Gli studenti romani e l’alternanza scuola lavoro (PCTO)

Riflessioni e Testimonianze da una lotta in Corso

La vicenda di Lorenzo Parelli, lo studente diciottenne morto sul lavoro a Udine mentre partecipava a un tirocinio organizzato dalla scuola in cui studiava, gestita dai salesiani, ha determinato una mobilitazione degli studenti romani. La mobilitazione si è, per ora, concretizzata con due manifestazioni, una domenica 23 gennaio al Pantheon, dove è andata in scena l’alternanza scuola/repressione con violente cariche della polizia e una venerdì 28 con un corteo da Piazza Esquilino ai Fori Imperiali.
Come Gruppo Anarchico Bakunin riteniamo che obbligare gli studenti a lavorare gratuitamente (90 ore per i Licei, 150 ore per gli Istituti Tecnici e 210 ore per gli Istituti Professionali) non serva per nulla a formare sul lavoro ma solo ad abituare gli studenti a una vita che li attende di precariato lavorativo, fatto di infortuni, bassi salari e nessuna garanzia.
In Italia un lavoratore su quattro è un “working poor”, cioè è un lavoratore in una condizione di povertà nonostante abbia in qualche modo un lavoro, avendo lavorato almeno 7 mesi in un anno e/o ha un salario annuo inferiore al 60% del salario mediano. Che questo sia frutto del peggioramento delle condizioni di sfruttamento lo dimostra l’andamento dello stesso salario mediano utilizzato per determinare la povertà sul lavoro: nel 1990 era di 12.500 euro, oggi è di 10.500 euro e questo nonostante la forte differenza di potere d’acquisto tra il 1990 (c’erano ancora le lire) ed oggi (con gli euro). Dei nuovi contratti di lavoro, nove su dieci sono a tempo determinato, per cui chi entra al lavoro oggi ha il 60% di probabilità di avere, chissà quando, una pensione inferiore alla soglia di povertà.
Non è solo un problema di quanto si guadagna al lavoro ma anche di come si sopravvive al lavoro. Nel 2021 in Italia ci sono stati, censiti dall’Inail, 1404 morti sul lavoro con un aumento del 18% degli incidenti mortali sui luoghi di lavoro rispetto a un anno prima. I morti sul lavoro sono aumentati anche rispetto al periodo precedente la sindemia: erano 1.205 nel 2019. Va considerato che i morti censiti dall’INAIL non tengono conto dei morti in agricoltura (solo per schiacciamento da trattore sono morti 158 agricoltori nel 2021), di quelli morti per covid preso nell’ambiente di lavoro, i vari riders non contrattualizzati morti per incidenti stradali. Il fatto che uno studente muoia per infortunio sul lavoro è considerato “normale” ed “inevitabile” da chi non si cura delle migliaia di lavoratori che vengono immolati in nome del profitto. Per questi motivi abbiamo sostenuto con molto piacere le mobilitazioni studentesche di questi giorni ed abbiamo pensato di dare voce, attraverso Umanità Nova, agli studenti in lotta con questa intervista.

Cominciamo dalle occupazioni delle scuole romane di novembre e dicembre: come sono andate?

A Roma sono state occupate 60 scuole: numeri così alti non si vedevano da tempo. Le occupazioni sono state molto partecipate. Quella di far sentire la propria voce era evidentemente una esigenza forte da parte degli studenti.

Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto ad occupare?

Alcune motivazioni sono state specifiche per le singole scuole, altre sono state condivise e di carattere generale. La causa principale è stata la pandemia, che ha esasperato i problemi ed avrebbe potuto essere un pretesto per risolvere carenze strutturali che si trascinavano da anni. Il primo tema che abbiamo sollevato è quello della socialità. Le scuole sono ridotte a un nozionificio che annulla l’individualità dello studente. Non c’è alcun tentativo di proporre sapere critico. Tutto è legato solo al voto. Anche il PNRR dedica, come del resto la legge finanziaria, una percentuale irrisoria di fondi per la scuola. Ci sarebbe bisogni di grossi investimenti in edilizia scolastica per mettere in sicurezza le scuole, allargare gli spazi e le strutture, potenziare i laboratori. Gli unici fondi stanziati nell’edilizia scolastica sono per risistemare le palestre. Il PNRR destina quasi tutti i fondi alla digitalizzazione quando le priorità dovrebbero essere altre. Le nostre critiche sono rivolte anche verso i programmi ministeriali. In storia non si trattano gli ultimi 70 anni, che sono secondo noi quelli più importanti per capire la situazione attuale. Manca l’educazione sessuale e quella ambientale. L’educazione civica è svolta da docenti che si sono laureati in materie molto lontane da queste tematiche. La nostra protesta ha anche solidarizzato con le altre figure presenti nella scuola, evidenziando lo scarso livello salariale di professori e collaboratori ATA. Abbiamo anche chiesto la fornitura di servizi di consulenza psicologica nelle scuole data la situazione di disagio che molti studenti hanno avuto con il Covid.

C’è stata repressione al termine delle occupazioni?

La repressione c’è stata e senza alcun tentativo di capire le nostre ragioni. Il 20 dicembre Rocco Pinneri, Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, ha mandato una circolare a tutti gli istituti chiedendo di sgomberare le scuole ancora occupate, di denunciare gli studenti e di sospendere quanti avessero preso parte alle occupazioni. C’è stata in molte scuole una pioggia di sospensioni, da undici fino a sedici giorni, contro gli studenti individuati, in maniera più o meno arbitraria, come i portavoce della protesta. Ci sono state 21 denunce a Ripetta. Si è chiesto agli studenti di fare i delatori fornendo i nomi degli studenti che avessero partecipato alle occupazioni. Ci sono stati ricorsi contro le sospensioni ed è stata chiesta l’archiviazione delle denunce. Pinneri in ogni caso si è rifiutato di ritirare la circolare.

Parliamo del movimento “la Lupa”. Com’è nato?

Il movimento è nato dopo le occupazioni spontanee di novembre e dicembre. Il 17 dicembre c’è stata una manifestazione cittadina degli studenti e dopo abbiamo fatto una riunione di tutte le realtà studentesche, collettivi e realtà preesistenti. Non ci sono realtà legate a partiti istituzionali e sindacati concertativi. Siamo tutti studenti.

Come mai è stato scelto questo nome?

Non l’abbiamo scelto noi: è stata un’invenzione giornalistica. Facevano riferimento alla “Pantera”, il movimento studentesco dell’89/90 e, siccome il grosso delle mobilitazioni ci sono state a Roma, l’hanno chiamato “la Lupa”. A noi è piaciuto e l’abbiamo adottato.

Parliamo dell’alternanza scuola/lavoro. Come la vivete?

C’è una grossa differenza tra i Licei e gli Istituti Tecnici e tra le scuole del centro di Roma e quelle della periferia. Mentre nei licei del centro spesso consiste in corsi su vari argomenti legati al lavoro, nelle scuole di periferia e negli istituti tecnici si fa lavoro gratis e non si impara assolutamente nulla. È un lavoro dipendente completamente gratuito, senza neanche i rimborsi spese per le spese di trasporto o la mensa. Lavori gratis e a tue spese. Uno studente si è dovuto pagare il viaggio fino a Civitavecchia per andare a pulire i cessi delle navi. Per questo motivo non chiediamo che l’alternanza scuola/lavoro venga riformata: chiediamo che venga completamente abolita e che vengano potenziate le strutture in quegli istituti, come i tecnici, dove si possa fare esperienza in laboratori controllati, in sicurezza e senza produrre profitto per un padrone. Individuiamo come colpevoli di questa situazione Renzi e il PD, che sono stati i promotori della riforma sulla “buona scuola” e sono fautori di un modello di scuola aziendalizzato e che oggi piangono lacrime di coccodrillo sulla morte di Lorenzo.

Com’è andata la manifestazione di domenica al Pantheon?

Una volta saputo della morte di Lorenzo, la Lupa ha convocato la manifestazione. Erano presenti circa 300 compagni, quasi tutti studenti ma anche qualche lavoratore, visto che il tema era la sicurezza sul lavoro. L’idea era quella di fare un corteo passando davanti Montecitorio per arrivare al MIUR: l’dea era di fare un corteo pacifico e non eravamo per nulla aggressivi ma non c’è stato nulla da fare. La polizia ci ha vietato di partire ed ha subito tirato fuori i manganelli cominciando a colpire gli studenti presenti. Diversi di questi sono rimasti feriti, quattro si sono dovuti far mettere i punti in testa per le manganellate ricevute. La Questura ha aggiunto le beffe al danno, dichiarando che non c’erano stati studenti feriti e venendo puntualmente smentita dalle molte immagini girate sui social. In passato, in occasioni analoghe, la polizia è stata più tollerante ed ha adottato strategie di contenimento e, dopo il clamore mediatico delle cariche a Roma, ci saremmo aspettati maggior prudenza nella gestione dell’ordine pubblico da parte della celere. Le cariche del 28 gennaio agli studenti Torino, a Milano e a Napoli hanno dimostrato che, invece, c’è stato un ordine del governo di reprimere violentemente le manifestazioni studentesche.

La manifestazione di venerdì a Piazza Esquilino com’è andata?

È stata una manifestazione sostanzialmente tranquilla. Eravamo in circa 800, ci sono stati prevalentemente studenti e qualche lavoratore ma c’era tantissima polizia. Inizialmente avevano concesso solo il concentramento poi, di fronte alla nostra determinazione, ci hanno autorizzato un corteo lungo Via Cavour, fino ai Fori Imperiali dove abbiamo fatto un minuto di silenzio per Lorenzo. C’è stata qualche tensione solo in un punto in cui volevamo passare sotto l’Ufficio Scolastico Regionale e la polizia ce l’ha impedito. Dopo un lancio di fumogeni il corteo ha proseguito fino alla fine.

Quali sono i prossimi appuntamenti?
Il 4 febbraio ci sono cortei studenteschi in tutta Italia e i successivi 5 e 6 febbraio faremo un’assemblea nazionale a Roma per fare il punto della situazione ed allargare il movimento.

Gruppo Anarchico Bakunin – FAI Roma e Lazio


Alcune valutazioni
manifestazione studentesca del 4 febbraio a Roma

Il 4 febbraio sono scese in piazza, in tutta Italia, diverse realtà studentesche. La mobilitazione è stata causata dalla decisione improvvisa del Ministro Bianchi di reintrodurre l’esame di maturità tradizionale, con due prove scritte e l’orale, in luogo di quello introdotto durante la pandemia con una sola prova scritta e la discussione di una tesina.
La voglia del ministro di ostentare un ritorno alla normalità fa a cazzotti con la realtà quotidiana di studenti e studentesse fatta di DaD e DDI, aggravata dalla pessima gestione del governo della pandemia in questi ultimi due anni, fatta di buchi nei programmi scolastici, impossibilità di studio collettivo, delega alle famiglie per il recupero delle carenze scolastiche (con una penalizzazione evidente per gli studenti provenienti da famiglie disagiate), mancanza di socialità ed emergere di diversi disturbi psicologici. Nelle rivendicazioni sono entrate anche l’abolizione dell’alternanza scuola/lavoro, il rifiuto di questo modello di scuola sempre più opprimente e la denuncia delle violenza poliziesche dei giorni scorsi.
Ci sono stati cortei in tutta Italia, con una partecipazione complessiva stimata in circa centomila studenti e studentesse. A Roma, da dove il movimento si è caratterizzato in questa fase iniziale, riteniamo politicamente significativo che si sia consumata la frattura tra la Rete degli Studenti (legata a PD e CGIL) e la Lupa. La Rete degli Studenti, assente dalle mobilitazioni dei giorni scorsi, ha cercato di autoattribuirsi la rappresentatività del movimento chiedendo la piazza in questura, convocando in solitaria il corteo e fingendo che le mobilitazioni di questi giorni non ci siano state, nonostante siano proprio state queste mobilitazioni a spingere alla convocazione della mobilitazione nazionale.
La Rete degli Studenti ha cercato di utilizzare la copertura mediatica data dalle lotte fatte dalla Lupa in questi giorni per chiedere al MIUR l’apertura di un tavolo dove loro fossero chiamati come rappresentanti degli studenti. Dal canto suo la Lupa, date le limitazioni alla libertà di manifestare, ha dovuto accettare lo stesso percorso chiesto dalla Rete. Si sono svolti quindi due cortei distinti sullo stesso itinerario.
Il corteo è partito da Piramide e si sarebbe concluso al MIUR. Gli studenti in piazza sono stati diverse migliaia, con lo spezzone della Rete degli Studenti con meno studenti e povero di contenuti e con lo spezzone della Lupa molto più numeroso e più caratterizzato politicamente. Mentre lo spezzone della Rete aveva un solo striscione con scritto “Gli immaturi siete voi”, quello della Lupa vedeva presenti diversi striscioni con su scritto. “È Tempo di Riscatto – Movimento La Lupa”, “Ogni Scuola Sarà una Barricata”, “Di Alternanza non si Può Morire. È Tempo di Riscatto, Lorenzo Vive”, “Bianchi Dimissioni”, “Normalità Solo Quando vi Pare!”, accompagnati da cori e cartelloni contro il governo e i politici di tutti i partiti.
Nel corteo della Lupa alcuni studenti hanno fatto diffusione militante di Umanità Nova. Un paginone speciale di Umanità Nova sulla lotta studentesca, realizzato per l’edizione romana del giornale, è stato affisso davanti a diverse scuole nella mattina.
La polizia, presente in forze, ha controllato il corteo impedendo qualsiasi deviazione. Probabilmente il ministro Lamorgese voleva evitare di spiegare altri pestaggi degli studenti, dopo quelli dei giorni scorsi su cui ha tenuto un assordante silenzio, come effetto del “moto manganellatorio” della polizia.
Prima di arrivare al MIUR ci sono stati un po’ di spintoni tra la Lupa e la Rete degli Studenti per posizionarsi sulle scale del MIUR. Sulle scalinate era presente un gruppetto di fascisti del NES che, pensando che l’ondeggiare del corteo dipendesse dalla volontà degli studenti di caricarli, sono scappati a gambe levate. Il corteo si è concluso con la Lupa sulle scale del MIUR fino alla fine e la Rete che, vista la malaparata, se ne andava.
Riteniamo estremamente positivo che, anche nella piazza, si sia sconfitto il tentativo dei soliti noti, espressione giovanile della “normalizzazione” cercata dal governo Draghi e dai suoi accoliti, fatta dal ritorno alla normalità prepandemia e facendo finta che non sia stata proprio quella “normalità” a condurci nella situazione in cui siamo.

Alcuni studenti del Gruppo Bakunin – FAI Roma e Lazio


Sabato 5 e domenica 6 a Roma, ospitata da spazi sociali occupati e autogestiti, si è tenuta l’assemblea nazionale del movimento studentesco “La Lupa”.

Sono stati giorni di confronto e interazione tra le diverse realtà studentesche che compongono un movimento spontaneo, nato sia in risposta alla atroce morte di Lorenzo Perretti ma soprattutto dalle occupazioni e da anni di lotte per la scuola e contro infrastrutture fatiscenti, pericolose e inadeguate che, ad oggi, non hanno ancora ricevuto una risposta adeguata dalle cosiddette “istituzioni” se non cariche violente, manganellate e delegittimazione politica.

Nei due giorni di assemblea i/le compagnə hanno ribadito la denuncia della repressione di Stato, ed hanno ribadito il netto rifiuto a sedere a improbabili “tavoli di mediazione” richiesti per fornire visibilità mediatica ad organizzazioni studentesche che fino ad oggi erano ai margini della protesta.

In tale contesto il movimento ha deciso di indire una serie di manifestazioni a livello nazionale allargate a tutte le realtà sociali per il 18 febbraio.

Nel secondo giorno di assemblea sono state affrontate diverse tematiche che forniscono l’immagine di un movimento intenzionato a rivendicare una volontà di conflittualità sociale, di abbattere gli schemi educativi di una scuola pubblica sempre di più in agonia. E quindi si è richiesto di affrontare nelle scuole diverse tematiche oltre alla normale didattica ed attività extra: si parte dall’antifascismo fino ad una concezione critica del neocapitalismo, passando per il femminismo, educazione sessuale, discriminazione, memoria storica, edilizia scolastica e via dicendo con una serie di rivendicazioni sociali ed antagoniste da contrapporre ad un sistema sempre più autoritario e reazionario.

Ovviamente i/le compagnə hanno avuto la possibilità di “farsi movimento” anche per la ricerca naturale di convivialità tra giovani student*, attraversi eventi culturali, pranzi sociali, feste e concerti sperimentando dopo anni terribili legati alla emergenza Covid la gioia della loro età, il rifiuto della “politica della paura”, la ricerca della libertà come legittimo obiettivo dell’essere umano.

E noi come anarchici per il sociale gioiamo sempre davanti ad una rabbia costruttiva, ad un sorriso che siamo sicuri seppellirà il ghigno dei nuovi “dittatori” e saremo sempre al fianco dei compagniə student*.

Gruppo Anarchico Bakunin – FAI Roma e Lazio

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