
Media e istituzioni parlano, come da copione, di una “tragica fatalità”, impegnandosi a ricercare un capro espiatorio che assolva il sistema e sopisca l’indignazione crescente, mentre dall’inizio di quest’anno pandemico i caduti sul lavoro hanno oramai superato quota 1000, in media 3 assassinii al giorno, uno ogni 8 ore.
È evidente come questi fatti terribili siano la norma, e nient’affatto l’eccezione. Chi quotidianamente si arricchisce con il lavoro altrui sta combattendo una guerra feroce contro gli sfruttati e le sfruttate a cui spettano solo le briciole dei lauti guadagni dei proprietari dei mezzi di produzione. Le imprese risparmiano tagliando la spesa per la sicurezza di chi lavora con il beneplacito dei governi, in un turbinio di lacrime di coccodrillo e frasi di circostanza pronunciate dai sindacalisti confederali, e la più totale assenza di prevenzione e controlli. La precarietà e la ricattabilità imposte a lavoratorə autoctonə e migranti, sembrerebbero essere orizzonti ineludibili. Soltanto l’azione diretta, gli scioperi, i picchetti, i blocchi, possono fermare la corsa sfrenata della macchina dello sfruttamento capitalista.
Riprendiamo in mano le nostre vite, costruiamo percorsi di autogestione e lotta, diamo forma a un mondo dove non si debba più morire sull’altare del profitto dei padroni.
Tratto dalla pagina Senza Frontiere