In un’estate funestata da morti nei campi, a nord e a sud, italiani e stranieri, è successo anche qui, nella benestante Provincia Granda. C’era da aspettarselo.
Stamattina alle 6,40 sul tratto di strada tra Centallo e Tarantasca, Komlan Segbedji. si recava al lavoro in bicicletta con alcuni compagni quando è stato travolto da un’automobile in fase di sorpasso. Quando è arrivato il 118 il bracciante era già morto. Komlan aveva 43 anni e veniva dal Togo ed era uno dei centinaia di migranti africani che ogni anno arrivano in provincia di Cuneo a cercare lavoro nei campi.
I lavoratori partono col buio con le loro biciclette e percorrono anche 30 chilometri per raggiungere il luogo di lavoro. Alla sera rientrano che è già buio dopo 8,10 o anche più ore di lavoro duro. Pochissimi sono ospitati in azienda, una esigua minoranza riesce a permettersi una casa, la stragrande maggioranza è ospite da amici, vive in ripari di fortuna, nelle tende o nei containers allestiti a Saluzzo e Lagnasco.
Poco importano le loro condizioni di vita e di lavoro, contano le braccia a buon mercato a disposizione di uno dei distretti agroindustriali più importanti d’Italia. Meglio far finta di non vedere e non sapere.
Le indagini sono in corso ma non è necessario attendere il loro esito.
Komlan è vittima del sistema di sfruttamento cui sono costretti i braccianti in agricoltura, vittima del razzismo di chi crede che sia normale per un lavoratore rischiare la vita per percorrere chilometri e chilometri ogni giorno in bicicletta su strade rettilinee in zone trafficate ad ogni ora soprattutto da mezzi pesanti. Un susseguirsi continuo di frutteti e aree industriali da Saluzzo a Cuneo.
E’ vittima di un sistema che costringe ad accettare il lavoro nero o un contratto che è carta straccia perché la retribuzione è ben al di sotto dei minimi sindacali e i giorni segnati in busta paga non sono neppure la metà di quelli effettivamente lavorati. Di un sistema che non riconosce festività, straordinari, mutua o infortuni e se uno si fa male perchè cade dal semovente o gli cade addosso un cassone è meglio che stia zitto.
E’ ora di gridare ad alta voce le responsabilità dei padroni e la complicità delle grandi organizzazioni che li rappresentano, è ora di smascherare i silenzi (e quindi la connivenza) della politica o l’enfasi buonista posta su un sistema di accoglienza che fa acqua da tutte le parti e sposta solo l’attenzione dal cuore del problema.
Esprimiamo tutto il nostro dolore per la morte di Komlan e la nostra vicinanza ai suoi compagni che hanno assistito al tragico evento. Condividiamo la rabbia dei migranti nell’apprendere la notizia e siamo con loro nella lotta per il diritto alla salute, alla casa, a condizioni dignitose di lavoro.
Saluzzo, venerdi 11 settembre 2015
Comitato Antirazzista Saluzzese