Ci sono parole il cui significato diamo per scontato, universale, quando in realtà è molto legato al periodo storico nel quale viene usato o alle correnti filosofiche e di pensiero dal quale viene plasmato. Le stesse parole che sono nel senso comune ma rese totalmente astratte, possano essere usate, attraverso retorica e demagogia, per portare avanti interessi particolari che sono nelle intenzioni di chi di queste parole fa uso. Questo può avvenire nelle pubblicità che le aziende fanno per vendere un prodotto, nelle campagne elettorali per conquistare nuovi elettori, oppure, appunto, nella propaganda della Chiesa per avvicinare nuovi fedeli.
Nella Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede “Dignitas infinita. Dichiarazione circa la dignità umana” il termine in questione è “dignità”. L’intento di questo articolo non è stabilire il vero significato della parola, ma capire il modo in cui essa viene utilizzata e i veri obiettivi che muovono chi la utilizza.
La prima distinzione che nel testo viene fatta è tra dignità ontologica, dignità morale, dignità sociale e dignità esistenziale. La dignità ontologica è quella più importante perché compete alla persona in quanto tale per il solo fatto di esistere e di essere voluta e creata da Dio; inoltre non può essere mai cancellata e resta valida al di là delle circostanze in cui i singoli possano venirsi a trovare.
La dignità morale si riferisce “all’esercizio della libertà da parte della creatura umana. Quest’ultima, pur dotata di coscienza, resta sempre aperta alla possibilità di agire contro tale dignità. Facendo così, l’essere umano si comporta in un modo che ‘non è degno’ della sua natura di creatura amata da Dio e chiamata all’amore degli altri”. Questo significa che la dignità morale può essere perduta, mentre quella ontologica non può essere annullata. Evidentemente sarà compito della chiesa riportare chi ha perso la dignità morale verso quella ontologica.
La dignità sociale si riferisce alle condizioni sotto le quali una persona si trova a vivere, quindi, per esempio, una condizione di estrema povertà può portare ad allontanarsi dalla dignità ontologica.
Infine, la dignità esistenziale riguarda la percezione interiore che si ha della propria vita e quindi se la si ritiene “degna” o “non degna” di essere vissuta. Anche in questo caso se la vita è ritenuta “indegna”, si dovrà fare in modo di riportarla verso la dignità ontologica.
Da questo si può evincere che la dignità ontologica è quella fondamentale perché creata e voluta da Dio (così come lo stesso soggetto e tutto il creato) e quindi immodificabile e inalienabile.
Ma se noi rovesciamo il punto di vista e invece di considerare Dio come un ente superiore creatore dell’essere umano, lo vediamo per quello che in realtà è, cioè una costruzione umana – costruzione umana e astratta a cui vengono attribuiti tutti i tratti della perfezione, relegando ogni imperfezione all’essere umano stesso e rischiando così di alimentare servilismo e fanatismo – anche quella che viene definita dignità ontologica in realtà è essa stessa creazione umana.
Per cui, come i governi agiscono non in base alla volontà divina e nemmeno secondo la volontà generale o popolare, ma seguendo solo la volontà dei governanti stessi, così anche il clero – che si considera intermediario di Dio sulla terra – agisce, e impone, in base alla propria volontà. Il fatto che poi l’imposizione sia dovuta a una loro credenza reale o fittizia è irrilevante.
Messo in chiaro questo, vediamo quali sono i reali significati rintracciabili dietro determinate affermazioni che ritroviamo nel testo in questione.
Prendiamo in considerazione il passaggio in cui viene scritto che “La libertà è un dono meraviglioso di Dio. Anche quando ci attira con la sua grazia, Dio lo fa in modo tale che mai la nostra libertà sia violata. Sarebbe pertanto un grave errore pensare che, lontani da Dio e dal suo aiuto, possiamo essere più liberi e di conseguenza sentirci più degni. Sganciata dal suo Creatore, la nostra libertà non potrà che indebolirsi e oscurarsi”. Nella realtà quello che leggiamo significa che la libertà esiste solo all’interno dei recinti tracciati dalla chiesa, non può esistere – o non deve esistere – al di fuori essa. Il discorso continua dicendo “lo stesso succede se la libertà si immagina come indipendente da ogni riferimento che non sia se stessa e avverte ogni rapporto con una verità precedente come una minaccia”. Qui, oltre l’evidente attacco al pensiero relativista, viene messo in luce il carattere reazionario e oscurantista della chiesa, contrario a qualsiasi istanza progressista di trasformazione e di emancipazione. Questo è confermato in maniera esplicita qualche rigo prima, quando si afferma che “il concetto di dignità umana, a volte, viene usato in modo abusivo anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definiti e non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita, come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo”. Più chiaro di così.
Poi di seguito, il testo continua affermando che “la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli interessi di potere”. Arbitrii ed interessi di potere del Vaticano, forse si sono dimenticati di aggiungere. Qui emerge una visione della natura umana estremamente essenzialista, data per tutti e per sempre, ma in realtà anche il concetto di natura umana è una costruzione culturale, quindi relativa ai contesti, alle epoche e alle varie visioni del mondo. Quindi, quando la chiesa parla di natura umana, in realtà parla di una sua particolare visione di natura che, lei sì arbitrariamente, pretende di imporre al* altr* per, appunto, propri interessi di potere.
Entrando nella quarta parte di questo testo intitolata “Alcune gravi violazioni della dignità umana”, possiamo vedere più nel concreto cosa gli estensori del documento intendono realmente per dignità.
I primi punti trattano i temi della povertà, della guerra e delle migrazioni. Questi temi rientrano in quella che viene definita la dottrina sociale della chiesa e che tanto piace a quella parte di sinistra che vede in questo papa il nuovo Che Guevara.
In questa parte si parla delle disuguaglianze, delle morti causate dalle guerre, della condizione dei migranti; tante belle parole, ma che non entrano mai effettivamente nel cuore dei problemi e delle cause che creano queste condizioni. Tutto viene inserito all’interno di una narrazione moralista, colpevolizzante e astratta. Per esempio, per quanto riguarda le guerre si esortano le persone a non uccidere, a non perseguire l’odio, ma non si parla mai degli stati che per loro natura generano guerre, degli interessi economici dei capitalisti o della produzione di armi. Anzi, per quanto riguarda quest’ultimo punto, il papa “pacifista” negli ultimi “Stati Generali della Natalità” addirittura mette orribilmente sullo stesso piano fabbriche di armi e anticoncezionali, perché le une distruggono la vita e le altre la impediscono. Equiparare uno strumento di libertà e di salute ad uno strumento di morte: questo dovrebbe rendere chiaro il livello di ipocrisia riguardo le tematiche sociali. Inoltre sarebbe utile ricordare ai membri della “Dottrina della fede” che alcuni anticoncezionali non servono solo per evitare gravidanze indesiderate, ma anche per evitare malattie sessualmente trasmissibili che in alcuni casi possono portare anche alla morte: quindi non impediscono la vita, ma la salvano e la rendono migliore. Ma per il clero la soluzione a tutto questo evidentemente è l’astinenza, tranne quando c’è da fare figli, ovviamente.
Stesso discorso vale anche quando si parla di migranti o di povertà. Tante belle parole, tante esortazioni alla “carità”, ma mai che si metta in discussione le cause reali, materiali e strutturali che creano tali situazioni. Mai vengono messi in discussione i confini militarizzati degli stati che generano morti, le leggi razziste che creano sfruttamento ed emarginazione. Mai viene reso evidente che è lo stesso sistema capitalista che produce per sua stessa natura povertà e disuguaglianza, cosi come non è mai criticata una società divisa in classi sociali, con le sue gerarchie. La loro visione è radicalmente interclassista. Il principio è quello della pecora e del pastore: io ti aiuto, faccio la carità, ma guai se pensi di spezzare le tue catene. Tutto deve rimanere come è. E quindi, se non si vuole cambiare l’attuale sistema che genera povertà, assieme a chi lo governa, a chi si attribuiscono le responsabilità? A tutti gli esseri umani, poveri o ricchi che siano. Così recita infatti il documento alla fine della parte relativa alla povertà: “Tutti siamo responsabili, sebbene in diversi gradi, di questa palese iniquità”.
Ma il vero significato che le gerarchie clericali, attraverso il Dicastero per la Dottrina della Fede (ex Santa Inquisizione) attribuiscono al concetto di dignità umana viene esplicitamente alla luce quando si parla della sfera personale della libertà di scelta, in modo particolare nei confronti di donne o libere soggettività lgbtqia+. In questo caso il concetto di dignità, definito in maniera aprioristica e svuotato totalmente di significato, viene utilizzato come una clava per reprimere ogni forma di autodeterminazione. Quello che il clero vuole è il totale e totalizzante controllo dei nostri corpi e delle nostre vite, in accordo pieno e assoluto con il “dio-patria-famiglia” dell’attuale governo fascista.
E così vengono passate in rassegna tutte le classiche tematiche oscurantiste tanto care alle forze più reazionarie e tradizionaliste della società, partendo dall’aborto, considerato come un delitto contro la vita. Particolarmente minacciosa è la citazione inserita nel testo, presa da “Evangelii gaudium” di papa Francesco, dove si dice riguardo all’aborto che “ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo”. E questa minaccia diventa tremendamente reale quando viene approvato un emendamento al disegno di legge per l’attuazione del PNRR, che garantisce alle regioni la possibilità di usare i fondi dedicati alla salute per finanziare le organizzazioni antiabortiste nella loro attività all’interno dei consultori (cosa che tra l’altro già ora avviene, perché le regioni hanno già i fondi da destinare ai consultori, dove viene favorito l’associazionismo cattolico di evidente orientamento anti scelta). Oppure quando si chiudono consultori, quando vengono messe in funzione le “stanze dell’ascolto”, quando con l’obiezione di coscienza (che in alcune regioni raggiunge quasi il 100%) si rende impossibile ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, quando vengono messi ostacoli alla pillola RU486.
Ovviamente non poteva mancare una parte dedicata alla cosiddetta “teoria del gender”, dove si dice che “tale ideologia prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia” e che pretende di “imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini”. E continua dicendo che “non si deve ignorare che sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare. Sono, dunque, da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna: non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare”. Quello che fa paura al clero e ai reazionari in generale è l’educazione alla pluralità delle differenze. E tra queste c’è anche il superamento del binarismo di genere come categoria obbligata nella lettura e nell’interpretazione dell’identità. Il movimento transfemminista rivendica il fatto che il genere è una costruzione sociale che viene assegnato alla nascita; un sistema di potere che stabilisce dei ruoli determinati a priori dall’ordine sociale patriarcale e che considera “anormali” o “innaturali” tutti i comportamenti, tutte quelle variazioni che escono fuori dalla norma eterosessuale. Ovviamente anche il cambio di sesso viene inserito tra i comportamenti inaccettabili da parte della chiesa cattolica, perché evidentemente anche questo va contro “l’opera creata da Dio”. Ma mentre si attacca ogni possibilità di autodeterminazione delle persone trans, la chirurgia genitale va bene se si tratta di riallineare i corpi delle persone intersex all’interno dei canoni del binarismo di genere, mettendo così in discussione l’autodeterminazione anche di queste soggettività.
Nel documento poi si parla di maternità surrogata, auspicando, in perfetta sintonia con il governo, di proibire tale pratica a livello universale.
Si parla di eutanasia e suicidio assistito. Anche in questo caso ogni libertà di scelta sul proprio corpo, la propria persona, la propria vita viene negata. Secondo la Chiesa cattolica la vita è stata donata da Dio e solo lui può disporne. Quando nel testo si legge che “la sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo intrinseco e inalienabile”, in realtà è proprio la dignità che viene soppressa perché si reprime la sua volontà consegnandola a Dio (cioè al clero).
Incredibilmente c’è pure chi ha esaltato il fatto che in questo testo si parla anche di violenza contro le donne. Ma come si fa a non vedere l’incoerenza di parlare di violenza contro le donne, quando tutto il testo è una difesa a oltranza del potere e della cultura patriarcale, e quindi di quel potere e di quella cultura generatrice di quella stessa violenza. Per condannare il fenomeno del femminicidio, nella parte in questione viene citato un discorso pronunciato dall’attuale papa durante le celebrazioni mariane: “l’amore per Maria ci deve aiutare a generare atteggiamenti di riconoscenza e gratitudine nei riguardi della donna, nei riguardi delle nostre madri e nonne che sono un baluardo nella vita delle nostre città. Quasi sempre silenziose portano avanti la vita. È il silenzio e la forza della speranza. Grazie per la vostra testimonianza! […] ma guardando alle madri e alle nonne voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente americano: i numerosi casi di femminicidio. E sono molte le situazioni di violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tante pareti. Vi invito a lottare contro questa fonte di sofferenza chiedendo che si promuova una legislazione e una cultura di ripudio di ogni forma di violenza”. Quindi, per prima cosa – nella più classica tradizione della cultura patriarcale – si relega le donne al ruolo di madre e di riproduzione sociale; dopo viene celebrato il loro silenzio, ammettendo poi qualche riga sotto che per contrastare la violenza all’interno delle mura domestiche bisogna rompere proprio quel silenzio; ed infine viene inserita la violenza sulle donne all’interno di una generica “forma di violenza”, negandone la sua specificità di prodotto dell’oppressione e della cultura patriarcale e maschilista dominante.
Difendere la pluralità e le differenze vuol dire difendere una società che parte dal basso, che va dal particolare al generale; difendere le diversità vuol dire difendere l’uguaglianza. È quando si vuole distruggere la diversità imponendo un particolare modo di vedere, che si distrugge anche l’uguaglianza e si crea la gerarchia. La figura di un Dio da cui tutto diviene e a cui tutto si deve conformare è la clava con cui tutti i poteri hanno distrutto le libertà e costruito le proprie gerarchie.
Questo testo del Dicastero per la Dottrina della Fede è l’ennesima cappa oscurantista che viene calata sulla testa delle persone, delle donne, delle libere soggettività lgbtqia+, confermando quel triste principio sempre uguale da quando esiste il Vaticano e le sue gerarchie clericali: la chiesa difende la vita quando la vita non c’è, e quando la vita c’è veramente, la mortifica.
Marco Bianchi