In riferimento allo scritto di Cosimo Scarinzi “Rosso, Nero e Fucsia”, comparso sullo scorso numero di Umanità Nova, vorrei prima di tutto dire che il fucsia, colore simbolo del movimento femminista di questi ultimi anni è per me sicuramente un bellissimo colore per la ricchezza di significati che racchiude.
Concordo in generale sulle considerazioni di Cosimo rispetto a quello che lui nomina neofemminismo. In effetti io mi ci sono avvicinata in occasione del primo sciopero globale del 2017, con le remore che mi portavo dietro dagli anni ‘70 quando avevo frequentato per poco tempo i movimenti femministi torinesi. In quegli anni altre considerazioni politiche mi hanno poi avvicinata alle donne ed agli uomini che occupavano le case ed ai gruppi dell’estrema sinistra extraparlamentare: quel femminismo separatista, poco classista e politico, mi si confaceva scarsamente – questo senza nulla togliere alla grandissima rivoluzione che il movimento femminista generale portò nella società di allora.
Nelle riunioni e nelle pratiche della rete femminista Non Una Di Meno ho ritrovato un movimento che non dava deleghe, un femminismo di classe (certo ancora in crescita), un partire da sé senza crogiolarsi nelle pratiche di autocoscienza, nonché tanto altro che sarebbe lungo esprimere ora.
Certamente, in questa deriva autoritaria e sessista in Italia e nel mondo, estremamente significativa è stata la graduale costruzione di un movimento femminista, conflittuale ed internazionale che si arricchisce attraverso lo scambio continuo di informazioni, formazioni, pratiche, costruito in assemblee territoriali, nazionali ed internazionali: le donne del mondo presentano una varietà strabiliante di modi di fare politica e di lottare, così che la contaminazione diviene coinvolgente.
Dette così le cose sembrano enfatizzate ma non è questa la mia intenzione: la rete NUDM in Italia presenta caratteri differenti nelle varie realtà territoriali, così come penso sia per un sindacato di base come la Cub che dà voce ed affronta quindi le diversità, non sempre semplici da gestire.
A Torino la rete nasce da un gruppo organizzato di giovani donne, precedentemente riunite in associazioni e movimenti femministi, dove una parte di essa fa riferimento ai principali centri sociali torinesi. La presenza preponderante di giovani donne e ragazze crea anche un certo disagio in noi “anziane”, ma mi rendo conto che abbiamo qualcosa da portare della nostra, ahimè, lunga esperienza: il rapporto costruttivo e di rispetto tra le varie generazioni è diventato un altro suo carattere positivo.
Sul rapporto della rete con un sindacato di classe come la Cub credo valga la pena lavorare per tessere relazioni, nella reciproca , stimolante autonomia, ed è un rapporto da costruire. Giustamente impressiona NUDM il vedere che la gestione pratica dei sindacati (parlo di quelli di base… altro discorso, per la rigida struttura gerarchica e di delega, è quello su funzionari e funzionarie di quelli confederali) è ancora quasi tutta in mano a compagni maschi. Molte compagne sono ancora strette tra lavoro fuori casa e dentro casa e la gestione che tutto ciò comporta quotidianamente. Specie se ti regali il lusso di figli e figlie la corsa ad ostacoli si fa dura, per non parlare poi dei settori lavorativi femminilizzati dove precarietà e flessibilità tolgono spazi di vita personale e di militanza. È un peccato perché anche banalmente solo scrivere un volantino e crearne la grafica con un punto di vista femminile è differente: è un aspetto che ritengo importante, non so se sempre compreso correttamente.
Tornando allo scritto di Cosimo, butto là alcune suggestioni che si possono ritrovare in un documento importante della rete NUDM, “Il Piano Femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere” del 2017/18 in cui si affrontano, tra gli altri, i temi della salute, della educazione, della violenza economica, delle migrazioni. Non è assolutamente una bibbia inamovibile per il movimento ma è stato scritto attraverso centinaia di riunioni e confronti territoriali e, pertanto, è certo un buon punto di partenza per conoscere questo “neofemminismo”.
Vi troviamo infatti suggestioni quali, ad esempio, la messa a valore da parte del capitale del lavoro di cura e domestico (e la Cub sanità privata ne sa molto…), la femminilizzazione del lavoro per tutte e tutti, cioè l’estensione a tutta la forza lavoro dei tratti che storicamente hanno caratterizzato sempre il lavoro femminile (obbligo alla piena disponibilità di tempo, intermittenza e gratuità lavorativa, uno sfruttamento che mette al lavoro le soggettività stesse, le loro capacità di relazione e cura, stili e forme di vita , l’oblatività…) .
Su alcuni di questi aspetti penso che si possano creare connessioni tra la rete internazionale NUDM e le realtà che portano avanti una lotta di classe come certo sindacalismo di base: da ciò non possono, a mio parere, che venirne conseguenze positive per la lotta stessa. Nella autonomia, come sempre, di ogni percorso.
Ci credo e per questo cerco di lavorarci. Certo è una strada in salita, ma a mio parere, ne vale la pena.
AP