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Il martello di Kawa

Il martello di Kawa

Il martello di Kawa
La Federazione Anarchica Torinese ha curato un dossier sulle ditte italiane in Turchia, sulle aziende turche in Italia.

Il Dossier è stato presentato in anteprima alla festa del Newroz il 20 marzo a Torino.

Chi lo volesse ricevere o fosse interessato a collaborare alla prossima più completa edizione ci contatti.
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46, Torino. Le riunioni, aperte as tutti gli interessati si svolgono ogni giovedì alle 21
fai_to@inrete.it
338 6594361
www.anarresinfo.noblogs.org
Di seguito l’introduzione del fascicoletto:
Gettiamo sabbia nell’ingranaggio per inceppare la macchina della repressione, per fermare i massacri.
In solidarietà alle popolazioni del Kurdistan, che lottano per l’autogoverno, senza Stati né frontiere.
La leggenda narra di Dehak, che getta il popolo in schiavitù e miseria senza mai saziarsi di ricchezze e potere. Il re pretende dai suoi sudditi i loro figli per cibarsene.
Kawa, un fabbro, è padre di un bambino che viene rapito dalle guardie per la tavola del re. Kawa si ribella al destino di suo figlio e va al castello per uccidere il tiranno.
Tutto popolo trova il coraggio di reagire: il castello viene bruciato.
Il fuoco ha ridato la vita e la libertà. Il popolo è finalmente libero dalla tirannia.
Questa storia fa da sfondo alle celebrazioni del Newroz, il ritorno della primavera, tra le genti di lingua kurda. Una storia di libertà e di lotta contro i tiranni, una storia di ieri e di oggi, quando, nonostante l’incrudirsi della repressione, i massacri, le torture e la prigione, uomini e donne libere lottano per una società aperta, egalitaria, giusta.
Sostenere attivamente la loro lotta di libertà, per l’autogoverno e l’autogestione su base confederale, è un passo per la libertà e l’uguaglianza in ogni dove.
In questi mesi, nel fragoroso silenzio dei media italiani, il governo turco sta massacrando la popolazione di città e villaggi del Bakur. Hanno abbattuto le case con l’artiglieria e bruciato gli abitanti, hanno lasciato morire dissanguati i feriti, impedendo alle ambulanze di avvicinarsi. Hanno ammazzato centinaia di persone che si erano rifugiate nelle cantine.
Sui social media hanno pubblicato le foto di donne curde denudate, orrendamente torturate e infine uccise. Queste donne sono il simbolo della lotta di libertà delle città che a luglio hanno proclamato l’autonomia dopo i primi attacchi dell’esercito turco.
Le Comuni del Bakur e del Rojava rappresentano un’esperienza di autogoverno che non vuole farsi Stato, perché aspira ad un mondo senza frontiere.
Un affronto che Erdogan non può tollerare. Un affronto che nessun governo, nessuno Stato può tollerare.
Il silenzio dell’Europa, il silenzio del governo italiano è complicità.
Erdogan sarà il gendarme che impedirà ai profughi di continuare il loro viaggio verso l’Europa.
In cambio riceve soldi e appoggio ai massacri in Bakur.
Finmeccanica, il colosso armiero italiano, fa buoni affari con l’esercito turco. Di recente elicotteri da combattimento della consociata Agusta Westland sono stati venduti al governo di Ankara.
Se tra trenta o cinquant’anni qualcuno si chiederà perché la Turchia ha massacrato le Comuni di Cizir e Sur nel silenzio complice di chi avrebbe potuto parlare ed agire, noi vorremmo poter dire che qualcosa abbiamo fatto, che abbiamo provato a metterci di mezzo.
Se la marea salisse, se l’indignazione di tanti diventasse azione, se il silenzio fosse rotto dalle grida di chi non ci sta, potremmo far sì che la storia di questi giorni cambi di segno.
In Bakur, in Rojava, in ogni dove

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