Sabato 3 febbraio a Portoferraio, Isola d’Elba, in Piazza Pietro Gori è stata posta una nuova targa dedicata a Giovanni Ageno, ex-sindaco di Forza Italia ormai defunto a cui la piazza è stata reintitolata dall’attuale giunta comunale di destra. La cosa si preparava da tempo, ma solo con pochi giorni di anticipo è stata data la notizia che con una solenne cerimonia sarebbe stata inaugurata la nuova targa toponomastica della piazza antistante alla Biscotteria, dove ha sede il Municipio, che da quel momento si sarebbe chiamata Piazza Giovanni Ageno, e non più Piazza Pietro Gori.
La scelta della giunta comunale ha sollevato l’indignazione di una buona parte della popolazione di Portoferraio e dell’Isola d’Elba. La figura di Pietro Gori infatti, strettamente legata alla storia della regione, sull’isola come sulla costa toscana è conosciuta a livello popolare ed è presente nella memoria collettiva legata alle lotte operaie e popolari che hanno segnato il territorio in più di cento anni. Questa memoria è radicata al punto di dover essere commemorata, non certo senza imbarazzi e reticenze, anche dalle istituzioni. A Portoferraio, dove Pietro Gori morì nel 1911, questa memoria è particolarmente forte, e questo risulta evidente anche dalla toponomastica: oltre alla piazza in questione c’è anche una piccola via del centro a lui intitolata, e nella solita piazza vi è pure un monumento in marmo dedicato a Gori che solo nel momento più duro della dittatura fascista, nel 1940, il regime aveva osato rimuovere. Per questo molte elbane e molti elbani non hanno accettato la reintitolazione.
Ma che all’anarchico Gori fosse intitolata proprio la piazza del municipio evidentemente per la giunta portoferraiese era troppo, hanno così deciso di sfruttare la figura controversa di un collega di partito defunto. Giovanni Ageno fu sindaco di Portoferraio dal 1999 al 2004 e fu una delle personalità al centro dello scandalo “Elbopoli”: accusato di “associazione a delinquere, voto di scambio, peculato, violenza privata, corruzione e concussione, fece quasi tre mesi di carcere preventivo”, e venne assolto tre anni dopo la morte, nel 2008. Per Forza Italia e la destra elbana è un martire della magistratura a cui doveva essere dedicata la piazza su cui affaccia il municipio. Riccardo Nurra, capogruppo della attuale maggioranza nel consiglio comunale di Portoferraio durante il discorso pronunciato in Piazza Pietro Gori al momento della inaugurazione della targa ad Ageno ha detto che “Gori avrebbe ceduto volentieri uno dei due luoghi a lui intitolati, riconoscendo l’enorme ingiustizia subita da Ageno”. Quando è che il signor Nurra ha parlato con Pietro Gori?
Non mi interessa entrare nel merito della figura di Ageno, che tra l’altro in questa occasione è stata esposta alle critiche proprio dai suoi colleghi di partito che hanno imposto la forzatura della reintitolazione, ma penso che sia bene precisare alcune cose sulle pagine di questo giornale visto che attraverso Pietro Gori il movimento anarchico è stato continuamente chiamato in causa in questa vicenda.
Va ricordato per prima cosa che nelle carceri italiane vi sono oltre 58000 persone recluse, di cui oltre 10000 sono in attesa del primo giudizio, e questi numeri sono in aumento. Inoltre vi sono alcune migliaia di persone in uno stato di totale o parziale reclusione, considerate come “ospiti” ma di fatto private della libertà senza aver commesso alcun reato, nei CIE, nei cosiddetti hotspot e nelle varie strutture in cui vengono costrette le persone che giungono in Italia da altri paesi senza avere i documenti in regola. Va infine segnalato che molte persone, per il loro impegno quotidiano, contro governanti e sfruttatori sono ancora oggi carcerate come lo fu Pietro Gori, sono ancora oggi perseguitate grazie a leggi che non hanno niente a che fare con la giustizia. Molti hanno processi per la propria attività politica quotidiana, molti sono condannati talvolta pure in modo illegittimo per le stesse leggi dello Stato. Da anarchico, personalmente, certo preferirei una piazza dedicata a tutti coloro che sono privati della libertà, ai galeotti, ai clandestini, ai perseguitati, ai carcerati, anziché una piazza dedicata ad un esponente della classe dirigente rimasto incastrato nel corso del suo operato negli ingranaggi di quella Legge che garantisce la proprietà privata e che difende l’attuale ordine sociale basato sulla diseguaglianza e la sopraffazione. Da anarchico in realtà potrei dire anche che sono contento che il municipio, un palazzo istituzionale, centro della classe politica e dirigente locale con i suoi affari e i suoi intrighi, non si affacci su Piazza Pietro Gori. Potrei considerare una buona notizia il fatto che quegli affaristi della politica, che hanno perso da tempo ogni credibilità tra la gente, scelgano il nome di uno dei loro per identificare i luoghi delle istituzioni attraverso le quali ci governano.
Ma l’atto della giunta di Portoferraio è stato un deliberato affronto all’Elba libertaria e al movimento anarchico. È un’offesa alla storia collettiva, e per questo molte e molti elbani si sono schierati contro la reintitolazione, per questo molte persone erano in piazza sabato 3 febbraio per difendere la memoria dell’anarchico Pietro Gori. Perché la decisione della giunta non è certo casuale, non si tratta di semplice ignoranza, né solo di eccessiva premura verso l’ex sindaco Ageno, o di poco riguardo verso la tradizione culturale locale. Una grossa parte in questa decisione l’ha avuta proprio la volontà di cancellare dalla piazza su cui si affaccia il municipio l’intitolazione a Pietro Gori. Non è un caso che, come ricorda Ferrari, sindaco di Portoferraio, tra i primi a proporre nel 2008 la reintitolazione della piazza vi era Maurizio Zingoni, allora coordinatore provinciale di Forza Italia. Nel 2011 Zingoni fece un interpellanza nel Consiglio della Provincia di Livorno, come consigliere, per togliere alla Federazione Anarchica Livornese la sede storica per cui pagava tra l’altro regolare affitto. Quanto avvenuto a Portoferraio quindi non fa che confermare ancora una volta l’avversione di certe fazioni politiche nei confronti dell’anarchismo e di ogni aspirazione egualitaria e libertaria. Per questo compagne e compagni da Piombino, Livorno, Pisa ed Empoli sono stati presenti a Portoferraio sabato 3 febbraio, perché si è trattato anche di un attacco al movimento anarchico.
La celebrazione ufficiale per la reintitolazione della piazza voluta dalla giunta non ha fatto che creare ulteriore malcontento e rendere ancora più evidente il dissenso diffuso nei confronti di questo cambiamento della toponomastica. Per la celebrazione sono stati rispolverati tutti i vecchi arnesi teatrali del potere, vi era persino il prete incaricato della benedizione della nuova lapide che indossava un tricorno con fiocco rosso, una vera rarità. Ma di fronte al palco da comizi montato nella piazza non vi erano che pochissime persone a celebrare la “fine” di Piazza Pietro Gori, se si escludono le varie autorità militari e civili, le associazioni d’arma e la banda della filarmonica “G. Pietri”. Nella stessa piazza, a poco più di una ventina di metri da queste grige figure inamidate, sotto al monumento dedicato a Pietro Gori, sulle scale, decine e decine di persone, ottanta per la stampa locale, si sono riunite per protestare contro la decisione della giunta. La protesta, nata spontaneamente e diffusasi con il passa parola, è stata animata principalmente da abitanti di Portoferraio e di altre località elbane che avevano portato garofani rossi e si proponevano di difendere la memoria di Pietro Gori intonando alcuni suoi canti. Alcuni avevano portato cartelli, poesie, testi delle canzoni. I partiti locali che nei giorni precedenti avevano criticato la scelta della giunta comunale non erano presenti in piazza, almeno in modo visibile. Presenti le bandiere della Federazione Anarchica Elbano Maremmana, e quella della Federazione Anarchica Livornese, oltre ad una bandiera rossa e nera da Capoliveri che riportava una poesia di Gori, da Empoli vi era la bandiera storica del Gruppo Anarchico “Pietro Gori” e lo striscione del Centro Studi Libertari anch’esso dedicato a Gori.
Dopo una lunga indecisione, le autorità hanno deciso di mantenere all’esterno l’inaugurazione nonostante la pioggia, probabilmente anche per non lasciare la piazza a chi era venuto per ricordare Pietro Gori. Quando è iniziata la celebrazione e i primi oratori hanno iniziato a parlare si sono sentiti alcuni fischi e una parte della piazza ha intonato fischiettando “Addio a Lugano”. Quando poi Nurra ha detto, in apertura al proprio discorso che nessuno intitolando la piazza ad Ageno ha voluto “sminuire il valore di Pietro Gori, un grande anarchico e un grande uomo” si sono sentite proteste a voce più alta: “come no…”, “viva Pietro Gori!”, “viva l’anarchia!”. Ad ogni modo nessuno ha interrotto gli interventi dal palco, anche perché molti dei presenti non volevano dare spazio alla retorica vittimistica e provocatoria della giunta comunale. Quando poi la targa è stata scoperta sono partiti nuovi fischi, sono state scandite come slogan le frasi “Rispetto per la storia!” e “viva Pietro Gori!” che hanno coperto l’esecuzione dell’Inno di Mameli, al termine del quale per almeno un minuto nella piazza ha risuonato solo il coro “Gori! Gori! Gori!”. La cerimonia istituzionale si è quindi sciolta, mentre sotto al monumento dedicato a Pietro Gori i presenti hanno intonato “Addio a Lugano”, “Stornelli d’esilio”, “Dai monti di Sarzana” e “Vieni o maggio”. Prima di lasciare la piazza sono stati lasciati garofani rossi sulle scale poste sotto il monumento.
La giornata del 3 febbraio a Portoferraio ha dimostrato che lo spirito libertario è ancora presente nella città e nell’isola, e che la popolazione non tollera in silenzio l’arroganza di un potere che vuole riscrivere la storia per affermare la propria autorità. In quella piazza da una parte si è visto sfilare lo stantio rituale di una classe dirigente che si alimenta con lo sfruttamento, con l’oppressione, con la devastazione del territorio, dall’altra parte si è visto uno spirito di libertà che trae forza dalla memoria collettiva costruita in oltre un secolo di lotte per la liberazione sociale. Quella piazza probabilmente, alla faccia di ogni atto burocratico, per molti resterà ancora Piazza Pietro Gori. Certo una giornata come questa può essere servita a molti come conferma che unendosi e organizzandosi dal basso, impegnandosi in prima persona, si può far sentire la propria voce, non solo per difendere la memoria ma anche per rilanciare un’alternativa nel presente, specie in un territorio come quello elbano devastato sul piano sociale e ambientale da chi lo governa a livello locale e nazionale.
Dario Antonelli