Riflessioni sulla convivenza con il territorio

Partendo dall’Area Flegrea

Da anarchic*, l’utopia e l’“idealismo” non sono sconnessi dalla realtà delle cose e dei percorsi di prassi. Il punto che tento di porre riguarda l’ecologia sociale di Murray Bookchin e la prefigurazione politica e sociale di Errico Malatesta, due filosofi a cui sono molto legata, in connessione alla situazione geopolitica dei Campi Flegrei e di tutto il napoletano.

La Bellissima Idea, come noi la chiamiamo, nell’immaginario anarchico, è un simbolo e obbiettivo che ci si è prefissat* verso il quale muoverci magari senza mai raggiungere pienamente, poiché non si smette mai di imparare ed evolvere. Tale concetto ci serve, come una sorta di kantiano ideale regolativo, per stabilire una base ideologica su come affrontare direttamente la questione o quanto meno su come rapportarci con essa in linea generale.

Il bradisismo di tutta l’area flegrea (di cui non dimentichiamoci Napoli fa parte) è un problema, in forza delle condizioni materiali che durano da millenni, per cui ci sono a mio avviso solo due soluzioni: o ce ne andiamo tutt* – ma da quasi tutta l’Italia in questo caso considerando gli sciami sismici degli ultimi decenni e la condizione geologica dell’intera penisola – o impariamo a conviverci come si fa in luoghi come il Giappone, Islanda, Hawaii e via dicendo.

Ora quando parlo di “convivenza” mi riferisco ad una interazione di ecologia sociale, di connessione socioculturale, politica e di “usufrutto complementare” con la propria casa, il proprio quartiere, città e regione bio-culturale. A partire da noi del Gruppo Mastrogiovanni di Napoli che ci troviamo ora a vivere in prima persona il problema dobbiamo implementare una struttura di empatia con il territorio di cui facciamo parte, se vogliamo farne parte – e questo vale per tutt* coloro che vogliono avere con esso una interazione sana, che non riproduca lo sfruttamento gerarchico degli individui su gli altri.

Per quanto detesti abbastanza Pasolini, su alcune cose aveva ragione: una fra tutte che il popolo italiano è completamente spoliticizzato ed in atrofia ideologica. E quando mi riferisco alla politica non parlo della plutocrazia repubblichina della cosiddetta “democrazia rappresentativa” ma a quella a cui Murray Bookchin si riferiva, prendendo per esempio i sentori (purché labili) di democrazia diretta nell’Atene antica, in altre parole il senso di coesione socioculturale che si innesta nelle politiche quartierali e mutualistiche, la mescolanza delle istanze di ognun* di noi con altr* e le loro situazioni nel nostro territorio d’appartenenza. Questo non ha nulla a che vedere con il Nazionalismo, poiché una “cultura” (invece che una “nazione”) è costituita dalle commistioni ed evoluzioni di chi la vive, non su basi aleatorie di razzismo e binarismo patriarcale.

Tutto questo per dire: il Bradisismo e la prima o poi sicura eruzione del Vesuvio sono parte integrale della nostra società, materialmente e filosoficamente, tant’è che esse sono intrinseche nel nostro modo di agire e rapportarci alla vita. La questione è che se dobbiamo viverci insieme, dobbiamo innescare processi prefigurativi, di costruzione di quello che il mondo della nostra società dovrebbe essere e non andare a elemosinare la grazia della “governance”, la quale se ne strafotte sia per questioni strutturali, in quanto Stato Nazionalista e Capitalista, sia perché del sud allo Stato Italiano non gliene è mai interessato nulla.

In quanto a “prefigurazione”, intendo quella prassi che ci veda costruire l’utopia di domani nello scheletro decadente dell’oggi, con le pratiche e le indoli utopiche che dovrebbero essere la vera normalità umana. La composizione pratica della nostra azione deve essere uno sprone esperienziale ed educativo per il precariato, per le persone queer, razzializzate e disabili, in modo tale che non saremo noi a emanciparle ma saranno loro stesse a farlo nella spontaneità della radicalizzazione autorganizzata, autogestita e soprattutto intersezionalmente consapevole.

Quindi quello che noi del Mastrogiavanni esigiamo (e non chiediamo) è che si inizi a trattare il bradisismo e il Vesuvio con il dovuto rispetto. Nel senso che dobbiamo incentrare il tutto sul fatto che la “guerra popolare infinita” (passatemi il termine un po’ maoista) al bradisismo debba essere continua e incessante.

1. Le case vanne messe in sicurezza, seriamente e subito, implementate con tutti i crismi antisismici, come fanno nel resto del mondo.

2. Che alle persone sfollate sia garantito il fatto che potranno ritornare alle loro case quando saranno sicure e che Monterusciello1 non accada mai più.

3. C’è l’assoluto e immediato bisogno di una zona permanente di sicurezza per le emergenze, lontana quanto debba esserlo, dove tutte queste persone possano vivere dignitosamente con tutti i servizi, però senza che ciò diventi un campo di concentramento e smistamento.

4. Degli affitti non ci interessa nulla, non dovrebbero esistere a prescindere e, per lo più, chi affitta sono i soliti (veri) parassiti che hanno affittato immobili che sapevano benissimo essere a rischio.

5. Tutto questo deve essere categoricamente controllato da noi abitanti, noi dobbiamo sapere cosa succede in questi posti, avere le/i/ǝ nostr* espert* e i nostri criteri.

6. C’è il categorico bisogno di una rete di mutuo appoggio e mutuo soccorso con le persone sfollate, con la formazione movimentistica di un gruppo affine (se non anche in connessione ufficiale) alla struttura di Food Not Bombs. Tale gruppo dovrebbe costituire sia una forma di materiale supporto alla popolazione sia un fronte di attiva propaganda anti-sistema e di consapevolezza intersezionale.

7. Dobbiamo organizzare manifestazioni permanenti verso i luoghi delle istituzioni per esigere ciò che è congenito alla vita naturale di ognun* di noi: pane, rose e libertà.

Mi capita spesso di pensare, a malincuore, che noi non riusciremo a cambiare il mondo oggi ma vi dirò anche che ciò non significa che non dobbiamo provarci e, anche a testate in faccia, continuare a spostare le logiche che pervadono la nostra società sempre più a sinistra, finché questo dannato binarismo, franco-borghese di destra e sinistra sia frantumato e l’Anarchia diventi la raison d’être umana e transumana.

Mario Di Domenico

1Negli anni 1982-84 l’Area Flegrea vide un’intensa attività bradisismica. A causa dei danni subiti dagli edifici di Pozzuoli per le continue sollecitazioni sismiche, fu deciso di allontanare parte della popolazione. Questi residenti furono ospitati nel nuovo quartiere di Monterusciello, individuato come una zona più sicura. Fortunatamente, non si verificò l’eruzione vulcanica che si era detta imminente e la crisi bradisismica si concluse alla fine del 1984: ciononostante la popolazione non fece ritorno nelle loro case.

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