Gli avvenimenti di sabato 7 maggio al Brennero pensiamo siano ormai noti ma partiamo da un breve riassunto.
Da un paio di mesi le realtà anarchiche di Trento e Rovereto avevano lanciato questa scadenza a livello nazionale (e non solo) per una manifestazione che da subito veniva dichiarata conflittuale, per dare un segnale forte di lotta contro i confini della Fortezza Europa.
Molte erano state le iniziative in varie città di presentazione, per lo più in spazi di movimento affini ai gruppi trentini.
All’appuntamento, nonostante i soliti controlli polizieschi, hanno partecipato alcune centinaia di persone provenienti soprattutto dall’Italia ma anche dall’Austria e altri paesi.
Il corteo appariva da subito molto determinato e fortemente autodifeso, ma è stato il tentativo di occupare l’autostrada a scatenare la violenza poliziesca da cui sono scaturiti gli scontri durati almeno due ore. Carabinieri e Polizia lamentano numerosi feriti, mentre è impossibile sapere il numero dei manifestanti feriti, perché in questi casi sappiamo bene che andare al pronto soccorso significa una denuncia certa.
Alla fine della giornata sono stati tratti in arresto sei compagni e compagne poi processati per direttissima lunedì: nonostante il Pm avesse chiesto oltre due anni ciascuno alla fine sono stati condannati a pene oscillanti tra un anno e un anno e quattro mesi con la sospensione condizionale della pena tranne per due di loro e sono stati per fortuna rimessi subito in libertà. Ovviamente sono da aspettarsi numerose denunce nei prossimi mesi.
Questa è la terza manifestazione di “movimento” in meno di due mesi al valico del Brennero, anche le prime due svoltesi il 2 e il 24 aprile organizzate dall’area dei centri sociali disobbedienti avevano visto la partecipazione di alcune centinaia di persone con alcuni scontri sebbene molto più limitati e leggeri rispetto a questo sabato.
Ogni iniziativa che cerchi di contrastare le politiche razziste, concentrazionarie e assassine degli stati è certamente utile: manifestare e scendere in piazza, anche in maniera estremamente determinata, è di per sé giusto, ma vi è il rischio di mobilitare sostanzialmente aree strettamente militanti.
Pur consapevoli che ci si trovi in un impasse di non facile soluzione in un contesto come quello in cui agiamo, crediamo si debba insistere nell’allargamento delle lotte, puntando ad una partecipazione ben più estesa e che sia inclusiva di modi anche differenti di intendere la lotta; la possibilità di contrastare in maniera concreta i meccanismi infernali che rendono la vita indegna a centinaia di migliaia di persone in fuga da guerre, persecuzioni, fame, disastri ambientali o che anche solo cercano una vita migliore può infatti avere una chance se atti di solidarietà e azione diretta si diffondono in modo significativo.
Occorre insomma che i movimenti antirazzisti continuino e insistano in pratiche quotidiane di inceppamento dell’apparato statale che rende possibile tutto ciò, pratiche che per diventare veramente un pericolo per le istituzioni, devono uscire ben al di fuori dagli ambiti degli attivisti.
Crediamo che, anche a partire da ciò che è successo sabato, debba aprirsi un ragionamento più ampio di fronte alla sfida epocale che abbiamo davanti.
Come redazione di Umanità Nova faremo la nostra parte, sostenendo ogni lotta contro la barbarie che annega, tortura, affama e incarcera migranti, dando voce a chi voce non ha e amplificando quella dei compagni e delle compagne impegnate in queste lotte.
Solidarietà alle vittime della repressione, nessun confine, nessuna galera.
Le redazioni web e cartacea di Umanità nova