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Bisogna difendersi dall’islam? Una conversazione con Enrico Ferri (seconda parte)

Bisogna difendersi dall’islam? Una conversazione con Enrico Ferri (seconda parte)

Recentemente, in diverse occasioni, tanto sul mensile Sicilia libertaria che su periodici universitari, hai criticato autori e pubblicazioni che, anche in ambito libertario, hanno denunciato la minaccia che l’Islam, almeno per loro, rappresenterebbe, in quanto forma di pensiero e di prassi di vita oscurantista. A tuo avviso qual’ è la vera natura dell’Islam?

Io preferisco parlare di Islam sempre al plurale perché non è un pensiero unico, ma una galassia culturale , una realtà con 1400 anni di storia che coinvolge attualmente più di un miliardo di persone , presente in modo cospicuo anche in Europa, dove è la seconda religione, maggioritaria in Africa e nel Vicino Oriente. Uno sciita è diverso da un sunnita, un musulmano dell’Indonesia da uno del Maghreb, cosi come Malcolm x da Khomeiny e un sufi dal mullah Omar. Se riteniamo l’Islam una realtà indifferenziata finiamo per precipitare, come dice Hegel, “nella notte in cui tutte le vacche sono nere” .

Ma al di là delle particolarità e delle differenze, il fatto di essere musulmani non significa condividere una visione della vita, di Dio, dei rapporti umani, ecc. Non significa avere in comune una stessa identità o, comunque, degli elementi fondamentali e caratterizzanti?

Il musulmano è colui che si ritiene “sottomesso a Dio (Allah)”: crede in un Dio unico che si è rivelato all’uomo attraverso una serie di profeti di cui l’ultimo è Muhammad, rivelazione raccolta in un libro sacro, Il Corano. La parola di Dio si ritiene trasmessa anche in modo indiretto, attraverso l’insegnamento del Profeta Muhammad, le sue azioni e la sua parola, che costituiscono una “tradizione” (Sunna) che , assieme al Corano, sta alla base della Sharia che contiene i principi della legge. Tutti i musulmani si riconoscono in questi presupposti (l’ unicità di Dio; il valore della profezia; il Corano; la tradizione del profeta, ecc.), ma li interpretano in modo diverso e a volte contrapposto. Accettare gli stessi principi, ad esempio, non ha impedito e non impedisce ai sunniti e agli sciiti di combattersi e massacrarsi in contesti come il Libano, l’Irak, la Siria, ecc.

Molti, però, considerano l’Islam un movimento religioso/ politico/militare che nel corso del tempo ha avuto una serie di caratteristiche e comportamenti ricorrenti, sempre intolleranti ed aggressivi!

È proprio questo il punto cruciale: molti considerano l’Islam come se fosse un’immutabile idea platonica, sempre uguale nei secoli e nei continenti, sempre minaccioso, sempre aggressivo, sempre intollerante, sempre pericoloso. Una presenza ostile da cui difendersi, semmai attaccando per primi. È la saga dei luoghi comuni che analizzo in modo dettagliato nel blog da me curato www.musulmaniinitalia.it , dove ci sono anche miei articoli su quella che definisco l’interpretazione “essenzialista” dell’Islam, tipica di quanti lo rappresentano come una realtà sempre uguale a se stessa, al di sopra e al di là della storia e dei contesti geografici. La cosa preoccupante è che in questa visione, che sconfina nel razzismo, si identificano anche molti libertari, che sembrano non avere nessun disagio a ritrovarsi in questa “battaglia” accanto a personaggi come Marine Le Pen, Matteo Salvini e Giuliano Ferrara.

La critica dell’Islam che molti intellettuali e militanti libertari muovono all’Islam non si ricollega alla tradizionale e storica polemica antireligiosa che da sempre caratterizza l’anarchismo? Non è un’espressione del radicale atteggiamento critico che gli anarchici hanno sempre avuto nei confronti delle religioni?

In realtà la critica anarchica della religione cristiana è un residuato storico, è ferma alla Essenza del cristianesimo di Feuerbach del 1841 e a Dio e lo Stato di Bakunin, ad un contesto storico e culturale di un’altra epoca, ad una prospettiva analitica del tutto superata, ad uno schema concettuale semplicistico e del tutto inadeguato a spiegare il fenomeno religioso. Secondo questa prospettiva il cristianesimo sarebbe una religione che risolve l’alienazione e la sofferenza, determinate dalle condizioni di vita e di produzione della società capitalistica e gerarchica, predicando la rassegnazione in nome di una ricompensa, di un Paradiso da conseguire in un’altra vita del tutto illusoria, svolgendo in tal modo un ruolo di conservazione e perpetuazione dello status quo, cioè dello sfruttamento.

Secondo gli anarchici l’Islam sarebbe una variabile del cristianesimo, del monoteismo cristiano ?

Secondo questa prospettiva l’Islam sarebbe da condannare in quanto religione. Tutte le religioni sarebbero espressioni di alienazione, di prassi di vita reazionarie. Quelli meno acculturati mettono nel calderone, sotto la voce “religione”, di tutto : da Odino a Confucio, dagli animisti agli shintoisti, dai politeisti greci alla Soka Gakkai. Quelli più acculturati, come Onfray, riportano l’Islam sotto la voce “monoteismo”, assieme all’ebraismo e al cristianesimo, accomunandolo nella condanna dei primi. Per di più, essendo l’Islam più caratterizzato in senso religioso, per una più convinta adesione e partecipazione dei suoi seguaci, sarebbe ancor più da condannare.

Non è cosi?

Non proprio: la definizione di religione è del tutto inadeguata per spiegare visioni del mondo come quelle del buddismo o dell’induismo, del politeismo o dell’animismo. Solo il monoteismo di origine abramitica, con tutte le sue caratteristiche tipiche, può definirsi “religione”. Senza considerare che personaggi come Zarathustra e Siddharta, si sono proposti come liberatori e annunciatori di un nuovo mondo, non come conservatori. Stirner considera Gesù come il primo ribelle della storia , “il distruttore del mondo antico”. La critica al cristianesimo da parte dei sostenitori della religione tradizionale politeista, in autori come Celso e Porfirio, denunciava il carattere “plebeo” dell’uguaglianza cristiana, il suo essere espressione dei poveri, degli ultimi, del mondo servile. Lo stesso Islam e il suo profeta Muhammad predicano l’attenzione e il rispetto per l’orfano, la vedova, il povero e tra i doveri fondamentali del musulmano c’è quello di devolvere parte dei propri beni ai più bisognosi. L’ Islam a molti musulmani appare come una religione e un’ “ideologia” della liberazione e, per molti, “L’alternativa islamica” ( per usare un’espressione che è pure il titolo di un interessante libro di Massimo Campanini) sembra come l’unica reale e praticabile, “per liberare gli esseri umani di tutta la Terra dalla servitù di qualcun altro che non sia Dio”, come ha scritto Sayyid Qutb, il teorico dei “Fratelli musulmani”.

Come spiegare, allora, fenomeni come lo “Stato islamico” del Califfo al-Baghdadi?

Sono fenomeni essenzialmente politici, che utilizzano la religione, in modo più o meno cosciente, per dare una “copertura”, una legittimazione ai propri programmi politici. Le responsabilità dell’Europa e degli USA per la situazione del Vicino Oriente sono gravissime e gli islamisti dell’Isis hanno buon gioco a presentarsi come un’alternativa a “crociati, imperialisti e neocolonialisti”, come pure ai regimi musulmani, autocrati e corrotti, di questa area geografica. Identificare la storia di questa cultura e religione con quella di una frazione minoritaria, seppure estremamente aggressiva, è un modo per non capire e creare confusione.

Eppure, i militanti del Califfato islamico si ritengono i soli e legittimi interpreti dell’Islam!

Èuna pretesa senza senso, così come è senza senso considerarsi “Califfo”, cioè “vicario” (Khalifa) del Profeta e guida della comunità universale dei credenti (Umma), quando si governano poche centinaia di migliaia di persone. Del resto, anche all’indomani della morte del Profeta avvenuta nel 632 d.C., un califfato islamico con un califfo riconosciuto dall’intera comunità dei musulmani non è mai esistito, per le divisioni all’interno della Umma su chi avrebbe dovuta guidarla, tra i sunniti e gli alidi, i seguaci di Ali, in seguito definiti sciiti. Nella storia dell’Islam spesso è stata la politica a monopolizzare la religione, piuttosto che il contrario.

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1 Enrico Ferri insegna Filosofia del diritto nell’Università Niccolò Cusano di Roma, dove dirige un master sulla realtà islamica in Italia : www.musulmaniinitalia.it

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