In coincidenza con l’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale dei docenti, è cominciata la diffusione mediatica di “video-maltrattamenti” ambientati in ambito scolastico. Sino a qualche anno fa la produzione di questo tipo di video era appannaggio dell’Arma dei Carabinieri, ma ora anche la Polizia di Stato ha fatto il suo ingresso in grande stile nello show business. Nessun commentatore trova niente di strano nel fatto che delle istituzioni dello Stato come le “forze dell’ordine”, invece di limitarsi a svolgere indagini, usino un presunto materiale probatorio (peraltro ancora non accertato sul piano giudiziale) per eccitare e aizzare l’opinione pubblica contro un’altra istituzione dello Stato.
Risultano tanto più destabilizzanti questa delegittimazione e questa gogna mediatica nei confronti della Scuola pubblica, se si considera che questa viene gravata di obblighi di vigilanza sui minori sia da parte della Legge che della Giurisprudenza.[1] In particolare, la Corte di Cassazione insiste sulla responsabilità penale e patrimoniale del docente anche in caso di danni autoinferti da parte degli studenti. La Corte di Cassazione ovviamente non precisa mai in cosa si concretizzerebbe questo obbligo così stringente di sorveglianza sul minore, dal momento che qualsiasi coercizione fisica è ormai equiparata al maltrattamento. Norme draconiane di vigilanza elaborate nella Scuola caserma di un secolo fa, vengono quindi imposte in un contesto del tutto diverso generando paradossi giuridici. Si richiede un controllo totale sul minore da parte di un docente vestito di pura “autorevolezza”, cioè di nulla, in quanto ormai privo di qualsiasi prerogativa disciplinare (demandata esclusivamente al Consiglio di Classe, cioè al Dirigente, quindi alla sua trattativa con i genitori).
La conseguenza pratica di tutto ciò è che oggi i docenti sono costretti a contrarre assicurazione per gli infortuni degli studenti.[2] Sino a qualche anno fa l’assicurazione era un’iniziativa dei singoli docenti, mentre oggi sono gli stessi Istituti scolastici a mediarla. Considerato che i docenti sono più di un milione, si sta parlando di un discreto business per le compagnie assicurative; un business di cui non si sarebbe sentito il bisogno se non fosse stato generato dal caos legislativo e giurisprudenziale.
Si potrebbe dire: un disordine bene organizzato e ben finalizzato. I video-maltrattamenti possono quindi funzionare da spot pubblicitari per i docenti: se non vuoi diventare pazzo anche tu, allora fatti l’assicurazione. Si tratta degli inevitabili e scontati effetti di un lobbying che occupa le istituzioni: la lobby è infatti una cosa concreta, fatta di relazioni e interessi precisi che esigono fedeltà concrete, mentre lo Stato rimane soltanto un’astrazione giuridica.
L’espressione “Stato lobbista” è solo apparentemente un ossimoro; anzi, dovrebbe costituire la consueta categoria di riferimento per affrontare qualsiasi questione. Ad esempio, quando uno Stato, a partire dal suo Capo, proclama il lavoro – e particolarmente quello giovanile – come principale cura e preoccupazione, si tratta semplicemente di non crederci, per verificare invece quali siano i reali risultati delle tante “riforme del lavoro” succedutesi dal 1997 ad oggi. Le “riforme del lavoro” non hanno sortito risultati positivi sulla produttività e hanno determinato effetti incerti sull’occupazione (è da considerarsi occupato chi lavori qualche ora alla settimana?).
Ciò nonostante il Buffone di Arcore, dopo qualche finta esitazione, si è schierato a favore della conservazione del Jobs Act, poiché ministri, giornalisti e imprenditori ci assicurano compatti che, se venisse abolito, nessuno più verrebbe ad investire in Italia. Nell’elenco dei sostenitori ufficiali del “Jobs Act” mancano però le banche; ed è strano se si considera che sono sicuramente quelle che stanno traendo il maggior vantaggio da “riforme” come il “Jobs Act”. Infatti, rendendo temporaneo il lavoro, si rende temporaneo anche il salario, costringendo i lavoratori precari ad indebitarsi. I piccoli prestiti ai dipendenti interinali costituiscono un business in piena espansione ed anche una banca come MPS vi affida le prospettive del suo rilancio.[3] Si precarizza il lavoro per finanziarizzare i rapporti sociali, cioè per sostituire i salari con i prestiti, mettendo in conto le conseguenze in termini di calo della produttività, che non è più il primo obiettivo. Dagli anni ’80 in tutto il mondo è aumentato ininterrottamente il peso del capitale finanziario mentre si è ridotto in proporzione il capitale fisso, cioè impianti e macchinari.Separa i tag con v
Come si vede, il “liberismo” non esiste: una lobby finanziaria occupa lo Stato per fabbricare forzosamente un target, un cliente, a vantaggio di “servizi” finanziari di cui altrimenti nessuno avrebbe avvertito il bisogno. Dietro la fiaba del liberismo c’è la prosaica realtà del lobbismo e dell’assistenzialismo per ricchi. Meno male che ci sono le “opposizioni” che continuano a fare da sponda e da copertura per queste mistificazioni, magari organizzando poli della “sinistra antiliberista”.[4]
Comidad
NOTE
[1] http://www.neldiritto.it/appgiurisprudenza.asp?id=13105#.WndYMPZG201
[2] https://www.orizzontescuola.it/assicurati/
[3] http://www.ipiccoliprestiti.com/2017/03/prestiti-per-dipendenti-interinali/
[4] http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=31767