Il sindacalismo di base e conflittuale ha promosso uno sciopero generale nella giornata del 28 novembre contro la Finanziaria e in solidarietà con il popolo palestinese. A Milano le giornate di mobilitazione promosse unitariamente sono state due: quella dello sciopero generale e quella successiva del 29 novembre, interregionale, in coincidenza con la giornata internazionale per la Palestina, con tematiche che si sovrappongono. Il corteo di venerdì 28 è partito da Porta Venezia, molto centrato nella protesta contro la Finanziaria, come espresso negli interventi, negli striscioni, negli slogan gridati. Una Finanziaria di “lacrime e sangue” contro la classe lavoratrice, con salari e pensioni già pesantemente erosi dal costo della vita e dall’inflazione, in conseguenza dell’economia di guerra che decreta ulteriori tagli alla sanità, già ridotta un colabrodo, all’educazione scolastica, al diritto alla casa. Una manovra di attacco ai bisogni sociali, in conseguenza della cieca obbedienza all’imposizione di Trump di aumento progressivo delle spese militari, fino a raggiungere nel 2035 l’obbiettivo del 5% che corrisponde ad un aggravio di 145 miliardi. Una valanga di risorse sottratte dalle tasse che lavoratori e pensionati sono costretti a pagare, mentre gli straricchi le evadono tranquillamente con la complicità dei governi.
Come abbiamo detto, era presente nella manifestazione anche la tematica della solidarietà al popolo palestinese, espressa attraverso slogan, striscioni e bandiere.
Nello spezzone dei sindacati di base c’erano gli striscioni e le bandiere di molti dei sindacati promotori o aderenti allo sciopero generale, quali CUB, USB, Cobas, Sialt Cobas, USI CIT. Presenti anche le realtà dell’opposizione sociale e della FAI milanese, con le bandiere e con un proprio striscione.
Dopo le grandi mobilitazioni degli scioperi del 22 settembre e del 3 ottobre c’era trepida attesa verso questo ulteriore sciopero generale proclamato a poca distanza. C’è stata quindi molta soddisfazione nel constatare la tenuta del movimento di protesta, ancora molto attivo e partecipato, e di quel clima di festosità ed entusiasmo che è stato il filo conduttore degli scioperi che si sono susseguiti. Una partecipazione di molte migliaia di manifestanti, con una presenza numerosa ed importante del movimento degli studenti che continua a mobilitarsi soprattutto verso la tematica della Palestina, molto sentita.
Va detto che, da parte istituzionale, c’è stato anche un tentativo di approfittare dello sciopero e della manifestazione per rendere esecutivi tre sfratti di famiglie nel quartiere del Giambellino, in aree diverse fra loro. Ma i funzionari delle case popolari (Aler) e della digos hanno dovuto arrestarsi di fronte ai picchetti solidali che si sono trovati davanti.
Migliaia di partecipanti erano presenti anche alla manifestazione del giorno successivo, il 29 novembre, nella giornata internazionale in solidarietà con il popolo palestinese, mobilitati unitariamente a Milano dal sindacalismo di base, con partenza dalla piazza 24 maggio. Stesso clima di esuberanza e di attiva partecipazione con tanti slogan, cori, interventi e musiche.
Una buona notizia, che circolava già dai giorni precedenti alle manifestazioni, era quella della sentenza di annullamento del licenziamento della maschera per aver gridato “Palestina libera” all’interno del posto di lavoro, il Teatro della Scala, alla presenza del presidente del consiglio Meloni. Riceverà il pagamento delle mensilità del periodo di sospensione fino alla conclusione del contratto a termine con cui l’azienda l’aveva assunto. Questo grazie alle mobilitazioni di solidarietà, in particolare quella dei lavoratori e lavoratrici della Scala con i loro scioperi.
Ai sindacati di base già presenti nella giornata di sciopero precedente, si sono aggiunti, per la manifestazione del 29, anche Sgb e Si.Cobas, quest’ultimo impegnato, nella giornata del 28, nei picchetti della logistica. Nelle due giornate sono state ribadite le tematiche legate alla lotta contro la Finanziaria e alla solidarietà con il popolo palestinese; il finto accordo trumpiano non impedisce infatti al governo israeliano di continuare il massacro dei palestinesi a Gaza e le azioni dei coloni che in Cisgiordana continuano a depredare le terre e a fare violenza.
L’attacco alle classi lavoratrici e le violenze esercitate sulle popolazioni con finalità di sottomissione son due facce della stessa medaglia. Sono la conseguenza di un nuovo ordine mondiale, determinato da poteri sempre più forti, soprattutto dalle lobbies dei produttori di armi e del loro commercio, che fomentano guerre per realizzare i loro enormi profitti. Per opporsi a questo “disordine mondiale” è necessario continuare, intensificare, radicalizzare le proteste e le lotte delle classi lavoratrici a livello internazionale, fino a liberarsi da ogni forma di sfruttamento.
Enrico Moroni