Il tema della lotta di classe è stato dato un po’ per scontato nel dibattito all’interno della federazione negli ultimi anni. Per approfondire quindi il tema dal punto di vista del Movimento anarchico e della federazione in particolare, dobbiamo rifarci al Programma Anarchico.
Il Programma Anarchico è estremamente chiaro sulla nascita della lotta di classe e sulle sue conseguenze. Nel primo paragrafo “ che cosa vogliamo “ si sostiene che con la pratica della pastorizia e dell’agricoltura, l’umanità produsse più di ciò che gli occorreva per vivere, quindi si crearono le premesse perché una parte di essa potesse vivere alle spalle dell’altra parte costretta a lavorare e produrre per entrambe. Cominciarono così a disgregarsi le strutture comunitarie e solidaristiche, nacquero le prime divisioni sociali del lavoro. Questa ricostruzione storica mette al centro della scena l’attività concreta con cui l’umanità crea le condizioni materiali della sua esistenza, producendo al tempo stesso i rapporti sociali in cui questa attività si sviluppa.
Queste divisioni sociali del lavoro, aggiungo io, e precisamente quella tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, fra città e campagna e in base al genere, danno vita ai primi e fondamentali rapporti di dominio che costituiscono l’ossatura di ogni società divisa in classi antagonistiche. La società contemporanea riveste questi rapporti con il rapporto monetario e, trasformandoli in merce, dona ad essi l’apparenza di rapporti liberi ed egualitari, ma le tracce del rapporto di dominio si rivelano ad ogni passo, nei rapporti interpersonali, nel saccheggio dell’ambiente, nello sfruttamento della classe operaia.
Il Programma Anarchico fa derivare da questa originaria divisione in classi della società innanzitutto la nascita dello Stato e la costituzione di una classe speciale, governo, che, godendo del monopolio della violenza e dei mezzi materiali di repressione, svolge la funzione di legalizzare la proprietà privata dei mezzi di produzione e difendere i proprietari contro le rivendicazioni del proletariato; questo stesso governo si serve della forza che ha per creare a se stessa dei privilegi e sottomettere all’occasione a sé la stessa classe capitalistica. La necessità di giustificare di fronte alle masse sfruttate lo stato di cose esistente ha portato alla nascita di un’altra classe speciale, il clero, la quale ha dato vita alla religione. Dallo sciamano del villaggio a Jorge Bergoglio, il clero ha operato per indurre gli oppressi a sopportare docilmente l’oppressione da parte dell’autorità politica legittimata dall’autorità religiosa, per indurre gli sfruttati a sopportare lo sfruttamento con la favola della santità del lavoro e la ricompensa nell’aldilà. In tutto questo anche il clero opera per costituirsi dei privilegi.
La divisione in classi della società ha assunto varie forme nel corso della storia, le varie epoche si distinguono per la forma particolare che ha assunto questa divisione in classi. Si parla quindi di età o società schiavistica, quando il lavoro era esercitato soprattutto da schiavi, si parla di società o età feudale, quando il lavoro era esercitato dai servi della gleba e la classe dominante era quella dei feudatari, si parla di età o società capitalistica, quando il lavoro è esercitato da salariati e la classe dominante è quella dei capitalisti, cioè dei proprietari dei mezzi di produzione e di scambio. Si dice che la società attuale è basata sulla proprietà privata, ma è una frase che va interpretata: significa che una minoranza ha la proprietà privata dei mezzi di produzione mentre la grande maggioranza della popolazione è privata della proprietà.
L’esperienza storica dimostra tuttavia che la lotta di classe da sola non ha portato alla liberazione dell’umanità e alla scomparsa della divisione in classi della società. La “rete complicatissima di lotte di ogni specie, invasioni, guerre, ribellioni, repressioni, concessioni strappate, associazioni di vinti unitisi per la difesa e associazioni di vincitori unitisi per l’offesa”, scoperte, invenzioni, esplorazioni hanno portato solo alla sostituzione di una classe dominante con un’altra, alla sostituzione di un modo di produzione basato sullo sfruttamento con un altro sempre basato sullo sfruttamento. Per chi vuole cambiare questo stato di cose quindi è necessario tenere conto della lotta di classe che divampa nella società, ma al tempo stesso è necessario propagandare e gettare le basi di una società che superi la divisione in classi, abolendo la proprietà privata dei mezzi di produzione e abolendo il governo che la garantisce.
Questo è possibile fare se le classi sfruttate in prima persona prendono in mano la difesa dei propri interessi dandosi organizzazioni che escludano il sorgere di una nuova gerarchia e metodi di lotta che escludano e combattono chi vuole andare al governo, sia pure in nome degli sfruttati e degli oppressi. Per ottenere questo risultato, chi vuole cambiare la società deve uscire da una visione solipsistica e aristocratica, di disprezzo verso le masse. Deve partecipare in prima persona alle lotte delle classi sfruttate, cercando di orientarle verso la trasformazione sociale, cercando di inserire all’interno della lotta per gli interessi materiali di una categoria, di una corporazione, dei dipendenti di una singola azienda elementi di solidarietà verso tutte le sfruttate e gli sfruttati. Questo compito appartiene In primo luogo al movimento anarchico, che di tutti i movimenti politici è quello che mantiene inalterata la prospettiva della nuova società comunista e libertaria.
Quando il Programma Anarchico fu adottato, nel 1920 al congresso di Bologna dell’Unione Anarchica Italiana, non esistevano esempi di insurrezioni proletarie vittoriose: se in Russia le forze del progresso avevano vinto, la rivoluzione proletaria si era conclusa con i massacri dei ribelli in Ungheria e in Germania, della stessa Russia si avevano notizie incomplete e contraddittorie, mentre il regime bolscevico vacillava sotto i colpi dell’invasione straniera e della guerra civile provocata da questo intervento. Oggi invece si è conclusa la parabola del regime nato dalla Rivoluzione d’Ottobre, finito con la restaurazione del capitalismo e dell’imperialismo russo, mentre abbiamo numerosi esempi di insurrezione vittoriosa, dopo quella di Pietrogrado nel febbraio del 1917, basti pensare alla risposta del proletariato spagnolo al colpo di stato dei generali del luglio 1936, o alla stessa insurrezione popolare del 25 aprile 1945. La riflessione su questi avvenimenti, non solo come memoria storica ma anche come laboratori per la trasformazione sociale, deve essere mantenuta e ampliata, assieme alla riflessione sull’uso della forza. Contrariamente a quanto affermato dai socialisti autoritari, la conquista del suffragio universale non ha affatto permesso la lunga marcia delle organizzazioni proletarie nelle istituzioni, marcia che avrebbe dovuto concludersi con la conquista della maggioranza parlamentare e quindi del governo. I socialisti (e i comunisti che li hanno seguiti sulla stessa strada) sono stati cacciati con la violenza dagli organi rappresentativi a cavallo delle due guerre mondiali, mentre nel dopoguerra le costituzioni antifasciste sono state modificate per consentire ai governi di controllare i parlamenti, secondo i dettami della teoria della scelta pubblica. Le cosiddette democrazie non sono oggi che regimi oligarchici, dove camarille elettorali si contendono il favore dell’aristocrazia finanziaria, vero burattinaio della scena politica.
La strada parlamentare è una strada senza uscita, mentre dove il proletariato ha scelto, o è stato costretto a scegliere la strada della piazza, ha sconfitto la reazione e aperto la strada alla trasformazione sociale. La strada maestra è quindi quella dell’impegno delle militanti e dei militanti all’interno delle classi sfruttate, dei movimenti di lotta. La Federazione Anarchica Italiana, negli ultimi anni, ha più volte preso in esame il ruolo del governo e le lotte sociali che si sono sviluppate contro le politiche governative, ribadendo il ruolo politico del movimento anarchico.
Nella mozione approvata al convegno di Reggio Emilia del giugno 2020, il primo dopo il lockdown imposto dal governo per contenere l’emergenza da Covid-19, si sostiene che “In un clima di pesante repressione, mentre i nostri territori erano sempre più militarizzati, il governo ha continuato a finanziare le spese militari e a programmare missioni coloniali. Con il pretesto del rilancio dell’economia sono state rifinanziate le grandi opere, le speculazioni edilizie e lo scempio ambientale, sostenendo i padroni a discapito di lavoratrici e lavoratori. Intanto scuola e sanità sono al collasso. (…) Repressione, scuola, sanità, crescita della povertà, speculazione, spese militari e operazioni neo coloniali sono le questioni su cui ancora una volta vogliamo essere presenti a fianco di chi lotta per una reale trasformazione sociale.”
In un documento redatto alla vigilia dello scoppio della guerra in Ucraina si legge: “questo conflitto riguarda anche lavoratori e lavoratrici di tutta Europa, che stanno già vedendo i loro redditi falcidiati dagli aumenti dei costi dell’energia e dei beni di prima necessità, nonché dal taglio della spesa pubblica sociale a beneficio dell’aumento delle spese militari.”
il Congresso della Federazione, tenutosi nel giugno 2022, prendeva in esame il percorso che aveva portato allo sciopero generale contro la guerra del 20 maggio precedente indetto dal sindacalismo di base e conflittuale, percorso che aveva visto il contributo significativo di molte compagne e compagni di ambito anarchico e libertario e affermava l’intenzione di sostenere percorsi che potessero portare ad ulteriori azioni di sciopero anche in prospettiva internazionale. In un altro documento approvato al congresso si sostiene che la politica di riarmo voluta dall’Unione Europea e dalla NATO ha portato alla compressione dei salari della classe lavoratrice di tutta Europa che, assieme agli enormi aumenti dei costi dell’energia e dei beni di prima necessità dovuti in primis a logiche speculative, hanno peggiorato velocemente le condizioni di vita dei ceti popolari. In questo contesto il blocco delle esportazioni di grano dall’Ucraina rischiava di causare un aumento del prezzo di questo bene primario e una vera e propria crisi alimentare a livello mondiale.
Nel successivo convegno (settembre 2022) la Federazione si impegnava a sostenere il prossimo sciopero generale (2 dicembre) e il percorso unitario del sindacalismo di base e conflittuale. Nella stessa mozione si individuava nella guerra e nell’economia di guerra sostenuta dai governi la principale causa del peggioramento delle condizioni per le classi sfruttate e per i ceti popolari.
Nella stessa occasione, prendendo in esame il fenomeno dell’aumento dell’astensionismo, il convegno ha sostenuto che questo aumento è proporzionale all’aumento del malcontento sociale. Tale malcontento rimarrà inefficace finché si limiterà al semplice non recarsi alle urne e avrà uno sbocco fattivo nel momento in cui si trasformerà in azione diretta ed autorganizzazione per il cambiamento della società in senso egualitario e libertario.
La Federazione ha infine deciso di organizzare un momento di riflessione sulla situazione del sindacalismo di base e conflittuale e sul nostro impegno nel più generale movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, sui suoi obiettivi e sulle sue forme organizzative.
L’impegno della Federazione nei movimenti sociali e in primo luogo nel movimento operaio data fin dalla sua costituzione nel 1945; il congresso del 1997 rappresentò comunque un punto di svolta: in quel congresso la federazione si trovò unita nel ritenere i sindacati concertativi irrecuperabili ad ogni prospettiva di difesa degli interessi di classe, per non parlare delle prospettive di trasformazione sociale. Lasciando impregiudicate le scelte individuali, la Federazione individuava nei sindacati di base e in particolare nell’Unione Sindacale Italiana, di ispirazione anarcosindacalista, gli unici interlocutori nel movimento dei lavoratori. A partire da quegli anni, molti membri della federazione hanno aderito all’Unione Sindacale, contribuendo alla sua crescita, mentre altri militano in altri sindacati di base. Negli ultimi tempi, l’Unione Sindacale si è fatta promotrice di un percorso unitario fra i vari sindacati di base, che ha portato a tre scioperi generali, il primo l’11 ottobre 2021, il secondo il 20 maggio 2022 e il terzo il 2 dicembre 2022. Questi scioperi hanno avuto un’adesione altalenante e a macchia di leopardo, hanno comunque rappresentato momenti unitari importanti e hanno permesso la diffusione di contenuti antimilitaristi fra gli attivisti sindacali di base. L’influenza della Federazione all’interno delle varie strutture e dei momenti di discussione unitari è cresciuta e pone un problema di crescita al nostro intervento, che solo può dare gambe al percorso unitario e conflittuale, contro i settarismi delle burocrazie e dei militanti legati alle liste elettorali. Una delle questioni che ritengo centrale nello sviluppo del nostro intervento è il ruolo dei sindacati nella trasformazione sociale che auspichiamo e insieme il ruolo di organismi rappresentativi delle lavoratrici e dei lavoratori nelle aziende per la gestione della produzione e della distribuzione. Questo è un tema che dovremo affrontare con urgenza se vogliamo che questa trasformazione abbia successo.
Tiziano Antonelli