1VE080

[3] Nel 1980 il tasso di cambio era di circa 3 sterline libanesi per 1 dollaro. A partire dal 1985 fino al 1994, il tasso di cambio tra le due valute aumentò considerevolmente – causata dalla guerra civile libanese (1975-1990). Una situazione del genere (guerra e instabilità valutaria) scoraggiava gli investitori – specie stranieri – a operare nel paese. A metà degli anni ’90 il conflitto andò attenuando e la ricostruzione divenne una priorità. In tal modo il governo, per attrarre investitori, fissò nel Dicembre del 1997 il tasso di cambio a 1507,5 sterline per 1 dollaro.

Link: http://www.bdl.gov.lb/webroot/statistics/table.php?name=t5282usd

[4] Link: https://mega.nz/#!TRxBWCyC!DlRFSJmlOOf8N0WpGn1VlA9ywl77V4v526kYDmX8MaA

Link: https://www.fitchratings.com/site/pr/10086997

[5] Link: https://www.reuters.com/article/us-lebanon-economy/lebanese-government-says-committed-to-reforms-after-rating-downgrade-idUSKCN1VE080

[6] Link: https://www.theguardian.com/world/2019/oct/18/lebanon-brought-to-a-standstill-by-protests-over-economic-crisis

[7] Link: https://www.nbcnews.com/news/world/lebanon-s-hezbollah-leader-warns-against-protests-urges-supporters-avoid-n1071951

[8] Nell’articolo “Aoun Says May Call for Consultations Thursday, Warns against Continued Protest” del 12 Novembre, Aoun ha affermato come il ritorno dei cittadini nelle loro case sia un modo per far ritornare tutto alla normalità e “lasciare che il governo lavori nella luce e non nell’oscurità”.”Il paese”, continua Aoun, “morirà se i manifestanti rimangono nelle strade, anche se non usiamo alcuna forza contro di loro”.

Link: http://www.naharnet.com/stories/en/266356-aoun-says-may-call-for-consultations-thursday-warns-against-continued-protests

[9] Link: https://www.telegraph.co.uk/news/2019/11/13/lebanese-man-shot-army-first-death-tensions-spike-president/

[10] Link: https://www.ft.com/content/f185c4b4-b8a9-11e2-a6ae-00144feabdc0

[11] La Legge n. 107 del 2013 “Per l’organizzazione del diritto a pacifici incontri, processioni e proteste pubbliche” permette alla burocrazia e alla polizia di controllare e monitorare i/le manifestanti, impedendo sul nascere atti ostili.

Link della legge in inglese: http://constitutionnet.org/sites/default/files/protest_law_issued_nov_24.pdf

Link della legge in arabo: http://constitutionnet.org/sites/default/files/law_107_of_2013_-_public_assembly_-_nov_24_2013.pdf

[12] La Legge Anti-Terrorismo del 2015 consente al governo di poter mettere a tacere qualsiasi forma di dissenso violento (fisico o orale), lasciando che le forze di sicurezza possano adoperare qualsiasi mezzo violento.

Link: https://www.atlanticcouncil.org/wp-content/uploads/2015/09/Egypt_Anti-Terror_Law_Translation.pdf

[13] Stando a quanto riportato nell’articolo “L’esercito ottiene 7 miliardi di EGP in contratti di appalto governativi entro un mese” di masrawy.com del 24 Novembre 2013, l’esercito egiziano ha potuto gestire, con il consenso governativo, gli appalti per le costruzioni di case e ponti.

Link (in arabo): https://web.archive.org/web/20131127012531/http://www.masrawy.com/news/egypt/economy/2013/november/24/5766489.aspx

[14] La Legge n. 72 sugli Investimenti del 2017 (modificata nel Marzo 2019) facilita il dialogo contrattuale tra investitori (specie stranieri) e lo Stato, garantendo sicurezza e guadagni stabili.

Link: https://gafi.gov.eg/English/StartaBusiness/Laws-and-Regulations/PublishingImages/Pages/BusinessLaws/New%20Investment%20Law%20in%20English.pdf

[15] Nel novembre 2016, il FMI e l’Egitto hanno firmato un programma triennale di prestiti per 12 miliardi di dollari volto a rilanciare l’economia in difficoltà del paese e ridurre il debito pubblico e controllare l’inflazione. Il rilancio dell’imprenditoria e il contenimento della disoccupazione negli ultimi 3 anni, hanno portato il FMI a erogare l’ultima tranche dei 12 miliardi di dollari.

Link: https://www.middleeastmonitor.com/20190207-egypt-receives-5th-2bn-tranche-of-imf-loan/

Link: https://www.imf.org/en/News/Articles/2019/07/24/pr19300-egypt-imf-executive-board-completes-fifth-review-under-arrangement-under-eff

[16] Link: https://www.middleeastmonitor.com/20190503-world-bank-60-per-cent-of-egyptians-poor-middle-class-suffers-from-reforms/

[17] Link: https://www.voanews.com/middle-east/egypt-releases-3-foreigners-arrested-over-protests

[18] Secondo il Transparency International l’Iraq è il dodicesimo Stato più corrotto.

Link: https://www.transparency.org/cpi2018

[19] Secondo i dati BRENT, nei mesi di Gennaio-Agosto i prezzi erano intorno tra i 52 e i 60 dollari (con picchi ad Aprile di 70 dollari) al barile, mentre secondo i dati WTI del medesimo periodo i prezzi erano intorno tra i 45 e i 55 dollari (con picchi ad Aprile di 66 dollari) al barile.

[20] Link: https://www.reuters.com/article/us-iraq-protests-iran-snipers-exclusive/exclusive-iran-backed-militias-deployed-snipers-in-iraq-protests-sources-idUSKBN1WW0B1

[21] Link: https://edition.cnn.com/2019/11/09/middleeast/iraq-protest-death-toll-intl/index.html

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