Domenica primo novembre tante famiglie della baraccopoli di lungo Stura Lazio sotto sgombero e del social housing di corso Vigevano sotto sfratto hanno occupato una parte dell’ex caserma La Marmora di via Asti.
L’ex caserma è stata occupata in aprile da Terra del Fuoco, una delle associazioni, che si erano aggiudicate l’appalto del progetto “la città possibile”.
Due anni fa in lungo Stura c’erano oltre mille persone. Una polveriera sociale che l’amministrazione comunale torinese è stata abile a disinnescare. Cinque milioni di euro affidati alle sapienti mani di una cordata di cooperative ed associazioni che tra promesse e minacce, illusioni e violenza hanno trasformato l’area in un cumulo di macerie.
L’amministrazione Fassino mirava a sgomberare tutti, facendo leva sulla complicità degli sgomberati illusi dal miraggio di una casa che non è mai arrivata, dividendo i sommersi dai salvati.
Alla fine i nodi sono arrivati al pettine.
Di seguito il comunicato degli ex abitanti della baraccopoli.
“In questa città è Possibile che le istituzioni buttino in strada uomini, donne e bambini.
Qui è Possibile che un bambino di quattro mesi sia strappato dalle braccia della madre in una fredda mattina di ottobre e buttato in mezzo a ruspe e poliziotti che hanno l’ordine di non guardare in faccia nessuno e radere al suolo tutto.
A Torino è Possibile che vengano spesi più di cinque milioni di euro per un progetto fatto di violenza, discriminazione, razzismo.
Associazioni e cooperative come AIZO, Terra del Fuoco, Liberi tutti, Stranaidea, Croce Rossa, vincitori del bando di questo progetto, hanno dimostrato come sia Possibile, a Torino, demolire baracche e cacciare in strada centinaia di persone senza dare loro nessuna alternativa abitativa. Queste associazioni, per conto del comune, ci hanno fatto vedere come sia Possibile lavorare per distruggere le speranze per un futuro migliore di centinaia di bambini.
La violenza e gli abusi di potere che subiamo quotidianamente sono Possibili in nome di un progetto che questi signori hanno chiamato … “La Città Possibile”. Un progetto, dicono, con «carattere di innovazione e sperimentazione». Noi ci e vi chiediamo: una città Possibile per chi?
Il campo di lungo stura Lazio non è mai stato un «campo nomadi» ma è stato un luogo periferico in cui da anni migliaia di persone hanno vissuto per necessità e non per scelta. Perché nessuno di noi sceglie la povertà, la discriminazione, lo sfruttamento ma li subiamo - e non solo noi rom - come strumenti di controllo e di oppressione nelle mani di chi ha il potere di dare nomi o di creare uffici come l’«Ufficio Nomadi» in via Bologna. I campi «nomadi» non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa.
Dopo tanti mesi vissuti con la paura di non avere più un posto dove dormire, dopo anni in cui ci hanno promesso falsamente di farci «emergere» da questo campo, vediamo che in realtà la soluzione del comune di Torino è ancora più precaria delle baracche: tante delle persone portate in una casa, come quella in corso Vigevano - gestita da AIZO - sono già finite in strada; ad altre sono stati promessi 300 euro per tornare «volontariamente» in Romania dove una casa non ce l’hanno più. E chi non poteva o voleva accettare queste «alternative» è stato considerato non «compatibile», cioè da buttare in strada, da sfrattare liberamente senza alcun preavviso!
Non crediamo più alle promesse di chi lucra sulla pelle dei poveri!
Il 12 ottobre abbiamo organizzato un corteo di lotta per la casa occupando le strade del centro per ribadire la verità sul progetto “La città possibile” portato avanti da Comune, Prefettura, associazioni e cooperative complici. Donne, uomini e bambini hanno gridato forte «Contro sgomberi e sfratti! Casa per tutte/i».
Oggi abbiamo deciso di riprenderci quello che è giusto che tutti abbiano: una casa!
Abbiamo occupato un pezzo della ex caserma di via Asti, che l’associazione “Terra del Fuoco”, una delle tante che hanno partecipato al progetto “la città possibile”, ha occupato in aprile promettendone un uso sociale. Da allora tanti di noi sono finiti in strada mentre la caserma restava in buona parte vuota.
Da oggi si riempie di uomini, donne e bambini che non hanno soldi per gli affitti del comune, che non vogliono più una baracca, che non vogliono tornare in Romania.
Abbiamo scelto questa casa perché ci sembra giusto avere un posto adeguato nella casa di chi questi anni ha guadagnato milioni di euro promettendocene una!
Gli ex abitanti della baraccopoli di lungo Stura Lazio”
m. m.
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