Fare sindacalismo non è reato!

Sulla condanna contro sei militanti della CNT spagnola

Il 24 giugno sei militanti della CNT spagnola sono stati condannati in via definitiva a tre anni e mezzo di carcere da una sentenza che, di fatto, costituisce una minaccia per l’attività sindacale e crea un precedente per la futura condanna di qualunque manifestazione contro gli abusi dei datori di lavoro nello stato spagnolo.
La storia dei “Sei di Xixón” comincia nel 2017, quando una lavoratrice della pasticceria La Suiza di Gijón (Asturias) si rivolge alla CNT per denunciare orari di lavoro estenuanti, salario inferiore a quanto previsto dal contratto, straordinari non pagati e, quel che è peggio, molestie sessuali da parte del datore di lavoro.
La CNT, dopo aver approfondito le informazioni fornite dalla lavoratrice, cerca di mettersi in contatto con la pasticceria per negoziare le condizioni per la cessazione del rapporto di lavoro, ma l’impresa si rifiuta di incontrarli e la CNT convoca manifestazioni e presidi di denuncia. L’imprenditore quindi accetta l’incontro, ma questo termina senza che si sia raggiunto un accordo. Continuano le mobilitazioni e comincia la repressione con arresti arbitrari, multe, sanzioni alla CNT. La pasticceria, intanto, denuncia il sindacato e a dicembre chiude i battenti.
Tra il 2017 e il 2018, a fronte delle due denunce presentate dalla lavoratrice, una penale per molestie sessuali (archiviata per mancanza di prove) e una al giudice del lavoro per motivi salariali (rinviata per i procedimenti penali voluti dall’impresa), La Suiza sporge una trentina di denunce contro la CNT di Gijón per reati di ingiuria e calunnia contro il padrone dell’azienda, di coercizione, minaccia e intralcio alla giustizia, ma anche di associazione a delinquere ed estorsione (come se la CNT chiedesse il pizzo alle imprese della zona). Ovviamente le manifestazioni, autorizzate, si susseguono e l’azienda denuncia la CNT anche per questo. Le sentenze, comunque, sono per lo più orientate all’archiviazione o all’assoluzione.
Quando tutto sembra indicare che l’aspetto giudiziario si limiterà alla presentazione dei relativi ricorsi contro le sentenze (con l’eccezione della denuncia di ingiuria e calunnia, di cui si tratta in un successivo paragrafo), nel 2023 La Suiza e i suoi legali cambiano strategia e danno avvio a una nuova ondata di denunce contro i compagni e le compagne della CNT di Gijón per aver raccontato e resi pubblici i maltrattamenti e gli abusi a danno della lavoratrice e la persecuzione vissuta da loro stessi; si tratta di un attacco alla libertà di espressione, si cerca di impedire ai militanti di difendere la propria innocenza.
A questo si aggiunge la costante esposizione mediatica del padrone della pasticceria e di suo figlio, nel ruolo di vittime, affermando di essere in rovina e di aver subito aggressioni e minacce. Eppure per la persecuzione giudiziaria scatenata contro la CNT si sono avvalsi dei più prestigiosi (e più cari) avvocati del paese.
Tra multe, arresti immotivati, denunce di manifestazioni autorizzate, affissione di cartelli falsi attribuiti alla CNT, l’anarcosindacato ha continuato a scendere in strada per reclamare giustizia, sono continuate le manifestazioni e le tante azioni di protesta, anche con il sostegno di organizzazioni sindacali di altri paesi.
L’episodio più eclatante e indegno dal punto di vista giudiziario, che porta alla sentenza di condanna di qualche giorno fa, è l’aggiunta dei reati di intralcio alla giustizia, coercizione e minacce alla denuncia di ingiuria e calunnia: pur essendo già stata emessa una sentenza, senza nuove prove e in modo del tutto irregolare, il tribunale di Gijón decide di processare gli accusati e i reati di calunnia passano in secondo piano. Nel 2021 i “Sei di Xixón” risultano colpevoli e così anche nel processo d’appello, che nel 2022 li vede condannati a tre anni e mezzo di prigione e a pagare a La Suiza 125.000 euro, nonostante fosse noto che la pasticceria era in vendita dal 2016 e che era stata ipotecata ben prima dei fatti; il giudice che firma la sentenza è ben noto al mondo del sindacalismo, poiché si è distinto in condanne esemplari nei confronti di militanti e attivisti asturiani, oltre a mandare in galera col massimo della pena i renitenti alla leva.
Oggi sei persone, tra cui la lavoratrice, sono state condannate a tre anni e sei mesi di carcere, due anni per intralcio alla giustizia e 18 mesi per coercizione. Le persone condannate, cinque donne e un uomo, sono pienamente integrate nella società, con una famiglia e dei figli, con un lavoro. Al di là della solidarietà che hanno dimostrato nei confronti di una persona indifesa in situazione di abuso, queste persone sono condannate per aver praticato il sindacalismo e per questo sono costrette ad andare in prigione.
Il loro problema non è solo loro, è un problema di tutto il sindacalismo e della società dello stato spagnolo. Questa sentenza apre la strada alla condanna di migliaia di persone in tutto il paese per il solo fatto di essersi mobilitate davanti a un conflitto. Con la condanna per intralcio alla giustizia, qualsiasi rappresentante sindacale può essere condannato se, durante la negoziazione, solleva la possibilità di ritirare un reclamo su eventi verificatisi durante il conflitto. Dopo questa condanna per coercizione, chiunque manifesti contro un’azienda può trovarsi nella stessa situazione.
La CNT scende ancora in piazza, chiama alla mobilitazione, manifesta e chiede il sostegno delle organizzazioni di altri paesi che abbiano a cuore la libertà di fare sindacalismo.
La voce della CNT e dei “Sei di Xixón” non si spegne, perché fare sindacalismo non è reato.

Anna Gussetti

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