Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola…
…Oh bello lo scuoter del capo
su verità incontestabili!
Oh il coraggioso medico che cura
l’ammalato senza speranza!
Ma d’ogni dubbio il più bello
è quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono più!…
Bertolt Brecht
Nella discussione in atto sulla comunicazione informatica, forse manca uno studio sull’importanza del dubbio e sul tempo che ed esso dedichiamo in una relazione determinata dai si/no, mi piace/non mi piace, accetto/non accetto, dove il dubbio è quel tedio che rallenta la nostra risposta, è quel pungolo che ci portiamo dietro anche quando è partito il sì.
No! L’incertezza nel mondo web è vista come un segno di debolezza, come avviene nei regimi totalitari e nei fondamentalismi religiosi, dove il dubbio verso le verità del regime è punibile con carcere, tortura e morte. E se mai il dubbio prende qualcuno forse lo spaventa, forse lo eccita, ma è comunque qualcosa che quello deve nascondere agli altri. Certo nel web non c’èd dittatura, eppure sembra che il dubbio stia perdendo rapidamente la sua importanza umanistica e storica per diventare quasi un disturbo del sì.
E ci facciamo irretire da quelli che affermano Io sono così, credo in questo e non cambio idea, dimenticando che ciò è un segno di debolezza e d’ignoranza, perché dubitare è un gesto di forza e di autorevolezza nella storia del nostro pensiero fino a oggi.
Non fu Socrate a investire col proprio dubbio le false certezze di coloro che si ritenevano sapienti? Dubbioso più di chiunque altro (almeno secondo alcune testimonianze), non poteva fare altro che seminare dubbi, affinché anche gli altri uomini diventassero dubbiosi, ovvero critici verso se stessi, e che riconoscessero i propri limiti.
E Cartesio, che procedeva nelle sue scoperte con il dubbio metodico, che distingueva dal dubbio scettico che è un dubitare per dubitare, e lo usava come metodo per mettere alla prova tutte le presunte conoscenze in nostro possesso e giungere così a certezze più difficilmente dubitabili.
E Montaigne che affermava: «Il molto sapere porta l’occasione in più per dubitare». Voltaire che diceva “Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli stupidi sono sicuri di ciò che dicono”. E Leopardi nello Zibaldone: “Piccolissimo è quello spirito che non è capace o è difficile al dubbio”.
Da ciò si può immaginare come una macchina cibernetica regolata da un’aritmetica binaria, sì o no, possa affrontare il dubbio, possa tradurlo nel linguaggio dell’impulso/non impulso. Nessuno ci spiega come un’intelligenza artificiale possa pensare al dubbio, dovrà apparirgli come una materia oscura, un’area irrazionale, non intelligibile, i cui elementi non sono riconducibili a quel pensiero matematico deduttivo che ha accompagnato l’uomo fino al computer, e non sono riproducibili. In quella materia oscura, per esempio, vive la curiosità, la creatività e l’intuito, di cui nessuno pensiero razionale può svelarne i misteri, nonostante da essi nascano spesso le nuove scoperte che puntualmente smentiscono la verità scientifica precedentemente vigente. In quell’area troviamo la sensibilità e la passione che hanno ispirato e ispira i grandi musicisti, gli artisti, gli scrittori, il teatro. In quella materia oscura risiede anche la gioia, il dolore, che la macchina può solamente indurre ma non sentire, il senso di pace, la solidarietà e la compassione davanti alla quale ogni novero contabile e ogni calcolo franano miseramente.
L’odio invece è assente da quella sfera, perché più comprensibile alla intelligenza artificiale. Costruire l’odio è un’operazione logica e razionale come estrarre una parola o un’immagine del contesto e usarla a propri fini, portare un pregiudizio sul podio della verità e agire sulla paura con certe generalizzazioni che trasformano un evento straordinario in drammatica routine. Così l’immigrato diventa una minaccia alla nostra persona, alla nostra cultura, alla nostra “razza” e non un povero che ci tende la sua mano in cerca di aiuto e di liberazione dai suoi oppressori, spesso della stessa “razza”, che hanno passaporti internazionali e viaggiano in prima classe. Così il rom diventa sporco e cattivo, il diverso un folle da internare, ecc.
Non pochi specialisti e osservatori del web infatti sono concordi nell’affermare che gli stati d’animo dell’odio, della paura, della vendetta e della diffamazione si diffondono nel web più rapidamente di quelli della tolleranza e della compassione. Per l’intelligenza artificiale costruire qualcosa con la cattiva informazione, la distorsione di dati e le fakes è più comprensibile del sentimento della compassione.
E noi, abituati come siamo, anche per effetto della semplificazione del linguaggio, ad accettare persone che sparano sentenze, perdiamo noi stessi, chiusi nel nostro narcisismo, in quell’ipertrofia del sé che ti fa sentire le tue certezze come inoppugnabili verità, e perdiamo la ricchezza dell’interrogarsi nel modo più profondo, coinvolgendo il nostro spirito umano. E, mai come in questo momento storico, nel quale siamo bombardati dalle menzogne e dalle fragili certezze, il dubbio, come metodo di ricerca e strumento di conoscenza, torna di grande utilità facendo rimanere il mezzo informatico soltanto uno strumento che non può essere comparato all’intelligenza umana come nessun falegname può pensare che la sua pialla possa procedere da sola con un suo disegno scaturito dalla curiosità e dal proprio intuito.
Il dubbio, anche nella vita reale. ci aiuta ad avere un senso del limite, a non considerarci né infallibili né onnipotenti, a sentirci persone con tutte le relative debolezze e gli inevitabili errori che affrontano la vita nella sua complessità, mentre prendere decisioni in modo affrettato, senza avere sondato il terreno del dubbio, può portarci dritti sulla strada dell’errore irreversibile quando diamo il nostro consenso a certezze che ci portano a rinunciare alla compassione, alla nostra umana soggettività e a un concetto di libertà valido per tutta l’umanità a cui ci sentiamo di appartenere. Non dovremmo mai dimenticare che le certezze conducono, come testimonia la tragica vicenda delle guerre mondiali che hanno insanguinato il “secolo breve”, a tendenze assolutistiche, a Hitler, Stalin e ai vari dittatori che si sono succeduti nella storia del nostro pianeta. La certezza ha portato alla nascita di fondamentalismi religiosi e a cruenti massacri e a bassezze morali inenarrabili, dove un capo religioso porta come verità assoluta una sua interpretazione del testo sacro, quando qualsiasi testo, compreso quelli sacri, scritti dalla notte dei tempi ad oggi, riceve una interpretazione nuova in ogni secolo. E dovremmo imparare fin da piccoli a vedere tra il dubbio e la verità non un rapporto di conflitto, ma una relazione di causalità reciproca: il dubbio genera verità e la verità genera il dubbio.
F. Cel8