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Solarpunk

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AA.VV.

Solarpunk: come ho Imparato ad amare il futuro

Italia, Future Fiction, 2020

Cominciamo con una premessa cui tutt* coloro che si dedicano a questo sottogenere della fantascienza tengono particolarmente: il Solarpunk non è affatto “solare”. Non si tratta, cioè, di un approccio alla scrittura del testo fantascientifico che immagina (necessariamente) uno scenario futuro a tinte rosa, dove i danni della gerarchia sociale siano stati superati in un mondo liberato e gioioso.

Di che si tratta allora? Come sempre accade, la fantascienza affronta le inquietudini del mondo industrializzato, un mondo dove la vita materiale degli individui muta di continuo ed il futuro è dietro l’angolo – un futuro non sempre vissuto come positivo, anzi. Appena l’altro ieri teneva banco nella comunicazione sociale e mediatica il disastro ecologico provocato dal capitalismo, uno scenario che si è materializzato quasi da subito in uno dei suoi aspetti paventati, almeno dai più accorti che avevano presente la questione in tutta la sua complessità: una grave pandemia che ha rivoluzionato in maniera radicale le esistenze di tutti gli homo sapiens sapiens.

Certo, non è per nulla la prima volta che il genere fantascientifico affronta la questione, anzi: ci sono innumerevoli romanzi, racconti, film e fumetti quantomeno ambientati in uno scenario apocalittico, dove gli homo sapiens sapiens – almeno i pochi sopravvissuti – fanno i conti col disastro ecologico avvenuto, Il Solarpunk, però, affronta la questione da un altro punto di vista: gli sforzi che l’umanità, o almeno una parte di essa, potrebbe mettere in atto per evitare di giungere a quest’esito tragico. Sforzi non necessariamente destinati al successo o, comunque, per niente facili.

È così nato da qualche anno il Solar Punk: opere di vario genere che esplorano possibili “vie d’uscita, pratiche e percorribili, sia dall’antropocene, intesa come era geologica indotta dal comportamento umano, che dal capitalocene, sua deriva economica.”[1] “Pratiche e percorribili”, appunto: il Solarpunk non ipotizza tecnologie future oggi del tutto inesistenti ma utilizza, di preferenza, quelle che già oggi, magari migliorate, potrebbero essere utilizzate – ad esempio l’energia solare, che domina – di qui il nome – tanti scenari del Solarpunk.

Non solo però energia solare, energie rinnovabili in genere e tecnologie: a dominare questi scenari troviamo anche e soprattutto processi di mutuo soccorso in economie circolari attente alla sostenibilità ambientale, l’imitazione dei processi naturali in una sorta di biomimetismo sociale, ecc., dove il vero protagonista è l’azione diretta nella propria vita quotidiana. Elliot Alderson – l’anarchico protagonista della serie Mr Robot[2] – dichiara con assoluta serietà che il suo scopo nella vita è “salvare il mondo”: ebbene, gli uomini e le donne protagoniste del Solarpunk sono, in un modo o nell’altro, con maggiore o minore coscienza della cosa, impegnate nello stesso obiettivo. Mentre però Elliot Alderson ed il suo gruppo sono impegnati un’azione straordinaria – distruggere ogni forma di indebitamento nei confronti di chicchessia per permettere all’umanità un nuovo inizio – protagoniste e protagonisti del Solarpunk operano nella quotidianità della loro vita materiale.

Si tratta di persone che, con maggiore o minore coscienza, non si sono arrese di fronte ad una pretesa fine della storia ma costruiscono comunità resistenti e resilienti allo stesso tempo che si oppongono al capitalocene e, in generale, ai disastri insiti nella gerarchia sociale, cercando di costruire un futuro diverso da quello tragico che il potere intende regalare all’umanità. Come dicevamo, questo futuro di azioni resistenti e resilienti non viene disegnato in modo roseo ma si esplorano di esso tutte le difficoltà.

Una particolarità del Solarpunk è che esso stesso si vede come un elemento all’interno di questo scenario di lotta per una società liberata, che sopravviva ai disastri annunciati del capitalocene: “Il solarpunk è un genere letterario ed è un’estetica. È anche un movimento: immagina un futuro migliore e costruisce strategie operative per renderlo possibile. Nato negli anni ’10 di questo secolo, il solarpunk si fa interprete di sentimenti e istanze che chiedono un progresso collettivo, organico, equo, ecologico, inclusivo. Fin dai suoi inizi esprime una visione politica complessa e aperta ma chiara: inclusiva, femminista, ecologista, utopista, anarchica, organicista. Anticapitalista, antirazzista, antipatriarcale, antispecista.”[3]

Ecco poi come il movimento spiega il suo nome: “Solar. Solare è la fonte primaria e simbolo di vita, è l’energia alternativa ai combustibili fossili, è ciò che già c’è, e che dobbiamo impiegare in modo sostenibile e condiviso per sopravvivere. Solare è la volontà utopica che coltiva (letteralmente) la speranza. Solare è la luce del giorno, che si contrappone agli scenari piovosi, chiusi e posturbani della distopia. Punk. I germi e la pratica della rivolta. Il rigetto verso il modello di sviluppo capitalista insostenibile, predatorio, assassino, in palese contrasto alla vita e vitalità non solo umana. La reazione contraria alla narrazione distopica, che non ci dà più strumenti utili per reagire e scivola nel conservatorismo o nell’estinzionismo di tendenza. (…) L’estetica solarpunk dimostra una sensibilità non nuova, ma rinnovata: ecologismo e anarchismo si uniscono nella ricerca di un futuro non più nero, ma verde. (…) si ricomincia insieme, tuttə: persone di qualsiasi colore, provenienza, condizioni fisiche, età, genere e identità sessuale, riunite in comunità paritarie. Animali umanə e non umanə. Creature: fauna, flora, terra.”[3]

Alcune delle persone che operano nel campo del Solarpunk rifiutano l’idea di essere un sottogenere del genere fantascientifico, riallacciandosi piuttosto all’Utopia come genere narrativo della Filosofia: qui credo si sbaglino per due ragioni. La prima è che la Fantascienza, di fatto e soprattutto nelle sue espressioni migliori, è, a mio avviso, di fatto la letteratura filosofica per eccellenza della società industriale. Non ho qui lo spazio per argomentare adeguatamente questa affermazione ma, in ogni caso, la seconda obiezione mi pare decisiva ed oggettiva: l’Utopia come la Distopia ragionano a cose fatte, non sul processo in corso – questa, invece, è una specificità del Solarpunk.

Il Solarpunk, infatti, si muove su quel terreno di mezzo che potrebbe svilupparsi in direzione dell’una o dell’altra cosa, verso la Distopia o verso l’Utopia, analizzando i processi con i quali potremmo indirizzarci verso quest’ultima, senza nasconderne le difficoltà ed i possibili errori. Oltre al “progettare narrando” il cammino verso l’Utopia, altra specificità del Solarpunk è quella di pensarsi, come abbiamo già detto, come parte di questo processo narrato: infatti il Solarpunk, oltre che nelle opere artistiche, si esprime tramite una comunità di persone che – soprattutto tramite la rete – discute e progetta un futuro sostenibile.

I manifesti solarpunk sono documenti programmatici nei quali l’ambientalismo viene accostato all’anarchismo comunitario, al socialismo, alla ribellione e alla guerriglia artistica. Esprimono la volontà di un ripensamento radicale del rapporto tra essere umano e natura (…) Incompatibile con una economia basata sul consumo e sulla predazione, il solarpunk non predica un ‘ritorno alla natura’ ma persegue un progresso consapevole nel quale la scienza e la tecnologia, usate in maniera trasparente e democratica, ci consentano di raggiungere finalmente l’equilibrio con la nostra biologia e il nostro pianeta. A ciò si aggiunge un’inclusività altrettanto radicale, figlia stavolta dei nostri tempi e degli importanti movimenti di rivolta degli ultimi anni: antirazzismo e rifiuto del patriarcato sono la base per un’inclusività a tutto tondo. Verso le persone (grazie a istanze femministe, LGBTQIA*, antiabiliste), verso le creature tutte, verso il mondo, con il rifiuto di separare ontologicamente l’essere umano dal suo ecosistema.”

Credo che la stragrande maggioranza dei lettori di queste pagine si riconosca ampiamente nei contenuti delle citazioni che abbiamo fatto finora, nella loro carica utopica, militante ed intersezionalista. In effetti, oggi il nostro desiderio di una società di persone libere ed uguali è divenuto, allo stesso tempo, una necessità per chiunque, come Elliot Alderson, voglia “salvare il mondo”. Paradossalmente, anche gli uomini del potere da se stessi.

Enrico Voccia

NOTE

[1] https://www.fantascienzaoggi.it/fantascienza-oggi-libri-film-serie/solarpunk-come-ho-imparato-ad-amare-il-futuro/ .

[2] https://www.repubblica.it/serietv/schede/mr-robot/1003/ .

[3] https://solarpunk.it/solarpunk-italia-manifesto/ .

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