Alla fine si è scomodata persino la più alta carica dello Stato per commentare quello che è successo a Pisa venerdì 23 febbraio scorso. Protagonista un corteo di meno di un centinaio di studenti e studentesse delle scuole superiori intenzionati a esprimere la loro solidarietà alla causa palestinese. Dopo aver percorso poche centinaia di metri dal punto di partenza il gruppo è stato bloccato (in testa e in coda) da agenti di polizia in assetto antisommossa. Il tutto è avvenuto in una zona a traffico limitato, una di quelle percorse più da turisti che da residenti. Dopo un breve fronteggiamento è partita una prima carica, la polizia è avanzata di qualche metro e sono volate molte manganellate. Qualche persona è stata ferita e qualche altra si è ritrovata stesa al suolo e sovrastata da uno o più agenti in borghese. Il piccolo gruppo di adolescenti non si è disperso e a questo punto sono partite altre due piccole cariche, ancora condite con manganellate come se grandinasse.
Un episodio del genere poteva semplicemente essere destinato a riempire solo una pagina di cronaca cittadina ma bisogna considerare che quanto accaduto non aveva precedenti nella città di Pisa, nonostante le sue storiche tradizioni di lotte studentesche. Alcuni compagni in piazza da decenni ricordano che mai era stato attaccato un corteo composto esclusivamente da “studenti medi”, nemmeno negli anni ’70 quando i minorenni erano decisamente più minacciosi. E bisogna tener conto che in città si ricorda ancora la storia di Franco Serantini, il nostro compagno assassinato proprio a colpi di manganello da un gruppo di poliziotti.
Già pochi minuti dopo il fatto sono iniziati a circolare i filmati di quello che era accaduto, immagini nelle quali si vedeva senza ombra di fake che la violenza esercitata dagli agenti contro un gruppo di persone indifese era stata davvero fuori misura. La risposta non si è fatta attendere che poche ore.
Nel pomeriggio i luoghi di concentramento per protestare erano due: davanti alla Prefettura, dove si sono radunate almeno sei-settecento persone che hanno gridato più volte “vergogna” all’indirizzo dell’edifico sede dell’autorità. Una iniziativa alla quale hanno partecipato anche molti politici (di centro-sinistra) locali e dove spiccava persino il gonfalone di un comune limitrofo e la presenza di una delegazione della Cgil.
Contemporaneamente altri e altre hanno iniziato a concentrarsi davanti al palazzo comunale; in questo caso la partecipazione era prevalentemente giovanile e studentesca. La folla è cresciuta tanto da non poter essere più contenuta nella piazza e quindi è partito un corteo di quasi duemila persone che si è ulteriormente ingrossato durante il percorso e che si è fermato in Piazza dei Cavalieri, il luogo dove avevano intenzione di arrivare i ragazzi e le ragazze manganellati in mattinata.
Alla fine davanti al Palazzo della Carovana, c’erano più di tremila persone. È inutile segnalare che durante lo svolgimento di questi avvenimenti non si è visto un agente (in divisa) in strada, cosa abbastanza usuale quando il comportamento delle forze dell’ordine sorpassa il sopportabile.
In definitiva, per quasi tutto il pomeriggio, il centro della città è rimasto bloccato a causa a quello che avevano combinato al mattino un gruppo di agenti di polizia.
Intanto la notizia, insieme a quella delle manganellate distribuite a Firenze, era già arrivata ovunque. Per tutto il giorno si sono inseguite sui social cosi le dichiarazioni di tutte le autorità (non solo) locali, la maggior parte delle quali indignate – a diversi livello – per il comportamento dei manganellatori, persino il Sindaco leghista di Pisa ha dichiarato di essere “amareggiato” (sic!) per quanto accaduto. Immancabili gli interventi di una coppia di esponenti della tradizione umoristica pisana (onorevoli in palazzi romani ed europei) che hanno dimostrato ancora una volta di non essere in grado di separare la realtà concreta dalla loro miserrima fantasia. Nel fine settimana ci sono state in città ancora iniziative di protesta e altre sono state annunciate per i giorni successivi.
Questi, più o meno, i fatti ai quali aggiungiamo brevi considerazioni. Si può ritenere che le manganellate siano collegate direttamente alle numerose iniziative (più di mille dal 7 ottobre scorso) di solidarietà con la Palestina, ovvero che l’obiettivo sia stato quello di reprimere in modo violento proprio queste proteste. Mentre probabilmente si tratta solo dell’ennesimo segnale dello spirito dei tempi che viviamo e che ha visto, nell’ultimo anno, un continuo crescendo di piccoli episodi di intimidazione (le identificazioni) e di repressione violenta indirizzata contro coloro che dissentono dalla politica governativa, a prescindere dalle ragioni e dalle modalità con il quale viene espresso questo dissenso.
L’ampio riscontro mediatico, i fatti sono stati commentati da quasi tutti i leader politici italiani, avuto da un relativamente piccolo episodio è dovuto alle caratteristiche di funzionamento del sistema della comunicazione e agli interessi della politica. Ma, sicuramente, la forte e immediata risposta di migliaia di persone ha contribuito in modo determinante a portare all’attenzione generale un problema che hanno dovuto affrontare tutti i governi e particolarmente quello attuale, per il quale le questioni dell’ordine pubblico rappresentano un punto sensibile.
Pepsy