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Ddl Zan: alcuni contributi su omobitransfobia e istituzioni

Ddl Zan: alcuni contributi su omobitransfobia e istituzioni

Oggi il Senato, grazie alla ‘tagliola’ chiesta da Lega e Fratelli d’Italia, ha bocciato il ddl Zan, disegno di legge pensato per la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità.
Ora, in quanto donne e/o persone non eterosessuali inserite nel movimento anarchico, non ci siamo mai mobilitat* per chiedere protezione alle stesse autorità che per due millenni ci hanno torturato, ucciso e invisibilizzato. Non scendiamo in piazza per mangiare le briciole che ci lascia il governo dell’etero-cis-patriarcato. E soprattutto, rivendicando un approccio intersezionale, non troviamo protezione in una legge che di fatto legittima la prigione, l’istituzione machista, sessista e omobitransfobica per eccellenza.
Tuttavia, dobbiamo prendere atto che non sono certo riflessioni libertarie e antiautoritarie come queste ad aver portato alla distruzione di un ddl che è stato descritto dal Vaticano come “la legge del diavolo”.
La bocciatura del ddl Zan è celebrata come una vittoria da parte di quella destra fasciocattolica che vede minacciate le fondamenta etero-cis-patriarcali del suo Stato-Nazione e che brinda sulla pelle dei nostri corpi pestati a sangue nelle strade.
Per i partiti e partitini della cosiddetta sinistra di governo, invece, è l’evidente dimostrazione di un’incapacità di prendere una posizione netta in merito al riconoscimento dei diritti più basilari.
Sia chiaro, nessun vittimismo da parte nostra. O meglio, riconosciamo di essere espost* ad una violenza sistemica, ma rigettiamo l’immaginario machista che ci descrive come persone deboli e incapaci di difendersi.
Dalla nostra storia dobbiamo imparare.
Parliamoci, autorganizziamoci, costruiamo reti transfemministe e queer dal basso, diamo vita a spazi sicuri per noi, e pericolosi per chi si sente in diritto di toccare i corpi delle donne e delle persone queer.
PER L’AUTOGESTIONE DEL CORPO, DELLA SESSUALITÀ E DELLE RELAZIONI.
CONTRO GOVERNI E SACRA FAMIGLIA.

Soggettività queer e femministe della Federazione Anarchica – Milano.

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Torino queer. Le libertà non si chiedono, si prendono!

La mancata apertura del dibattito parlamentare sul DDL Zan, accolta con applausi e toni trionfalistici dalla destra cattofascista in parlamento, ha suscitato amplissima indignazione e riempito le piazze.Il 30 ottobre a Torino, dove il presidio era stato convocato dalle associazioni più istituzionali, c’è stata la presenza attiva e visibile di tante soggettività queer, che l’hanno attraversata con striscioni, interventi e corpi incompatibili alle dinamiche lobbiste delle associazioni che animano il Pride istituzionale.Non certo per caso nella piazza convocata dal coordinamento Torino Pride c’erano anche il neosindaco Lorusso e gli assessori Rosatelli e Foglietta, venuti a rassicurare che il sostegno ricevuto prima dell’ultima tornata elettorale sarebbe stato adeguatamente ripagato.
“Cagnә in frocessione contro padre, patria e padrone.”, “le strade sicure le fanno le frociə che le attraversano.”, “identità erranti contro stato, frontiere e polizia” “le libertà non si chiedono, si prendono!” sono alcuni degli striscioni aperti o appesi dalle componenti antiistituzionali.
La piazza Queer è poi dilagata oltre piazza Carignano, dando vita ad un corteo che ha attraversato il centro città per approdare in periferia.

Dalla pagina di Wild C.A.T.: “Indecorosə, fierə e autodeterminatə abbiamo occupato piazza Carignano e siamo partitə in corteo per esternare tutta la nostra rabbia queer contro la quotidiana e sistemica violenza omolesbobitransfobica che ci investe come un fiume in piena, contro catto-fascisti che popolano il parlamento così come le strade delle nostre città, contro le legiferazioni e i giochi di potere sui nostri corpi non normati, contro vittimismo, messa sotto tutela e pink washing istituzionale. Ribadiamo ancora una volta, con convinzione, che le strade sicure non possono che farle le frocie che le attraversano, nessuna fiducia nello Stato padre-padrone che o ci infantilizza e ci controlla, o ci reprime e ci cancella, le libertà ce le prendiamo con la lotta!”

Di seguito il comunicato del Free(k) Pride:
“Siamo incazzatə ma non siamo stupitə.
Quello che è successo in senato il 27 ottobre durante l’affossamento del ddl zan è l’ennesima ostentazione ed esercizio violento di potere di una classe politica che ha – letteralmente – brindato sull’umiliazione dei nostri corpi dall’alto del loro privilegio cisgender, eterosessuale, abile e patriarcale.
Non ci sentiamo coinvoltə nell’ondata di sdegno che ha seguito il triste video del senato in festa sui nostri cadaveri, piuttosto nella rabbia, quella rabbia che ci appartiene in quanto corpi queer fastidiosi, scomodi, antipaticamente liberi.
Come realtà transfemminista queer, pur riconoscendo che alcune persone si sentano rassicurate da una tutela da parte dello stato, abbiamo guardato al ddl zan con uno sguardo profondamente critico, e le ragioni sono molteplici.
Come mostrə f(e)rocie sappiamo che non sarà una legge punitiva legiferata da uno stato machista e omolesbobitranstuttofobico ad arginare l’escalation di violenza sui nostri corpi a cui stiamo assistendo.
Rifiutiamo il ruolo di vittime disegnato dal ddl zan, non siamo né indifese né fragili; lo ripetiamo: le strade sicure le fanno le frocie che le attraversano.
Non ci basta che vengano riconosciute le identità e gli orientamenti più socialmente accettabili e decorosi.
L’invisibilizzazione delle persone asessuali, aromantiche, non monogame e di tutta quella moltitudine di soggettività e orientamenti non conformi, il binarismo con il quale vengono descritte le persone bi+sessuali e trans+ non ci rappresenta, non ci appartiene e ci disgusta, ci rende piene di rabbia.
Vogliamo dare fuoco alla norma, non crearne un’altra.
Non ci interessa scendere a compromessi, non ci vogliamo normatə, normali o decorose, ci vogliamo così come siamo, mostrə, fierə, troiə, cagnə, dissidenti e indecorosə.
La vostra celebrazione della violenza patriarcale è un rivoltante insulto a Orlando e a tuttu lu nostr sorellu ammazzat e suicidat dal vostro odio, che validate e perpetrate ogni giorno salvo poi lavarvi la coscienza di rosa prima delle elezioni, dei pride o il 17 maggio.
D’ora in avanti dovrete essere voi a tremare.
Conosciamo bene i giochini di potere di politicanti rampanti che strizzano l’occhio alle checche in campagna elettorale: l’ultimo pride istituzionale torinese/kermesse elettorale ne è stato esempio lampante.
Conosciamo bene anche i lobbisti delle associazioni che sono oggi in piazza per lamentarsi della mancata restituzione della generosa campagna elettorale offerta dal Torino pride.
Sappiamo come le sponde istituzionali mirino a contenerci: se saremo bravə e non daremo fastidio alla norma dominante forse domani qualche eterosessuale ci lancerà una manciata di caramelle dall’alto.
Ma sappiamo anche che il tempo dell’attivismo LGBT (GGGG) istituzionale e della sua strategia fallimentare del dialogo e del compromesso a ribasso con lo stato è finito.
Non ci basta ‘punire’ chi ci aggredisce per strada.
Che dire allora dell’omolesbobitranstuttofobia dello stato? Della chiusura e ingerenza cattofascista nei consultori? Degli ospedali sistematicamente e colpevolmente privati di mezzi e strutture adeguate alle vite ed esigenze delle persone trans?
Vogliamo entrare come un fiume in piena nelle scuole, nei posti di lavoro, ovunque pensiate di nascondervi ed essere al sicuro.
Tenetevi le briciole: vogliamo il pane, le rose, la prep e il popper.
Ci piace travestirci, ma non ci travestiremo più da eterocisessuali per avere credibilità ai vostri occhi, per avere agibilità nei vostri spazi (che poi sono tutti gli spazi), per sopravvivere.
È tempo che la rabbia transfemminista frocia esploda, è tempo di riempire le strade, di incontrarci e di essere visibili, tracotanti, indecorosə.
Vi abbiamo visto applaudire, pensate di cancellarci ma non avete capito niente.
Ci volete mortə o addomesticatə ci avrete cagnə rabbiosə in ogni città.
Le libertà non si chiedono
Ma si prendono
Fanculo i diritti
Vogliamo Vendetta”

Da Anarres.info

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