Non è stato un semplice appuntamento cadenzato, lo sciopero dell’11 ottobre: il sindacalismo di base sa che, se vuole incidere in questo momento storico, deve riannodare i fili delle varie sigle per influire in modo significativo nelle lotte. Il percorso intrapreso fino a quel momento è stato lungo, fitto di appuntamenti ed incontri, in cui sono confluite le molteplici esperienze di ogni sigla fino a trovare una sintesi tra di esse. L’USI è stata tra le prime sigle e quella che più di tutte ha sostenuto questo percorso unitario, non senza difficoltà: da tempo mancava questo livello di confronto produttivo volto a creare un momento di lotta comune.
Ci siamo portati dietro il peso dei periodi di lockdown che hanno contribuito a esacerbare disagi personali e spettri di solitudine. La realtà di ogni giorno è stata a lungo percepita come ovattata. A questo distaccamento emotivo è corrisposto, per vari motivi, un aumento vertiginoso delle problematiche registrate sul posto di lavoro cui ogni sezione ha dovuto far fronte. Nel contesto di non chiarezza che ci ha avvolti in una nebbia percettiva, ogni questione sollevata da parte del lavoratore che si rivolgeva a noi risultava di difficile risoluzione. Contemporaneamente l’esigenza era quella di sanare i problemi di chi stava a casa durante i periodi di chiusura delle attività ma anche di chi continuava a lavorare in prima linea, come gli operatori sanitari.
Alla riapertura molti settori si sono ritrovati in ginocchio, con un aumento della precarietà e dello sfruttamento a causa di quelle aziende che, per ripartire, facevano di tutto per riguadagnare quello che avevano perso. Noi e gli altri sindacati di base abbiamo intrapreso molte lotte, anche dure; non dimentichiamoci la morte del sindacalista del SI-COBAS Adil durante un picchetto, che sicuramente ha accelerato il percorso intrapreso per lo sciopero unitario. È stata una tendenza naturale, quindi, quella che ci ha portato a connettere le varie lotte: troppa era la necessità di trovare una sintesi delle rivendicazioni da portare insieme in piazza.
L’attualità ci dipinge l’immagine di molte piazze che si stanno riempiendo della più becera accozzaglia di destra: una variegata fauna fascista, antidemocratica, revisionista, qualunquista, ecc. Sull’altro fronte la ricerca spasmodica del profitto, a discapito della sicurezza e della salute dei lavoratori e delle lavoratrici, ha causato disgregazione dei diritti sul posto di lavoro, attacchi alla libertà di sciopero, mancanza di libertà sindacale, aumento della precarizzazione e diminuzione in molti settori della tutela alla salute dei/delle dipendenti a cui è corrisposto un numero importante di morti o infortunati.
In un contesto di disgregazione abbiamo registrato un aumento esponenziale della rivalsa dei gruppi più estremi di destra che hanno fatto leva sulle insicurezze e sulle paure della gente per portare avanti i loro piani eversivi. Come abbiamo scritto nel nostro comunicato, tutto ciò è il risultato di anni di lassismo da parte dello Stato, della maggior parte delle forze politiche e dell’ordine nei confronti di gruppi di estrema destra, che spesso non si sentono in dovere di celare i loro sentimenti nostalgici per il Ventennio.
Negli anni l’aria che respiriamo si è sempre più inquinata di odio contro chi lotta per i propri diritti, contro gli immigrati, i poveri e gli sfruttati o chi anela a emanciparsi dal ruolo stereotipato affibbiatogli dalla società.
Siamo schierati contro le politiche della CGIL e la sua complicità a smantellare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici; politiche disinteressate al riscatto dei lavoratori ma che si limitano alla logica dell’offerta di servizi. Senza alcun dubbio chi ha assaltato la sede nazionale della CGIL – con il benestare delle forze dell’ordine – non è stato mosso dalla volontà di contestare il modus operandi del sindacato ma da un intento distruttivo e dall’odio verso realtà a cui dà un significato distorto. Per Forza Nuova, la CGIL è un simbolo, a torto, di quel mondo che vuole il miglioramento delle condizioni degli sfruttati e che ha le sue radici nella lotta di classe e nella loro graduale emancipazione. La raffigurazione dei fatti di Roma ci ha evocato alla mente l’assalto alla Casa dei Sindacati di Odessa o al Campidoglio a Washington; questo prescinde dalla considerazione che abbiamo della CGIL.
Siamo compatti nella condanna e sempre più decisi nel voler ostacolare il procedere di questo magma che componeva la piazza, fatto di complottismi, teorie antiscientifiche, neofascismi e posizioni ultracattoliche. Un bel guazzabuglio reazionario.
Lunedì mattina, l’11 ottobre, abbiamo però voluto riportare al centro del dibattito la lotta di classe. Si parla tanto di dittatura dei governi: quello a cui stiamo assistendo giorno dopo giorno è la mancanza di speranza, è l’imposizione dell’agenda politica di Confindustria con l’aumento delle delocalizzazioni, dei licenziamenti, di contratti sempre più peggiorativi.
Abbiamo settori con il rinnovo del contratto bloccato con importanti ripercussioni sul salario. La classe meno abbiente si sta trovando sempre di più sul bordo del lastrico perché queste politiche poi si ripercuotono anche nel sociale come il problema abitativo. In molte città, come USI abbiamo fatto presìdi o abbiamo preso parte ai cortei unitari. Le varie sezioni territoriali si sono impegnate a contestualizzare le lotte nei settori dove l’USI è maggiormente presente, primo tra tutti quello sanitario, il quale ha subìto maggiormente i tagli ai finanziamenti creando un contesto di disagio e di difficoltà lavorativa. I soldi sono dirottati verso le spese militari a discapito del servizio sanitario o della scuola pubblica, favorendo le strutture private.
Queste esperienze recenti ci hanno aiutato a tastare la forza reale del sindacato e il sentore è che molte sezioni stiano crescendo in modo concreto dando una reale risposta ai lavoratori e alle lavoratrici, diventando anche una importante controparte contro i padroni. Molti lavoratori hanno dimostrato di avere fiducia in noi, di riconoscerci credibilità libera da vuoti slogan, di apprezzare il nostro modo di relazionarci agli iscritti, in nessuna sua manifestazione distaccato. Il nostro intento non è quello di fare politica elettorale per le rappresentanze sindacali o per rubare adesioni ad altre sigle.
Analizzando la giornata dell’11 ottobre siamo convinti che sia stata positiva: in molte città dopo molto tempo si è riportata la conflittualità tra le strade dove da tempo latitava qualsiasi forma di dissenso e alternativa. Lo sciopero è stato un punto di passaggio e il percorso intrapreso continuerà e l’USI – che è tra le sigle promotrici – ne farà parte. Non dobbiamo lasciare le piazze alle destre, non dobbiamo lasciare soli i lavoratori e le lavoratrici in questo contesto di destrutturazione del mondo del lavoro. La classe padronale userà ogni momento e ogni forma per stroncare le nostre lotte come è successo ai lavoratori del SI-COBAS bastonati mentre erano in picchetto. La nostra risposta concreta è il proseguo dell’unità tra le sigle di base attraverso la conflittualità di classe e la solidarietà.
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